giovedì 13 ottobre 2016

La Stampa 13.10.16
Manovra, mancano ancora 7 miliardi. Ultimo braccio di ferro con l’Ue
Uno e mezzo di tagli alla sanità, oggi vertice Boschi-Lorenzin. La rivolta delle Regioni
Alla manovra di 24,5 miliardi del governo ne mancano ancora 7. Mentre va in scena l’ultimo round della trattativa con l’Ue che vuole alcune modifiche del testo, si profila un taglio nella sanità da un miliardo e mezzo. Oggi è in programma un vertice Boschi-Lorenzin.
Bruxelles potrebbe concedere a Roma uno sforamento del deficit di 3,2 miliardi
Ma è contraria ad aumenti a pioggia per gli statali e a costi maggiori per le pensioni
di Alessandro Barbera

Il numero è in fondo alla tabella presentata ieri da Pier Carlo Padoan alla Camera. È sotto la voce “ulteriori coperture”: sette miliardi e 250 milioni sui quali il governo deve prendere una decisione entro sabato, quando il consiglio dei ministri approverà la bozza di manovra per il 2017. Quel numero rappresenta l’ultimo round della trattativa fra il governo e la Commissione europea, o meglio fra Matteo Renzi e Jean Claude Juncker, coloro che hanno l’ultima parola e metteranno il sigillo sull’accordo o sulla rottura. È poco più della differenza fra il 2 per cento di deficit indicato nel Documento di economia e finanza e il 2,4 chiesto alla Commissione. La guerra degli zero virgola che il premier si trova suo malgrado a combattere. Ieri in aula alla Camera lo ha detto esplicitamente: «Solo in Italia le valutazioni dell’Europa occupano pagine intere di giornali. Gli altri Paesi sono più abituati ad accogliere i suggerimenti e dopo fare come credono senza che si crei uno psicodramma nazionale». Nel pomeriggio Renzi è stato a lungo riunito a Palazzo Chigi con Padoan per discutere di come costringere Bruxelles a concedere il massimo possibile. Lo scenario più probabile è quello di un accordo che permetta all’Italia uno sforamento di due decimali fino al 2,2 per cento - circa 3,2 miliardi - ma non si può escludere nulla. Renzi oggi non ha nulla da perdere, anzi: un eventuale scontro potrebbe trasformarsi in una bandiera per la campagna elettorale del referendum. Le indiscrezioni danno per probabile il sì ad almeno un decimale aggiuntivo di deficit oltre il 2 per cento: in ogni caso quel che resterà sarà coperto da tagli di spesa che si sommeranno ai 2,6 miliardi già annunciati. Da tempo le indiscrezioni indicano riduzioni di spesa non inferiori a 4-5 miliardi.
La risoluzione approvata ieri dalla maggioranza alla Camera serve a sostenere la strategia del premier: c’è l’invito esplicito al governo a spingersi fino a quel 2,4 per cento chiesti in nome di due circostanze eccezionali, ovvero i costi del terremoto ad Amatrice e dell’emergenza migranti. Al Tesoro sono scettici: la settimana scorsa a Washington persino il cauto commissario francese Moscivici considerava quella soglia irraggiungibile. Prima che una questione politica ci sono delle forme da rispettare: quei quattro decimali dovrebbero essere tutti concessi in nome di due voci che la Commissione ritiene gonfiate. Non si può però escludere un gioco delle parti che spinga Bruxelles a censurare la scelta senza spingersi - almeno per ora - ad annunciare una procedura di infrazione: in politica le sfumature di grigio possono essere ben più di cinquanta. L’unico scenario fastidioso per il premier è quello di una bocciatura secca della manovra prima del referendum.
Benché l’impianto sia deciso, Renzi e Padoan hanno ancora lo spazio per un accordo onorevole. Basta guardare la lista delle raccomandazioni all’Italia: Bruxelles vede di buon occhio la detassazione del salario aziendale, il taglio dell’Ires, il superammortamento e più in generale i tagli alle tasse a sostegno della produttività. Più difficile ottenere la benevolenza della Commissione sugli aumenti a pioggia agli statali, la tredicesima per i pensionati e un meccanismo di anticipo pensionistico che aumenti la curva della spesa per la previdenza. La ragion politica spingerebbe Renzi nella direzione opposta alla Commissione, la crescita asfittica dell’economia gli impone una manovra complessivamente equilibrata.