lunedì 10 ottobre 2016

La Stampa 10.10.16
La cultura sessista nei college americani che porta alle molestie e arriva allo stupro
Secondo le statistiche almeno una ragazza su cinque subisce violenza sessuale nei quattro anni di studio nei campus statunitensi
di Gianni Riotta

«Finché non succede a te… Mi dici che col tempo va meglio, che mi tirerò su, ma dimmi che diavolo ne sai?»: i versi della ballata di Lady Gaga «Til it happens to you» lamentano l’epidemia di molestie sessuali e stupri che dilaga nei campus americani. Una rilevazione dell’Association of American Universities stima che una studentessa su cinque abbia subito nei quattro anni del college abusi, dalla violenza sessuale a contatti non voluti, pressioni moleste on e off line, una durezza che le ragazze non immaginavano lasciando le famiglie per l’università.
Quando il web ha rilanciato il dato, semplificando in «uno stupro ogni cinque donne» molte comunità si sono rese conto della tragedia. Se Lady Gaga intona quei versi rabbiosi è perché ben conosce quel dolore, abusi e pacche sulle spalle, «dai poi passa», magari a fin di bene, ma che ignorano la pena: Lady Gaga adolescente fu violentata, solo da adulta e star ha saputo parlarne in pubblico.
I dati di cui disponiamo, infatti, non comprendono i silenzi, le tante giovani che preferiscono piangere in solitudine, piuttosto che affrontare la vergogna di un interrogatorio dalla polizia, le visite mediche, i confronti al processo, i contro interrogatori umilianti della difesa, pronta a mettere in piazza la vita sessuale e i particolari della vicenda. L’alcol, il «binge», ubriachezza che rende fradici, incapaci di intendere e volere tanti studenti, e gli stupefacenti soprattutto nei primi due anni, agiscono da volano, cancellando i freni morali dei maschi e indebolendo le difese delle ragazze. Spesso, in certi campus del Sud soprattutto, la cultura aggressiva dello sport, le squadre di football e atletica con il culto del «jockey», lo sportivo scarso agli esami ma vittorioso in campo, chiude il cerchio, scaricando ormoni, testosterone e desiderio in stupro, anziché amore.
Le amministrazioni hanno le loro responsabilità, il caso di certi campus Ivy League, le università d’élite, conferma che la polizia a pattugliare la sede nei giorni del week end, ha un immediato effetto deterrente sui maschi e offre alle ragazze un modo per chiedere aiuto subito, non appena si sentano in difficoltà. Alla Columbia University nel 2012, la studentessa Emma Sulkowicz ha accusato un compagno di averla stuprata, e, quando un giurì dell’ateneo ha deciso per l’assoluzione, ha lanciato una protesta insolita. Definita dai critici d’arte «Performance da materasso, il peso da portare», la saga ha visto Emma trascinare un materasso lungo i corridoi e i viali dell’università ad oltranza, chiedendo la radiazione o la condanna dell’imputato. Pian piano maturata in tesi di laurea curata dal docente Jon Kessler, la performance ha scatenato voci pro e contro, finché, a sua volta il ragazzo, caduta ogni accusa contro di lui e con la Sulkowicz a insistere nella denuncia, ha querelato il presidente Lee Bolliger, chiedendo che anche i suoi diritti venissero rispettati, in nome del garantismo. Le famiglie degli imputati spesso ne citano il caso, impugnando la stessa difesa, le ragazze ubriache si lasciano andare, salvo poi, il giorno dopo, accusare i maschi.
Anche sotto le armi, tra i militari, la coesistenza forzata uomini-donne e la nuova coscienza diffusa portano ad accuse e contro accuse. Ma, come Lady Gaga ha rappresentato con delicata sensibilità al di là delle statistiche, una su cinque o una su quattro che sia, milioni di giovani donne, e le loro famiglie, tengono il fiato sospeso in anni che dovrebbero essere invece di studio e libertà. Mentre il candidato repubblicano Donald Trump si vanta di «afferrare le donne per i genitali», il tema - se davvero Hillary Clinton, prima donna arrivasse alla Casa Bianca - va affrontato con urgenza assoluta, perché non si dica più «finché non succede a te…».