Nobel
senza donne
Tra
il 1901 e il 2015 solo 49 premi Nobel su 870 sono stati conferiti a
donne. La maggior parte per la pace, la medicina o la letteratura.
Pochissimi per la isica o la chimica di Zhai Yun Tan, The Christian
Science Monitor, Stati Uniti Quando sono stati annunciati i
vincitori del Nobel 2016 per la isica, su Twitter ha cominciato a
circolare l’hashtag #NobelforVeraRubin. L’iniziativa partiva da
alcuni scienziati che si chiedevano perché Vera Rubin, l’astronoma
statunitense che ha avuto un ruolo cruciale nella scoperta della
materia oscura, non avesse ricevuto il premio nonostante l’importanza
della sua ricerca e il fatto che l’ultimo Nobel per la fisica a una
donna risale a 53 anni fa. Tra il 2005 e il 2015 abbiamo fatto
qualche progresso: le donne che hanno ricevuto il Nobel sono state
quindici, mentre nei decenni precedenti non avevano mai superato la
decina. Però, quasi tutte sono state premiate per la pace, la
medicina o la letteratura. Tra il 1901 e il 2015 le donne hanno
ricevuto solo 49 premi Nobel su 870. Come dimostrano i dati
dell’ufficio del censimento statunitense, uno dei motivi è la loro
scarsa presenza nelle cosiddette discipline stem: scienza,
tecnologia, ingegneria e matematica. Ma perché in questi campi le
donne sono così poche? Secondo alcuni esperti, dipende in parte
dall’ambiente lavorativo e dai pregiudizi di genere, che
scoraggiano le donne a far carriera nei settori scientifici e a volte
perfino a entrarci. “L’avanzamento è ancora molto lento e gli
attriti sono tanti”, dice Beth Mitchneck, docente di geografia
all’università dell’Arizona. “Le donne abbandonano gli studi o
il lavoro a un livello più alto rispetto agli uomini e non ottengono
cariche accademiche né ruoli di responsabilità”. Da uno studio
del 2012 emerge che spesso isici, chimici e biologi tendono a
preferire i giovani scienziati alle colleghe con le stesse qualifiche,
il che può tradursi anche in più offerte di lavoro e stipendi più
alti. Un altro studio del 2014 rileva che i responsabili degli
istituti e dei laboratori più importanti sono meno disposti a
formare o assumere laureate, riferisce Science. Le molestie sessuali
sono un altro problema per le donne che vogliono fare carriera nelle
stem, perché per laurearsi o trovare lavoro serve il sostegno dei
superiori (per lo più uomini). Uno studio pubblicato all’inizio
dell’anno rivela che, perfino quando ce la fanno, le donne sono
relegate a mansioni di routine, tipo pipettaggio e sequenziamento,
mentre gli uomini si prendono il merito di aver analizzato i dati e
scritto gli articoli. “L’attività che spesso le ricercatrici
fanno con gli studenti sono poco apprezzate: vengono considerate
accessorie”, aggiunge Mitchneck. “Il mio lavoro minuzioso con i
laureandi frutterà incarichi importanti ai colleghi uomini. La
formazione, che è molto onerosa, spesso ricade sulle donne”. Sarà
per via di tutte queste difficoltà che in poche resistono: negli Stati
Uniti la presenza delle donne nelle discipline stem si riduce
progressivamente nel passaggio dagli studi al lavoro. In base
all’ultimo rapporto dell’uicio del censimento del 2013, gli
uomini assunti in ambito stem sono il doppio delle donne, e quasi una
laureata in scienze e ingegneria su cinque abbandona, rispetto
all’uno su dieci dei laureati. Cambiare i luoghi di lavoro La
ricerca più recente però segnala qualche passo avanti. Da uno
studio del 2015 pubblicato su Pnas emerge che, malgrado gli
scienziati siano ancora pagati di più e abbiano lavori più
prestigiosi, il corpo docente comincia a preferire le donne per le
posizioni che avviano alla carriera universitaria (tenure-track).
Come scrive Nature, forse la scienza “si avvia lentamente verso la
parità dei sessi”. Il problema non è che le donne non hanno
abbastanza talento per affermarsi nel settore. