La Stampa 11.10.16
Ricatti, ricotte e l’incubo scissione
Va in scena la Direzione paradosso
Tre ore di assemblea tra accuse e metafore. I ribelli chiedono una modifica a una legge sennò diranno no a un’altra legge
di Mattia Feltri
Estrema e dunque un po’ brutale sintesi di quasi tre ore di direzione del Partito democratico.
La
minoranza minaccia la maggioranza perché con le riforme della
maggioranza si istituiscono dittature della minoranza. Il lettore non è
obbligato a capire, perché anche chi scrive fatica a cogliere i confini
esatti del paradosso. Che poi «paradosso» è il termine usato anche da un
Piero Fassino in forma olimpica, costretto a ricordare che l’intera
discussione del pomeriggio si è incentrata sull’Italicum, cioè sulla
legge elettorale, e sulle modifiche senza le quali la minoranza forse
fonderà un partito nuovo e voterà «No» al referendum, cioè alle riforme
istituzionali. Soltanto nel Pd il paradosso può essere così
meravigliosamente sferico per cui si chiede una modifica a una legge
sennò si dirà no a un’altra legge. E, paradosso finale, pure questo
scenograficamente colto da Fassino, le riforme alla minoranza non
piacciono anche perché sono state scritte con Denis Verdini ma, se si
modificherà l’Italicum per reintrodurre una specie di obbligo alla
coalizione, toccherà di allearsi col medesimo Verdini, e se Verdini fa
ribrezzo, e a sinistra lo fa, toccherà di allearsi con Angelino Alfano
e, se anche Angelino Alfano non è poi così appetibile, rimarrà Sel,
«nelle condizioni in cui è Sel», ha concluso Fassino. A questo punto la
seconda parola del giorno non può che essere «neuropsichiatria», usata
dalla prodiana Sandra Zampa in contesti diversi, ma perfettamente
applicabile a ogni risvolto del dibattito.
La
terza parola è pertanto «Bubka», usata dal segretario Matteo Renzi per
illustrare la tattica degli avversari interni: Sergej Bubka è stato il
più grande saltatore con l’asta nella storia dell’atletica leggera. Era
così grande che il totem della minoranza, Pierluigi Bersani, ne è stato
tifosissimo. «Lo adoravo perché vinceva sempre», ha detto tempo fa. Ecco
tutto torna, almeno nel parallelo di Renzi, poiché Bubka migliorò il
record del mondo di 21 centimetri; Bubka non era soltanto un
fuoriclasse, era un ragazzo intelligente, e siccome stabilire il record
comportava un premio in denaro dell’associazione internazionale atletica
leggera, lui lo migliorava soltanto di un centimetro per volta, così di
premi ne ebbe molti di più. Alla fine della Direzione, la minoranza non
ha votato contro il documento finale e nemmeno si è astenuta, ha deciso
per una terza opzione: non ha proprio partecipato al voto; chissà se è
un centimetro in più? E chissà se si tratta di un innalzamento
dell’asticella il delizioso e un po’ usurato avvertimento offerto da
Gianni Cuperlo (altro campione dell’opposizione interna) attraverso
l’espressione «Matteo stai sereno», più probabilmente da scrivere con
l’hastag - #matteostaisereno - che costituirebbe la nostra parola numero
quattro.
Ecco, questo è il livello di
serenità, se si ripropone al premier la sinistra battuta che fu prologo
della liquidazione di Enrico Letta. È che nell’andamento dei lavori si
sono adottati per lunghi tratti i codici del regolamento dei conti, così
che la parola numero cinque, «solidarietà», è stata pronunciata giusto
da Roberto Giachetti durante un discorso bello e tellurico, nel quale ha
ricordato i tempi in cui di legge elettorale, dentro il Pd, se ne
occupava soltanto lui, e portava avanti uno sciopero della fame
nell’ottimistico augurio di coinvolgere qualche collega. Ma, insomma,
Giachetti avrebbe voluto solidarietà da Roberto Speranza, che a sua
volta l’aveva chiesta a Matteo Orfini per l’assolto Ignazio Marino,
proprio quel Marino che in campagna elettorale chiamava Giachetti
«cameriere di Rutelli». E così saremmo tornati a «paradosso» non fosse
che, ancora Sandra Zampa, ci aveva intanto offerto la parola numero sei,
«ricotta». Tale parrebbe il nostro Paese, ha detto Zampa, che ci si sta
squagliando fra le mani. Nell’attesa, a fare la ricotta ci pensa il Pd.