La Stampa 16.10.16
Carlo IV imperatore, battaglie viaggi amori e sogni profetici
A
700 anni dalla nascita, torna l’autobiografia del re boemo che resse il
Sacro Romano Impero: amico di Petrarca, coltissimo, parlava cinque
lingue e si dilettava di esegesi biblica
di Carlo Grande
Era
eccezionalmente colto, parlava, leggeva e scriveva in almeno cinque
lingue (francese, tedesco, ceco, latino e italiano), frequentò molto
l’Italia - dove cercarono di avvelenarlo - e molto viaggiò, combatté,
assediò. Visse insomma in costante pericolo di morte, come molti uomini
del suo tempo, e non disdegnò la compagnia femminile: ebbe quattro mogli
e numerosi figli.
La vita di Carlo IV di Lussemburgo (1316-1378),
re boemo e imperatore del Sacro Romano Impero, del quale ricorrono i
700 anni dalla nascita, non fu propriamente ordinaria. Lo testimonia la
sua autobiografia, Vita Caroli, ora pubblicata da Medusa con testo
latino a fronte (mentre sul sovrano è stata allestita anche una mostra
itinerante che toccherà Firenze, Parma, Mantova, Montecarlo di Lucca e
Milano).
Il fiume di turisti che passa sul ponte più famoso di
Praga, il ponte Carlo da lui voluto, dovrebbe conoscerlo. Carlo IV è un
«padre della patria», ancora oggi il più amato dal suo popolo persino
nei sondaggi televisivi. Fu l’uomo che convinse il Papa a lasciare
Avignone per tornare a Roma, che intrattenne lunga amicizia e
corrispondenza con Petrarca. Il 6 gennaio 1355, festa dell’Epifania,
venne incoronato re d’Italia nella basilica di Sant’Ambrogio a Milano e
alla cerimonia, officiata dal nuovo arcivescovo Roberto Visconti,
partecipò il poeta, che in quel tempo viveva a Milano e lavorava per i
Visconti e che gli avrebbe poi fatto visita a Praga.
Sul ponte, la
corte dei miracoli attuale (artisti, venditori di souvenir, musicisti
di strada) è nulla in confronto a quelle che frequentò. Quella parigina
dello zio re di Francia Carlo IV di Valois, dove trascorse l’infanzia e
dove ricevette un’istruzione raffinata prima di partire per l’Italia e
avere le prime esperienze militari (dall’età di tre anni Carlo non vide
mai più sua madre). O la corte di Praga, che per rispondere degnamente
alle lettere del Petrarca, scritte in un latino classico di altissimo
livello (a corte imperava il più modesto latino medievale), si affidò al
tribuno del popolo Cola di Rienzo, all’epoca il prigioniero favorito di
Carlo (poi tornò a Roma e venne ucciso dalla folla).
Le torri ai
lati dello storico ponte sulla Moldava possono ricordare le sue opere
edilizie: il Castello, la cattedrale di San Vito, il riassetto
urbanistico della città e financo un «muro della fame» costruito lungo
la collina di Petrìn che non ha alcuno scopo difensivo ma diede lavoro
ai poveri in un periodo di carestia particolarmente duro.
Di
questo parla anche la Vita Caroli: della nobiltà d’animo, della pietas
del grande sovrano che si dilettava di esegesi biblica ed era
appassionato raccoglitore di sante reliquie. Le custodiva nel castello
di Karlštejn assieme ai preziosissimi gioielli della Corona di Boemia e
certo non nuocevano all’afflusso di pellegrini nei suoi possedimenti.
Carlo amava partecipare ai tornei cavallereschi, fu probabilmente
durante una giostra che una lesione alla mandibola e al rachide
cervicale lo mise a lungo in pericolo di vita e gli lasciò sul volto
segni di prognatismo.
Il libro è dunque un racconto personale
sincero, sebbene il narratore passi a un certo punto dalla prima alla
terza persona (visti gli impegni si sarà fatto aiutare) e sebbene sia
difficile comprovare la veridicità di alcuni episodi. Ma resta un
documento eccezionale e avvincente, una carrellata di avvenimenti
drammatici e fiabeschi, di esperienze mistiche, sogni, incontri con gli
spiriti, fra ondate di cavallette bibliche e avvelenamenti, presagi e
sogni profetici, come quello che gli preannunciò, a 17 anni, la morte
del Delfino di Vienne, Guigo VIII, nemico giurato e lussurioso del
Signore valsusino François de Bardonneche.
A Carlo apparve un
angelo che lo prese per i capelli e lo portò su un campo di battaglia
davanti a un castello della Savoia, mostrandogli un altro messaggero
divino che con una spada di fuoco evirava Guigo. Il ragazzo si svegliò,
raccontò tutto al padre che stava correndo in soccorso del Delfino, il
padre lo derise. Pochi giorni dopo arrivò la notizia che Guigo VIII era
morto combattendo contro i Savoia, colpito dal tiro di una balestra
durante l’assedio del castello di La Perrière.