lunedì 10 ottobre 2016

La Stampa 10.10.16
Perché No
Pasquino: “Le assemblee non influiscono su instabilità e lentezza”
intervista di U. Mag.

Come mai, professor Pasquino, lei è contrario a questa riforma del Senato?
«Perché finora il bicameralismo italiano ha funzionato piuttosto bene. Ha prodotto molte leggi, qualcuno direbbe perfino troppe (ma delegificare spetterebbe al governo). E ha sfornato queste leggi in maniera complessivamente abbastanza rapida. Quando non è riuscito a fare in fretta, il governo ha avuto comunque gli strumenti per intervenire».
I decreti legge?
«Esatto. Sui decreti spessissimo il governo pone la fiducia e così scavalca l’ostacolo. Quindi non c’è nessuna giustificazione, per superare il bicameralismo, che sia finalizzata a un’attività legislativa più veloce».
Due Camere paritarie, però, rendono traballanti i governi.
«Questo nesso tra bicameralismo e instabilità io non lo vedo. Una volta soltanto un governo è caduto in Senato, fu con Prodi nel 2008. Se le due Camere si trovano con maggioranze diverse, ciò non dipende dal bicameralismo ma da una legge elettorale malfatta».
Non crede che sia venuto il momento di distinguere i compiti?
«Certo. Difatti sarei favorevole alla differenziazione delle funzioni e della stessa composizione. La mia obiezione di fondo, che mi porta verso il “no”, è che questa trasformazione è stata fatta molto male. La composizione che viene fuori dalla riforma è pasticciata. Per dirne una, i 5 senatori nominati per sette anni dal Presidente della Repubblica non c’entrano nulla con una Camera delle regioni. Inoltre le sue funzioni sono confuse, il processo legislativo risulterà molto più complicato. Ma soprattutto, il Senato non sarà in condizione di svolgere accuratamente alcuni dei compiti più importanti che gli vengono affidati».
Quali in particolare?
«Raffinare la legislazione europea e valutare le politiche pubbliche: compiti che richiedono grandi competenze, anche tecniche. Escludo che possano averle i senatori nominati tra i consiglieri regionali. E sempre in tema di competenze, a un Senato non eletto verrebbe affidato il compito di partecipare alla revisione delle leggi costituzionali, che dovrebbero essere decise da parlamentari scelti dai cittadini».