giovedì 13 ottobre 2016

La Stampa 13.10.16
Ora Cuperlo prova a mediare ma Bersani si avvicina a Massimo
E diventa un caso il programma Pdl 2013 sul sito “Basta un sì”
di Carlo Bertini

Dopo esser transitato fin dalla mattina alle nove alla Camera, il premier è costantemente informato delle mosse dei suoi nemici interni: dalla scelta di mandare Gianni Cuperlo come ambasciatore delle minoranze nel comitato per rivedere l’Italicum, comunicata a Guerini, fino alle comparsate di due ex Ds area Bersani al summit del No capeggiato da D’Alema. «Visto? Loro delegano Cuperlo e intanto inviano Zoggia e Leva, due uomini fidati nel nord e del sud da Baffino», sono i report che giungono a Renzi da Montecitorio. Il messaggio è chiaro, almeno a leggerlo dalla tolda di comando del leader Pd: spedire l’avanguardia nella terra degli infedeli, svela dove vogliano andare Bersani e compagni, dritti dritti nelle braccia di D’Alema e della compagine del no. Insomma, altro non vuol dire se non che «loro hanno già deciso» e che dunque ogni tentativo di discutere nel merito dell’Italicum è vano. L’ingresso di Cuperlo nella Commissione che da lunedì avvierà il giro di incontri, certo è gradito perché certifica la divisione interna tra possibilisti e irredimibili. Cuperlo richiama subito D’Alema alla «compostezza» dei toni e degli argomenti; e chiede a Renzi di fare uno sforzo e di proporre una nuova legge elettorale lui subito per riavvicinare la minoranza. Appello che allo stato cade nel vuoto.
Ma il fatto che dei due posti offerti in Commissione ne venga occupato solo uno, dimostra pure la volontà di Speranza di tirarsene fuori per tenersi le mani libere; così come l’arrivo al Comitato del No di due figure che facevano parte della segreteria Bersani, il responsabile enti locali e il responsabile giustizia del partito, non passa inosservato al Nazareno, sede del Pd. «Non provano a ricucire nulla, lavorano solo per farci più male possibile», ragionano i renziani.
Del resto questi discorsi sul filo della diffidenza trovano corrispondenza nei discorsi che fanno tra di loro gli uomini di Bersani, perché «parliamoci chiaro, con questa commissione loro vogliono poter dire di averci provato fino in fondo e noi che abbiamo tentato il dialogo fino alla fine». Dunque è tutta una rappresentazione il più teatrale possibile per lasciare alla fine il cerino nelle mani dell’altro. Anche se uno dei consiglieri più vicini a Bersani ammette che, se davvero fosse messo nero su bianco il premio alla coalizione e la fine dei capilista bloccati, un accordo si chiuderebbe di certo. Tradotto, l’ex segretario sarebbe in grave difficoltà a dire no.
E c’è un legame tra questi eventi e il fatto del giorno che fa più scalpore, la pubblicazione di un post sul sito del comitato del Sì con il programma del Pdl 2013, firmato Silvio Berlusconi, che evidenzia in grigio tutti i punti in comune con la riforma Boschi. Vero è che l’altro giorno è uscita sul sito Basta un Sì un post analogo sul programma dei grillini, ma certo è che la voglia di andare a pescare consensi in casa berlusconiana è indubbia. Nella war room del premier si dà per scontato che una sacca di voti a sinistra è inchiodata sul no - i renziani la quotano al 10% dei voti Pd - e se è vero che i sondaggi riservati evidenziano per la prima volta un rimbalzo del Sì dopo mesi di discesa, allora si capisce come la strategia di aggredire il grande bacino del 30% di indecisi specie a destra, risponda ad una logica. E nel match interno al Pd la mossa ovvio non sia piaciuta ai bersaniani. «Forse il sito del Sì è stato hackerato» commenta sarcastico Miguel Gotor.