Corriere La Lettura 16.10.16
Biologia
In principio era il sesso E l’uovo precede la gallina
Dalle ricerche recenti risulta che la riproduzione asessuata si è sviluppata in seguito.
Il nostro avo più antico, chiamato Luca, era simile all’Hiv
di Edoardo Boncinelli
La
quasi totalità della moderna ricerca biologica è dedicata alla
comprensione dei meccanismi molecolari che regolano le funzioni dei
viventi, con finanziamenti miliardari per avere terapie mediche più
efficaci, per produrre in modo «pulito» beni e servizi, per una buona
ecologia e altri motivi. Anche il come si sia originata la vita vede
impegnati fondi ingenti e coinvolti studiosi di varia estrazione: si
tratta di una delle domande centrali delle scienze, su cui il bel libro
di Bill Mesler e H. James Cleaves II Breve storia della creazione
(Bollati Boringhieri) ci propone un’accurata e avvincente radiografia di
ciò che sappiamo. È bene precisare che l’enorme interesse sul come va
aumentando a mano a mano che l’uomo ha la necessità di andare al di là
del proprio pianeta e di conoscere la costituzione degli asteroidi per
fini produttivi, ad esempio estrazione di metalli rari. È il tema
centrale della esobiologia, o astrobiologia.
I credenti delle
tante religioni hanno idee chiare: la vita è stata creata da una entità
superiore. Quale ne sia il senso è invece tema di discussione per i
filosofi. Da parte loro gli scienziati, e in particolare i biologi,
sviluppano ricerche per capire come, dove e quando si sia originata la
vita. Il come significa capire i meccanismi a livello molecolare che
permettono l’acquisizione delle funzioni del vivente, mantenimento e
riproduzione, dal non vivente; e quindi anche capire dove ciò possa
essere accaduto, se sulla Terra oppure in altri luoghi, dai quali la
vita sarebbe giunta dallo spazio grazie a un meteorite. È l’ipotesi
della panspermia, che negli ultimi giorni trova un sostegno formidabile
nei dati inviati dalla sonda Rosetta, la cui missione è appena
terminata. Il dato più significativo è il ritrovamento di varie molecole
di natura organica. Significa che i «mattoni» della vita esistono in
più punti del cosmo. La composizione della cometa riflette infatti
quella della nube da cui si è formato il sistema solare.
Altre
domande correlate sono poi il quando , dopo il Big Bang, quali fossero
le prime forme di vita e come si siano evolute a produrre la
meravigliosa biodiversità che ammiriamo oggi sul pianeta.
Il
paradigma darwiniano spiega come evolve per selezione naturale ciò che è
già vivente. Sul come si sia originata la vita si svolgono ricerche
riguardanti: a) l’esistenza di un appropriato habitat e di una chimica
adatta; diversi dati sostengono la presenza di acqua su Marte e migliaia
di esopianeti (pianeti al di fuori del sistema solare, sono circa
duemila) sono stati trovati, il che significa un’alta probabilità che
esistano, su alcuni di essi, condizioni capaci di assicurare reazioni
chimiche assai simili a quelle che si verificarono sulla Terra nel
periodo prebiotico della vita; b) la formazione di strutture biologiche
dotate di un ordine capace di assicurare il loro mantenimento e la loro
riproduzione. La prima tipologia di ricerca vede impegnati astrobiologi e
astrofisici, mentre la seconda è svolta da biologi, chimici, fisici,
geologi.
È importante sottolineare che la domanda su come possa
essere iniziata la vita sulla Terra sottende una risposta attinente alla
definizione di vita come la conosciamo su questo pianeta: processo
materio-energetico basato sul carbonio. Ma certamente non esclude altri
tipi di vita, tutti da definire proprio in base a quello che riusciremo a
capire dell’unico genere di vita che conosciamo. Sono stati gli
esperimenti del biochimico statunitense Stanley Miller, per dimostrare
le teorie di Aleksandr Oparin e di John Burdon Haldane, a permettere di
capire come molecole organiche possano formarsi da sostanze inorganiche;
l’esobiologia trova qui le sue radici.
