La Stampa 11.10.16
Cento telefonate a settimana per la dolce morte in Svizzera
L’associazione torinese: così aiutiamo chi sceglie l’eutanasia
Da
vent’anni l’associazione Exit-Italia, fondata a Torino nel 1996, offre
la propria assistenza ai malati terminali che decidono di sottrarsi alle
sofferenze
di Maria Teresa Martinengo
È
in un hotel non lontano dall’aeroporto di Torino, un «non luogo» di
passaggio che pare un rendering dell’esistenza umana, che Exit-Italia,
l’Associazione Italiana per il diritto a una morte dignitosa, ha
festeggiato i suoi vent’anni. Con il presidente Emilio Coveri, l’ex
manager Iveco che ha fatto della battaglia per la «dolce morte» la sua
missione - dopo aver visto morire tra atroci sofferenze il padre e uno
zio -, si sono ritrovati una rappresentanza dei 3850 soci e gli amici di
associazioni europee attive per assicurare libertà di scelta nel
momento in cui la vita si svuota nella sofferenza.
La prospettiva
«Sono
ancora poche 3850 persone sparse tra Nord e Centro Italia per contare
davvero, abbastanza però per segnalare quanto il tema sia sentito.
Vent’anni fa – racconta Coveri, torinese – gli italiani avevano bisogno
di parlarne. Oggi rispondo a 90-100 telefonate la settimana: persone che
si informano per avere una chance, una sorta di assicurazione.
Soprattutto gente disperata che ha scoperto di avere pochi mesi di vita e
la prospettiva di molta sofferenza. Alcune decine l’anno superano le
verifiche sul testamento biologico e sulla documentazione medica e
ottengono “luce verde” per andare a morire in Svizzera».
Nel
2012 Exit-Italia ha fondato Exit-Svizzera Italiana e collabora con
associazioni (Liberty Life del Canton Ticino, Lifecircle-Eternal Spirit
di Basilea, Dignitas di Zurigo) che accettano italiani con patologie
gravi irreversibili e di accompagnarli alla morte volontaria assistita.
«Si può morire in esilio, ma noi ci battiamo - prosegue il fondatore -
perché si possa morire a casa, vicino agli affetti familiari. Mi auguro
che prima o poi qualcuno si faccia carico di tutto questo dolore». Ai
soci, Exit suggerisce il testamento biologico. «Un medico, un giudice,
dovranno tenerne conto. Se la povera Eluana Englaro avesse potuto
lasciare scritta la sua volontà, suo padre non sarebbe andato avanti
diciotto anni in quella terribile situazione», dice Coveri, che il 2
novembre, Giornata mondiale per il diritto a morire con dignità, sarà
davanti al cimitero monumentale per distribuire materiale informativo.
«Saremo a Milano, Roma, Firenze, Bologna, Reggio Emilia. A Ravenna il
permesso ce l’hanno dato il 5, ma l’importante è esserci, spiegare. E
ricordare i nostri cari, morti soffrendo ignobilmente».
Una nuova sensibilità
Vent’anni
dopo, la sensibilità sul tema della morte dignitosa è cambiata. «La
magistratura è diventata più “tiepida”, ormai sono numerosi i casi
dichiarati di aiuto su cui nessuno si è mosso – dice Silvio Viale,
membro del Comitato etico scientifico di Exit -. Le sole iniziative
della magistratura si sono avute su denuncia di parenti, come nel caso
di Oriella Cazzanello, morta a Basilea nel 2014. La persona che l’ha
accompagnata, però, è stata assolta». Marco Cappato, attivista radicale
dell’Associazione Luca Coscioni: «Mi sono autodenunciato alla fine del
2015 per l’aiuto dato a Dominique Velati, malata terminale, ad ottenere
l’eutanasia. Non è successo nulla». Ci sono anche altre realtà evidenti.
«Nelle terapie intensive degli ospedali italiani – sottolinea Viale - è
ormai comune la sedazione terminale o palliativa: non elimina solo la
sofferenza, è un aiuto, un accompagnamento alla morte». Ed è ai medici
che Viale si è rivolto nell’anniversario: «Spero che accada ciò che
poteva già avvenire al tempo di Welby: che i medici italiani escano allo
scoperto. All’inizio magari saremo pochi, ma poco alla volta l’elenco
si ingrandirà. Basterebbe, per cominciare, una pagina Facebook. In
attesa che le proposte di legge all’ordine del giorno in Parlamento
vengano votate e la politica faccia la sua parte: il Movimento 5 Stelle
ha una posizione favorevole all’eutanasia, bisogna vedere se entrerà nel
programma. E se questo smuoverà qualcosa anche nel Pd».