La
nuova identità del Regno Unito
di
Pankaj Mishra
La
democrazia, sotto assedio in molte aree del mondo, ha ricevuto un
colpo durissimo all’inizio di ottobre, proprio nella sua patria.
Con una serie di dichiarazioni inquietanti, gli esponenti del governo
conservatore del Regno Unito hanno sostanzialmente affermato che
alcune persone sono più uguali di altre. La ministra dell’interno
Amber Rudd ha proposto di costringere le aziende a rivelare il numero
dei loro dipendenti stranieri, minacciando di “svergognare” le
aziende britanniche che non formano lavoratori britannici. Il
ministro della salute Jeremy Hunt ha dichiarato che spera di rendere
il servizio sanitario nazionale “autosufficiente” formando un
numero maggiore di medici britannici. Infine la prima ministra Theresa
May, denunciando una presunta “élite internazionale”, ha
calpestato gli ideali dell’illuminismo sostenendo che “se pensi
di essere un cittadino del mondo, allora non hai alcuna
cittadinanza”. La retorica del nuovo governo ricalca quella
dell’Ukip, il partito nazionalista britannico di estrema destra, lo
stesso che ha guidato la campagna a favore della Brexit. Alcuni
commentatori britannici, scandalizzati, hanno paragonato le
dichiarazioni di May e dei suoi ministri alla retorica nazista degli
anni trenta. Ma è un paragone fuorviante. I conservatori non
propongono di abolire la democrazia o lo stato sociale. Al contrario,
sono convinti di rafforzare la democrazia. La differenza tra i
conservatori britannici e gli altri democratici è che la loro
visione di uno stato sociale migliorato (alloggi decenti, sistema
sanitario efficiente, scuole migliori) si applica solo ai britannici.
Grazie al consenso popolare, i tory vogliono costruire una grande
comunità recintata e ostile agli estranei, in cui solo chi ne farà
parte avrà libertà e uguaglianza. La democrazia moderna ha
attraversato spesso fasi in cui la partecipazione politica è stata
resa più allettante per alcuni perché negata ad altri. Nel classico
studio Un dilemma americano: il problema dei neri e la democrazia
americana, l’economista svedese e vincitore del premio Nobel Gunnar
Myrdal racconta come negli Stati Uniti dell’ottocento il razzismo
fosse diventato, nelle mani dei populisti di destra e di sinistra,
una forma di solidarietà democratica, un modo per unire gli “schiavi
della paga bianchi” contro gli immigrati asiatici e afroamericani,
ripristinando la loro dignità. Se l’antisemitismo in Europa è
stato “il socialismo degli imbecilli”, il razzismo negli Stati
Uniti è stato la democrazia degli intolleranti. Alle orecchie di un
indiano come me, che per vent’anni ha ascoltato la retorica
dell’esclusione e della politica identitaria nel suo paese, la
xenofobia in stile Ukip del governo britannico suona familiare in
modo sinistro. C’è una parola che descrive alla perfezione questa
urgenza, convalidata da una maggioranza democratica, di ostracizzare
e degradare se non addirittura espellere gli esterni, una parola
usata spesso per descrivere la politica del nazionalismo hindu in
India: maggioritarismo. Chi avrebbe potuto immaginare che questa
patologia si sarebbe manifestata nella culla della democrazia
parlamentare? La campagna per la Brexit ha scatenato un’ondata di
fanatismo che è sfociata nell’omicidio della parlamentare Jo Cox
da parte di un uomo che gridava “prima la Gran Bretagna” (Britain
irst). Nei primi tre mesi dopo la vittoria della Brexit sono
aumentati vertiginosamente non solo i crimini d’odio contro
lesbiche, gay, bisessuali e transgender, ma anche contro le minoranze
etniche e gli stranieri. I politici britannici hanno assecondato
questa retorica pericolosa. Dopo la reazione sdegnata dei mezzi
d’informazione e degli imprenditori è arrivato il prevedibile
dietrofront sulle proposte più estreme. In ogni caso questa
incursione decisa nello sciovinismo sembra architettata per evitare
una discussione seria sulle minacce che incombono sulla società e
l’economia britanniche, a cominciare dall’automazione, che farà
senz’altro perdere più posti di lavoro rispetto all’immigrazione.
È difficile pensare che il maggioritarismo possa migliorare lo
status politico ed economico del Regno Unito sulla scena
internazionale. La sterlina continua a perdere terreno, un dato
preoccupante per un paese che importa un terzo dei beni e dei
servizi. I leader europei, da Angela Merkel a François Hollande,
hanno inasprito le loro dichiarazioni sull’uscita di Londra
dall’Unione europea. Come ho scritto all’epoca, la Brexit ha
sancito il “suicidio collettivo” delle élite globalizzate
britanniche. Per quanto possa sembrare incredibile, le nuove élite
sostenitrici del maggioritarismo stanno piazzando cariche esplosive
ancora più potenti, come se volessero verificare la massima di Adam
Smith secondo cui “c’è un grande potenziale di rovina nei
governi”. PANKAJ MISHRA è uno scrittore e saggista indiano.
Collabora con il Guardian e con la New York Review of Books. Il suo
ultimo libro è A
great clamour: encounters with China and its neighbours
(Penguin 2014). Questo articolo è uscito su Bloomberg.