domenica 23 ottobre 2016

internazionale 21.10.2016
La nuova identità del Regno Unito
di Pankaj Mishra


La democrazia, sotto assedio in molte aree del mondo, ha ricevuto un colpo durissimo all’inizio di ottobre, proprio nella sua patria. Con una serie di dichiarazioni inquietanti, gli esponenti del governo conservatore del Regno Unito hanno sostanzialmente affermato che alcune persone sono più uguali di altre. La ministra dell’interno Amber Rudd ha proposto di costringere le aziende a rivelare il numero dei loro dipendenti stranieri, minacciando di “svergognare” le aziende britanniche che non formano lavoratori britannici. Il ministro della salute Jeremy Hunt ha dichiarato che spera di rendere il servizio sanitario nazionale “autosufficiente” formando un numero maggiore di medici britannici. Infine la prima ministra Theresa May, denunciando una presunta “élite internazionale”, ha calpestato gli ideali dell’illuminismo sostenendo che “se pensi di essere un cittadino del mondo, allora non hai alcuna cittadinanza”. La retorica del nuovo governo ricalca quella dell’Ukip, il partito nazionalista britannico di estrema destra, lo stesso che ha guidato la campagna a favore della Brexit. Alcuni commentatori britannici, scandalizzati, hanno paragonato le dichiarazioni di May e dei suoi ministri alla retorica nazista degli anni trenta. Ma è un paragone fuorviante. I conservatori non propongono di abolire la democrazia o lo stato sociale. Al contrario, sono convinti di rafforzare la democrazia. La differenza tra i conservatori britannici e gli altri democratici è che la loro visione di uno stato sociale migliorato (alloggi decenti, sistema sanitario efficiente, scuole migliori) si applica solo ai britannici. Grazie al consenso popolare, i tory vogliono costruire una grande comunità recintata e ostile agli estranei, in cui solo chi ne farà parte avrà libertà e uguaglianza. La democrazia moderna ha attraversato spesso fasi in cui la partecipazione politica è stata resa più allettante per alcuni perché negata ad altri. Nel classico studio Un dilemma americano: il problema dei neri e la democrazia americana, l’economista svedese e vincitore del premio Nobel Gunnar Myrdal racconta come negli Stati Uniti dell’ottocento il razzismo fosse diventato, nelle mani dei populisti di destra e di sinistra, una forma di solidarietà democratica, un modo per unire gli “schiavi della paga bianchi” contro gli immigrati asiatici e afroamericani, ripristinando la loro dignità. Se l’antisemitismo in Europa è stato “il socialismo degli imbecilli”, il razzismo negli Stati Uniti è stato la democrazia degli intolleranti. Alle orecchie di un indiano come me, che per vent’anni ha ascoltato la retorica dell’esclusione e della politica identitaria nel suo paese, la xenofobia in stile Ukip del governo britannico suona familiare in modo sinistro. C’è una parola che descrive alla perfezione questa urgenza, convalidata da una maggioranza democratica, di ostracizzare e degradare se non addirittura espellere gli esterni, una parola usata spesso per descrivere la politica del nazionalismo hindu in India: maggioritarismo. Chi avrebbe potuto immaginare che questa patologia si sarebbe manifestata nella culla della democrazia parlamentare? La campagna per la Brexit ha scatenato un’ondata di fanatismo che è sfociata nell’omicidio della parlamentare Jo Cox da parte di un uomo che gridava “prima la Gran Bretagna” (Britain irst). Nei primi tre mesi dopo la vittoria della Brexit sono aumentati vertiginosamente non solo i crimini d’odio contro lesbiche, gay, bisessuali e transgender, ma anche contro le minoranze etniche e gli stranieri. I politici britannici hanno assecondato questa retorica pericolosa. Dopo la reazione sdegnata dei mezzi d’informazione e degli imprenditori è arrivato il prevedibile dietrofront sulle proposte più estreme. In ogni caso questa incursione decisa nello sciovinismo sembra architettata per evitare una discussione seria sulle minacce che incombono sulla società e l’economia britanniche, a cominciare dall’automazione, che farà senz’altro perdere più posti di lavoro rispetto all’immigrazione. È difficile pensare che il maggioritarismo possa migliorare lo status politico ed economico del Regno Unito sulla scena internazionale. La sterlina continua a perdere terreno, un dato preoccupante per un paese che importa un terzo dei beni e dei servizi. I leader europei, da Angela Merkel a François Hollande, hanno inasprito le loro dichiarazioni sull’uscita di Londra dall’Unione europea. Come ho scritto all’epoca, la Brexit ha sancito il “suicidio collettivo” delle élite globalizzate britanniche. Per quanto possa sembrare incredibile, le nuove élite sostenitrici del maggioritarismo stanno piazzando cariche esplosive ancora più potenti, come se volessero verificare la massima di Adam Smith secondo cui “c’è un grande potenziale di rovina nei governi”. PANKAJ MISHRA è uno scrittore e saggista indiano. Collabora con il Guardian e con la New York Review of Books. Il suo ultimo libro è A great clamour: encounters with China and its neighbours (Penguin 2014). Questo articolo è uscito su Bloomberg.