La Stampa 10.10.16
Francesco nomina 17 cardinali e ridisegna il ruolo della Chiesa
Da Albania e Africa fino al Bangladsh
Le periferie protagoniste con Bergoglio
Nelle liste del Papa sacedoti provenienti dai cinque continenti: c’è un solo italiano
Tredici sono possibili elettori nel Conclave: “Il 20 novembre celebrerò messa con loro”
di Andrea Tornielli Giacomo Galeazzi
Diciassette
nuovi cardinali, tredici con meno di ottant’anni e dunque elettori in
un eventuale conclave, più quattro ultraottantenni. È la nuova
«infornata» di porpore annunciata ieri all’Angelus dal Papa per il 19
novembre.
Riceve la berretta rossa, con una scelta inedita, il
nunzio apostolico Mario Zenari, che vive a Damasco e non ha voluto
abbandonare la popolazione siriana sotto le bombe. Insieme con lui anche
il «leone di Bangui», il coraggioso arcivescovo della capitale del
Centrafrica, che ha sfidato la guerriglia guidando una processione oltre
i check-point del quartiere Km5 controllato dalle milizie islamiste.
E
riceve la porpora anche don Ernest Simoni, un prete albanese quasi
novantenne, rinchiuso per 27 anni nei campi di prigionia del regime
comunista. Tra le sorprese, l’assenza di vescovi residenziali italiani
in carica: Francesco ha inserito nell’elenco soltanto il vescovo emerito
di Novara Renato Corti, ultraottantenne.
Cinque dei nuovi
cardinali sono europei, quattro dell’America del Nord (tre statunitensi e
uno del Messico), due dell’America del Sud, tre dell’Africa, due
dell’Asia e uno dell’Oceania. Confermata ancora una volta l’attenzione
di Francesco per le periferie: 7 le nazioni che non avevano cardinali,
di queste 4 avranno porporati elettori (Centrafrica, Bangladesh,
Mauritius e Papua Nuova Guinea), 3 con non elettori (Malaysia, Lesotho e
Albania).
Con la scelta senza precedenti negli ultimi decenni di
creare cardinale un nunzio apostolico lasciandolo nella sua sede,
Francesco intende premiare Mario Zenari per non aver voluto abbandonare
la popolazione siriana, riuscendo a dialogare sia con Assad che con i
suoi oppositori. Colpisce poi l’assenza di porporati residenziali
italiani: non ottengono la berretta i titolati delle diocesi un tempo
considerate cardinalizie come Torino, Venezia, Bologna o Palermo. Ma
neppure altre diocesi, come invece era accaduto nel 2014, con la nomina
dell’arcivescovo Gualtiero Bassetti (Perugia); e nel 2015 con la
berretta all’arcivescovo Edoardo Menichelli (Ancona). Il Papa ritiene
che, nonostante la sua storia importante, il nostro Paese abbia avuto
finora troppi cardinali: un numero così alto di diocesi guidate da
porporati era un retaggio degli Stati precedenti all’unità d’Italia.
Un
altro dato significativo sono le tre porpore statunitensi, dopo che per
due concistori gli States non avevano visto loro rappresentanti creati
in concistoro. La berretta per Farrell, Prefetto del nuovo dicastero
curiale, era la più prevedibile, a motivo dell’incarico appena
affidatogli. Farrell, un moderato, da arcivescovo di Dallas, in
un’intervista con «La Stampa» aveva usato parole dure sul candidato
repubblicano Donald Trump: «È oltraggioso, quando dice che i messicani
sono tutti stupratori e trafficanti di droga». Insieme con lui diventano
cardinali Blase Cupich e Joseph William Tobin. Nel primo caso si tratta
del vescovo di una delle più importanti diocesi nordamericane, Chicago.
Un prelato che è in totale sintonia con il Pontefice e che non era mai
entrato nella rosa dei candidati per la grande metropoli del Midwest,
dove Bergoglio lo ha designato due anni fa. Nel secondo caso, la porpora
ha quasi il sapore di una riabilitazione: Tobin venne infatti
allontanato da Roma e nominato a Indianapolis dopo essere stato per
appena due anni segretario della Congregazione per i religiosi. Era
considerato troppo dialogante con le suore progressiste statunitensi. È
evidente dunque la volontà del Papa di promuovere vescovi capaci di
dialogo, che non corrispondono all’identikit dei «cultural warriors»,
capaci di impegnarsi non soltanto nelle pubbliche battaglie pro-life o
contro le nozze gay ma anche di alzare la voce di fronte ai problemi
della giustizia sociale e dell’immigrazione. Nel settembre 2015, durante
il viaggio negli Usa, Francesco disse ai vescovi di non usare un
«linguaggio bellicoso» né di limitarsi solo ai «proclami», cercando
invece di «conquistare spazio nel cuore degli uomini» senza mai fare
della croce «un vessillo di lotte mondane».