La Stampa 10.10.16
Trump non cede e va all’attacco: “Bill Clinton è un violentatore”
Il magnate prima del duello tv nella notte: Hillary è complice del marito
I repubblicani cercano di scaricarlo, ma la base si ribella: state con lui
di Francesco Semprini
Se
Donald Trump è un potenziale molestatore sessista, Bill Clinton è uno
stupratore di fatto. Questa la tesi con cui Donald Trump ha
contrattaccato a una manciata di ore dal dibattito di St. Louis (che si è
svolto nella notte), dopo la bufera dalla quale è stato travolto per il
video contenente sue affermazioni sessiste. Il candidato repubblicano
accusa l’ex presidente di aver commesso violenze sessuali e sua moglie
Hillary, nonché sua avversaria nella corsa alla Casa Bianca, di essere
silenziosa connivente degli stupri commessi dal marito.
Il tutto
mentre continuano a uscire video in cui Trump utilizza un linguaggio
volgare e sessista che non risparmia nemmeno la figlia Ivanka. A meno di
un mese dal voto la destra si trova all’incirca così suddivisa: da una
parte la base dall’altra il Partito. L’establishment repubblicano volta
le spalle al suo candidato, mentre il popolo non lo tradisce, e la
conferma giunge da un sondaggio che lo vede ancora in gara, dietro la
Clinton solo di una manciata di voti. Obama per la prima volta parla dei
video di Trump definendo «cose inquietanti» quanto dice.
Le
richieste di dimissioni da parte di altisonanti nomi del Gop sono
fioccate al ritmo di «enough», ovvero «ne abbiamo abbastanza». A
chiederle almeno 16 senatori. Oltre a John McCain, ex candidato e
senatore in cerca di rielezione in Arizona, spiccano i nomi fra gli
altri di Lindsey Graham della Carolina del Sud, Kelly Ayotte del New
Hampshire, Mark Kirk dell’Illinois. Una fronda che abbraccia tutto il
Paese e che vede icone del Partito repubblicano, alcuni oppositori di
Trump sin dall’inizio della sua discesa in campo, altri defezionisti
dell’ultima ora. A ridere sotto i baffi è l’intera famiglia Bush (l’ex
presidente George H W aveva detto che avrebbe votato per Hillary, mentre
il figlio, anche lui ex inquilino della Casa Bianca, si è trincerato
nel silenzio).
C’è poi Mitt Romney, l’ex governatore del Minnesota
Tim Pawlenty, l’ex candidata Carly Fiorina, l’ex numero uno di Cia e
Nsa Michale Hayden, il governatore dell’Ohio ed ex candidato
presidenziale John Kasich, l’ex segretario per la sicurezza nazionale
Tom Ridge e l’ex segretario al Tesoro Henry «Hank» Paulson. «Enough» è
il Tweet con cui l’ex segretario di Stato, Condoleezza Rice, ha detto a
Trump di compiere un passo indietro. A chiosa è arrivato John Thune,
leader della Repubblican Conference del Senato, l’organizzazione
ufficiale che rappresenta i senatori in Congresso, che ha chiesto che
Donald Trump lasci il posto al candidato alla vicepresidenza Mike Pence.
«Ipocriti moralisti», li ha chiamati Trump (anche perché non pochi di
loro temono per la rielezione) il quale può contare su un gruppo di
fedelissimi, molti dei quali riuniti per tutto il giorno di sabato nel
fortino della Trump Tower.
A guidarli sono l’ex sindaco di New
York, Rudy Giuliani e il governatore del New Jersey Chris Christie, l’ex
candidato Ben Carson e l’ex speaker della Camera Newt Gingrich. Lo
appoggiano ancora ma turandosi il naso il capo del partito repubblicano
Reince Preibus, il leader della maggioranza al Senato Mitch McConnel,
gli ex candidati Ted Cruz, Marco Rubio e Scott Walker. L’ultima
defezione in ordine di tempo è invece quella di Paul Ryan, speaker della
Camera, fischiato e criticato dai supporter di Trump per il suo cambio
di campo. Ryan avrebbe dovuto incontrare Trump in Wisconsin, per un
attesissimo evento elettorale, ma tutto è saltato dopo che Ryan ha
definito «disgustose» le parole di Trump. Una presa di distanza che i
supporter del candidato non hanno digerito, sommergendo Ryan di fischi e
grida. «Vergogna!» hanno urlato, «Ci hai voltato le spalle!».
La
base quindi resiste come suggerisce il sondaggio di Politico/Morning
Consult condotto dopo la divulgazione del video della discordia secondo
cui Hillary condurrebbe su Trump 42% a 38%. Un sondaggio Abc spiega
inoltre che il 43% degli americani vuole che Donald Trump si ritiri
dalla corsa alla Casa Bianca, mentre per il 57% il tycoon dovrebbe
invece rimanere in gara, descrivendo quindi una certa resilienza di
consensi da parte del repubblicano.