giovedì 13 ottobre 2016

La Stampa 13.10.16
L’armata di D’Alema
“Toni minacciosi dai sostenitori del Sì”
In sala Fini e Cirino Pomicino, Gasparri e Civati “Grillo? Il populismo più pericoloso è quello dall’alto”
di Amedeo La Mattina

Tutti i No alla riforma costituzionale sono stati riuniti dal socialista Massimo D’Alema e dal gollista Gaetano Quagliariello. Veniva la vertigine a vedere tanti ex e nuovi esponenti politici della prima, seconda e terza Repubblica così diversi e distanti, che in passato si sono combattuti fino all’ultimo sangue, seduti gomito a gomito nella stessa sala del residence Ripetta. Da Fini all’ex pm Ingroia; dai berluscones Brunetta, Romani, Bernini, Matteoli, Gasparri, Schifani, Malan a Rodotà; dagli ex dc Pomicino e Gargani ai bersaniani Zoggia e Mucchetti; dai leghisti Giorgietti e Fedriga a Civati; dal segretario Udc Cesa all’ex premier Dini; dai centristi Giuseppe De Mita, Mario Mauro ed Eugenia Roccella all’ex ministro Cesare Salvi. Di 5 Stelle nemmeno l’ombra.
Quagliariello, che ha organizzato l’evento arcobaleno con la sua fondazione Magna Charta insieme alla dalemiana Italianieuropei, lo dice in apertura che non c’è nulla di cui stupirsi di questa iniziativa trasversale. Del resto, spiega il senatore ex Fi, quando si parla di Costituzione è normale il confronto tra «diversi» che hanno l’obiettivo di affossare la riforma costituzionale e il suo autore, cioè Renzi.
«Semmai l’anomalia e la patologia è quella del premier che è rimasto solo», dice Quagliariello, che ha presentato un alternativo disegno di legge costituzionale di due soli articoli che prevede la riduzione dei deputati a 400 e dei senatori a 200. Una riforma light, chirurgica per dire che in caso di vittoria del no non c’è l’apocalisse che blocca in eterno le riforme. Anzi, ci sarebbe una vita migliore, una ripartenza con una riduzione dei costi della politica e dei politici più pesante della riforma renziana. Soprattutto, osserva Quagliariello, ripartirebbe un vero spirito costituente che saprà ripristinare il metodo della «coesione nazione tra diversi». Da oggi in Parlamento comincerà la raccolta delle firme su questo disegno di legge costituzionale.
Ma ieri la grande armata aveva solo orecchie per D’Alema. Anche lui, tra sorrisi e battute sarcastiche, ha voluto sottolineare che «non esiste uno schieramento politico del No mentre esiste un blocco politico del Sì, il cosiddetto partito della nazione, uno schieramento anche abbastanza minaccioso». Per D’Alema chi la pensa diversamente è costretto a «dover subire insulti» da questo «schieramento politico talmente minaccioso che ha minacciato la rovina del Paese nel caso dovesse prevalere il No». Invece la verità è che «la vittoria del Sì aprirebbe una ferita nel Paese». L’ex premier ha parlato di «poteri forti» dalla parte di Renzi che vorrebbero impedire agli italiani di scrivere liberamente le proprie regole. Cita JP Morgan, altre banche d’affari e soprattutto la Confindustria, schierata per il Sì, che «sdottoreggia su come tagliare i costi della politica ma che sarebbe bene si occupasse dei conti del Sole 24 Ore». Non cita mai invece Renzi, che sarebbe protagonista di un «populismo più pericoloso, quello dall’alto». «Nel mio partito si usa dire che il No aprirebbe la strada a Grillo. Ma chi dirige il mio partito ha già aperto la strada a Grillo consegnandogli la Capitale e Torino».