La Stampa 10.10.16
Cuperlo: quasi scissione sta al leader scongiurarla
“Decido oggi come votare al referendum”
intervista di Francesca Schianchi
Gianni Cuperlo, cosa si aspetta dalla Direzione di oggi?
«Vorrei
ascoltare la relazione di un premier che, oltre a rivendicare quanto ha
fatto, vede i pericoli di una frattura nel centrosinistra e se ne fa
carico. Vorrei sentire la volontà di una svolta nelle priorità sociali
del governo e un atto concreto sulle regole: elezione diretta dei
senatori e nuova legge elettorale che garantisca rappresentanza, collegi
e un premio per la governabilità tale da non farci uscire da una
repubblica parlamentare».
Pensa che arriveranno questi impegni?
«I
segnali di questi giorni non incoraggiano. Io però non voglio
arrendermi perché ci sono momenti in cui una classe dirigente, per esser
tale, deve trovare la forza di remare in salita».
Lei voterà in base a questi impegni? Bersani e Speranza hanno già annunciato il loro no...
«Speranza
ha ripetuto che ascolterà e valuterà la relazione del segretario.
Aggiungo che in questi mesi non abbiamo “protestato” ma avanzato
proposte di merito su come ridurre le distanze».
È difficile che Renzi garantisca tutti i cambiamenti che lei chiede: quindi voterà no?
«Deciderò dopo la Direzione, come ho sempre detto».
Bersani dice di essere stato trattato come un rottame: ha ragione?
«Le
parole di Bersani mi hanno colpito e ho colto la sua amarezza. Lui si è
assunto le sue responsabilità, ma i numeri generosi che oggi in
Parlamento sostengono il governo Renzi sono frutto del suo lavoro.
Un’antica saggezza orientale dice “quando prendi l’acqua al pozzo
ricordati di chi lo ha scavato”. Temo che parecchi non conoscano il
detto. Spero solo che non vendano il pozzo».
Lei come si sente trattato?
«Io? Benissimo. Alla direzione mi fanno anche parlare».
Che impressione le ha fatto lo scambio tra D’Alema e Lotti?
«Scambio
mi pare un termine generoso. D’Alema ha criticato il premier. Puoi
essere d’accordo o meno, ma se lavori a fianco del capo del governo non
dovresti coprire di insulti chi è stato lì prima dell’inquilino di ora.
La realtà è che si è strappata la tela e ricucirla non sarà facile. Ma
anche su questo le responsabilità più gravi sono di chi guida».
Secondo i renziani alla base delle vostre critiche c’è un solo obiettivo: il desiderio di fare fuori il segretario.
«No,
è un alibi consumato e che non aiuta. Il punto è che un Pd unito fa la
differenza. Ma questo gruppo dirigente anche con i suoi trasformismi ha
mostrato di non capirlo o non volerlo».
Dice Renzi: «Nel Pd è un
anno e mezzo che mi danno contro» e «quando uno vota per antipatia
mostra di avere scarsa visione per il Paese».
«Ma io i meriti di
Renzi li ho riconosciuti, dai migranti all’Europa a leggi di civiltà
come sulle unioni civili o il “dopo di noi”. Penso anche che se avesse
colto il senso di alcune nostre proposte forse avremmo perso meno
consensi nelle urne. Il premier però sbaglia se pensa che il voto di
milioni di italiani sia figlio dell’antipatia nei suoi confronti.
Casomai riflette una delusione per le speranze che aveva prodotto e la
distanza dai risultati ottenuti».
Dal 5 dicembre c’è il rischio scissione?
«Potrebbe
accadere e sarebbe un trauma. Evitarlo è la responsabilità comune che
ci tocca affrontare. Credo non lo si possa fare indossando elmetti e
svuotando il dizionario degli insulti. Servirebbero equilibrio, umiltà e
la cura per alcune ragioni dell’altro. Servirebbe la politica».