Nelle condizioni
chimico-fisiche esistenti sulla Terra primordiale è possibile la
formazione di monomeri di sostanze organiche, quali amminoacidi e basi
nucleotidiche, grazie a semplici processi chimico-fisici (continue
scariche elettriche su metano, ammoniaca ed altri gas): è quella che si
chiama fase prebiotica della vita. Questi monomeri vanno poi incontro a
un processo di aggregazione (polimerizzazione) spontanea: un sistema che
viene definito di pre-vita e che può entrare in un altro definito
«sub-vita», caratterizzato da polimeri abbastanza lunghi da sviluppare
proprietà di azioni enzimatiche, di catalisi di reazioni chimiche
complesse, tutte quelle che caratterizzano il fenomeno vita. Dunque è
assai probabile che si sia sviluppata dapprima la riproduzione sessuata
(poiché questa implica l’impiego degli stessi enzimi del riparo degli
acidi nucleici Dna e Rna) e da questa quella asessuata, ipotesi che
capovolge le idee correnti. Inoltre, recenti dati suggeriscono che
semplici membrane biologiche possono facilmente originarsi per
autoassemblaggio, crescere e regolarmente dividersi.
Il libro
ripercorre le ricerche che hanno portato la comunità scientifica a
sostenere l’idea (il fatto) che debba essere esistito un «mondo
dell’Rna», un mondo nel quale l’Rna ha svolto sia la funzione di gene
sia quella di proteina (enzima): ed è questo «mondo di Rna» che si è
evoluto in quello che conosciamo oggi, basato sul paradigma concettuale
di Dna-Rna-proteine. La scoperta di come l’Rna (i riboenzimi) possa
catalizzare delle reazioni è stata premiata con il Nobel per la chimica
nel 2009, assegnato a Venkatraman Ramakrishnan, Thomas A. Steitz e Ada
E. Yonath.
Nelle condizioni primordiali caratterizzate dalla
presenza di un brodo oceanico sul quale piovevano meteoriti e si
scatenavano continui scariche elettriche, circa 3,7 miliardi di anni fa
le prime molecole organiche non andarono diluite e disperse, ma
riuscirono a concentrarsi nelle porosità della polvere di stelle (una
sorta di pietra pomice), permettendo lo sviluppo delle reazioni chimiche
che oggi sappiamo alla base dei processi vitali. Vi è un grande senso
di spiritualità in tutto ciò: siamo tutti figli della polvere di stelle e
tutti deriviamo da Luca (Last Universal Common Ancestor, «ultimo comune
antenato universale»), il primo vivente apparso sulla Terra, un dato di
grande rilievo anche per filosofi, sociologi e umanisti tutti. Luca
assomigliava all’attuale virus dell’Hiv, uno sferoide che contiene un
acido nucleico, Rna, separato da una membrana dall’ambiente esterno.
Luca permette di risolvere il dilemma di chi si è formato per primo tra
l’uovo e la gallina: l’uovo. La gallina è un’invenzione dell’uovo per
propagarsi meglio.
La storia raccontata da Mesler e Cleaves
permette di capire il ruolo centrale svolto dapprima da Francesco Redi e
poi da Lazzaro Spallanzani per dimostrare che gli antichi filosofi
erano in errore al riguardo dell’origine della vita. Aristotele dava per
scontato che la vita provenisse spontaneamente dalla materia inanimata;
per secoli sono esistite ricette per creare animali a partire da
sostanze inanimate («aggiungere una camicia sudata al grano in un barile
e attendere finché il grano non si trasmuti in topi»). Ancora nel 1623
William Shakespeare scriveva in Antonio e Cleopatra : «Il vostro
serpente d’Egitto nasce dal vostro fango per virtù del vostro sole». Un
riferimento alla credenza diffusa tra gli antichi Egizi, ma condivisa
ancora dagli scienziati del XVII secolo, per cui i coccodrilli sarebbero
stati generati dall’azione della luce solare sul fango del Nilo. È Redi
a dimostrare nel 1668 che il vivente deriva esclusivamente da ciò che è
già vivo, negando la generazione spontanea: tutto nasce sempre da un
uovo, omne vivum ex ovo . Così giunse a ideare il famoso esperimento dei
barattoli contenenti carne, uno sigillato e uno lasciato aperto (in tal
modo le mosche possono depositare le uova) per dimostrare che solo dal
secondo nascono mosche.
Anche Spallanzani darà un contributo
decisivo per sfatare la teoria dell’ homunculus , il piccolo uomo già
preformato presente nelle uova che, svegliato da stimoli di varia
origine, si trasforma in un nuovo individuo. Oggi la biologia dello
sviluppo, coniugata alla biologia sintetica, si occupa di sintetizzare,
non di creare, nuove forme di vita, in una sorta di «lego» dei pezzi
viventi. E da qui viene la necessità ancora di filosofi che aiutino
nella riflessione per chiarire che nessun biologo sta giocando «a fare
Dio».