sabato 1 ottobre 2016

La Stampa 1.10.16
Deutsche Bank, fuggono i fondi e la Borsa trema
La paura di un sistema a rischio
di Mario Deaglio

Una giornata come quella di ieri, gli operatori finanziari se la ricorderanno per tutta la vita. Il ghiaccio sul quale la finanza mondiale sta pattinando pericolosamente da molti mesi si è improvvisamente messo a scricchiolare e sono comparse crepe vistose, ma alla fine il tutto ha tenuto. Senza alcuna garanzia, però, che analoghe situazioni critiche non si ripresentino tra una settimana o tra un mese.
Perché proprio ieri? Forse perché era contemporaneamente l’ultimo giorno operativo della settimana, del mese e del trimestre borsistico, un momento in cui molti operatori professionali, come gli «hedge funds», il cui nome sta diventando famigliare anche ai non specialisti, tirano le somme e decidono nuove strategie. E non si può dar loro torto se in molti hanno deciso di abbandonare posizioni finanziarie in cui la presenza di Deutsche Bank fosse rilevante, visto che, a metà della seduta di ieri, il valore di mercato della prima banca tedesca era appena sufficiente a pagare la multa di oltre 14 miliardi di dollari.
Quella sanzione comminata dalle autorità americane per gravi scorrettezze in parte addirittura precedenti alla crisi del 2007.
Il fuoco è stato alimentato anche dalla difficile situazione di Commerzbank, la seconda banca tedesca, che ha annunciato il taglio di quasi diecimila posti di lavoro e sospeso il pagamento dei dividendi.
La somma delle decisioni razionali dei singoli operatori ha quindi avuto come conseguenza un’ondata di irrazionalità collettiva e ha fatto barcollare, per un momento, il cuore stesso del sistema finanziario globale. Sorti per controllare i rischi di singole operazioni, gli «hedge funds» hanno fatto aumentare a dismisura il rischio collettivo di un collasso dei mercati dalle conseguenze imprevedibili.
Parallelamente a questa spiegazione tecnica è naturalmente possibile collocarne una (fanta)politica: perché le sanzioni contro la Deutsche Bank sono state comminate proprio a metà settembre? Non sarà forse questo uno strumento di pressione nei confronti della Germania e dell’Europa sullo fondo dei negoziati per il Ttip, la grande intesa commerciale euro-americana che l’Europa sembra proprio non volere? E sarà davvero per una coincidenza che, nel momento più difficile di ieri, da New York è filtrata la notizia di una riduzione da 14 a 5 miliardi di dollari dell’ammontare della mega-multa comminata a Deutsche Bank, grazie alle trattative in corso tra la banca tedesca e il Dipartimento della Giustizia americano? Naturalmente non lo sapremo mai. In ogni caso, la ferita di Deutsche Bank rimane apertissima, anche se momentaneamente ha smesso di sanguinare.
Che ci si limiti a una spiegazione tecnica o che si avanzino illazioni di carattere più generale, una cosa pare certa: l’Unione Europea proprio non può più stare a guardare mentre il valore di Borsa delle sue banche si sta liquefacendo perché altrimenti sarebbe l’Unione Europea, che ha forse lasciato troppo fare ai mercati, a rischiare la liquefazione.
La necessità di qualche forma di intervento pubblico non è avvertita solo in Europa: la Banca dei Regolamenti Internazionali ha lanciato qualche giorno fa un allarme per una possibile crisi bancaria cinese, e l’amministratore delegato di Wells Fargo, una delle quattro maggiori banche americane, è stato sottoposto a attacchi di estrema durezza per gravissime e diffuse irregolarità, come la creazione, da parte della sua banca, di decine di migliaia di conti fantasma. È molto probabile che, in maniera più o meno entusiasta, la mano pubblica finisca per affiancare – o addirittura, in taluni casi, sostituire – la mano privata nello schiacciare i mitici «bottoni» di alcuni istituti di credito di rilevanza mondiale e in particolare difficoltà. La convinzione che il mercato sia sempre dotato di una «bacchetta magica» sta tramontando ormai da qualche anno, visto che questa «bacchetta magica» non pare in grado di suscitare la ripresa stabile e consistente di cui l’economia mondiale ha bisogno. Le nazionalizzazioni di una volta sono però strumenti troppo rozzi per dare buoni risultati nell’attuale mondo globalizzato. Deutsche Bank rappresenterà così probabilmente uno degli «snodi» attraverso i quali potrebbe passare l’innovazione istituzionale che serve all’economia.