Stanchi
del libero scambio
di
Jean
Quatremer, Libération, Francia
Saranno
i 4,5 milioni di belgi francofoni a far naufragare l’accordo di
libero scambio raggiunto da Unione europea e Canada? Il veto della
Vallonia potrebbe rendere inutile il vertice del 27 e 28 ottobre nel
corso del quale il primo ministro canadese Justin Trudeau e il
presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker dovrebbero
firmare il Ceta. È difficile negare l’esasperazione dell’opinione
pubblica europea di fronte a una globalizzazione che non rende tutti
felici. Questo ritorno del protezionismo avviene, curiosamente,
soprattutto nei paesi le cui élite hanno difeso con più fervore il
libero scambio: nel Regno Unito il voto a favore della Brexit si
spiega in buona parte con la rivolta dei dimenticati della
globalizzazione. Allo stesso modo, nei Paesi Bassi, storicamente
aperti al commercio, i cittadini hanno respinto in primavera
l’accordo d’associazione tra l’Unione europea e l’Ucraina,
che riguarda soprattutto il libero scambio. Questo fenomeno interessa
anche i paesi ricchi e a piena occupazione, come la Germania, dove
l’opposizione al Ceta o al Ttip, il progetto di un trattato con gli
Stati Uniti, è molto più forte che in Francia, Italia, Spagna o
Portogallo. La disaffezione dell’opinione pubblica ha una
spiegazione semplice: la perdita di posti di lavoro legata
all’apertura delle frontiere è immediata e colpisce i più deboli,
mentre i vantaggi arrivano più tardi e solo alle persone più
istruite e più ricche. Ovviamente si può ribattere che la
globalizzazione ha portato grandi benefici al resto del pianeta. I
cittadini europei però non votano in India o in Brasile, ma qui e
ora, e l’egoismo è il valore più condiviso al mondo. L’Unione
europea, ontologicamente convinta delle virtù del libero scambio,
così come lo sono i governi di cui non è altro che il riflesso, deve
fare attenzione: il rifiuto della globalizzazione va di pari passo
con il rifiuto dell’Europa, percepita come il suo cavallo di Troia.
La fuga in avanti verso il libero scambio finirà contro il muro del
nazionalismo.