lunedì 10 ottobre 2016

Corriere 10.10.16
La scrittrice Oates sulla morale americana
«Scandalizzarsi ora è una cosa ridicola dopo tutte le frasi crudeli dette prima»
di Viviana Mazza

Nell’era Trump, gli scandali politici ed etici americani non sono più quelli di una volta, dice al Corriere della Sera Joyce Carol Oates. Pensiamo all’incidente di Chappaquiddick, rivisitato dalla scrittrice nel suo romanzo «Acqua nera». Negli anni Sessanta, il senatore Ted Kennedy venne coinvolto in un incidente stradale insieme alla segretaria Mary Jo Kopechne, vicino alle ville di ricchi di Martha’s Vineyard: l’auto finì in acqua, lui che era alla guida si salvò a nuoto, ma la ragazza morì. Lo scandalo «distrusse totalmente la sua possibilità di correre per la presidenza. Finì lì — spiega Oates —. Oggi, invece, c’è una maggiore ambiguità etica. Trump si è comportato in maniera irragionevole sia come uomo d’affari che come essere umano, eppure molti negli Stati Uniti continuano ad appoggiarlo, anche adesso».
Più volte considerata la favorita per il Nobel per la Letteratura, la scrittrice 78enne americana che nei suoi romanzi ha raccontato miti come Marilyn Monroe ma anche storie piane e domestiche arrivando a toccare i punti più dolenti della civiltà americana, è molto attiva su Twitter, con «stoicismo e masochismo in egual misura: le qualità migliori per seguire la campagna elettorale». Rifiuta di scrivere per esteso il nome di Trump, troncandolo in «T***p» come fosse una parolaccia. Non fa previsioni sul voto: «In politica è bene sperare per il meglio, ma prepararsi al peggio!».
Perché sono state le frasi volgari e misogine diffuse nel weekend a far dire a tanti che Trump ha passato il segno? Perché non le altre cose controverse che ha detto sulle donne, sugli immigranti, le tasse, su Putin?
«Sì, è sconcertante e in un certo senso inquietante che “l’ultima goccia” (sempre che davvero lo sia!) abbia a che fare con “le nostre preziose figlie”, per dirla con le parole di Mitt Romney. L’evidente ipocrisia della “destra” americana — che dietro la devozione cristiana nasconde diffidenza e avversione per tutto ciò che è “non cristiano” — è ridicola, dopo che Trump ha detto così tante cose aspre, crudeli, anti-americane, razziste e illogiche dall’inizio della sua campagna elettorale».
Perché molti continuano ad appoggiarlo?
«La ragione principale è che ha promesso di abbassare le tasse per i ricchi mentre Hillary Clinton si è impegnata ad aumentarle. Perciò, all’estrema destra benestante sta bene la vittoria di Trump, se mantiene le sue promesse. Quel che è paradossale, forse addirittura comico, è che se Trump dovesse essere eletto, non ci penserà nemmeno a mantenere le promesse (spesso frivole) che ha fatto. La destra non sarà in grado di controllarlo».
Questo scandalo potrebbe non essere l’ultima goccia?
«Le predizioni sono inutili. Potrebbe accadere qualunque cosa nelle prossime settimane. Molti liberal (inclusa me) temono che qualche sostenitore del maniaco Trump possa cercare di assassinare Hillary Clinton; e se verrà eletta presidente, sarà costantemente un obiettivo. In parte è Trump a istigare questa gente e in parte è la follia di estrema destra della politica americana in cui una sorta di fondamentalismo cristiano apocalittico si unisce a nozioni megalomani di eccezionalismo americano».
Quando contano i pregiudizi di genere? Crede che in America il maschilismo sia più radicato che in Europa, dove oggi abbiamo leader come Merkel e Theresa May?
«Gli Stati Uniti sono stretti nella morsa di un fondamentalismo cristiano in gran parte falso e ipocrita. È per questo che tutti (o quasi) i nostri politici devono “credere” in Dio e Gesù Cristo mentre le loro politiche sono anti-cristiane e persino anti-umane. Abbiamo trascorso la vita circondati da queste assurdità, così ci sembrano meno sorprendenti, ma non meno assurde. Le nazioni europee nel complesso sono più razionali e meno maschiliste perché più laiche. Una Hillary Clinton in corsa in Germania non avrebbe dovuto affrontare l’implacabile persecuzione che ha patito in America anche ad opera di chi si ritiene progressista».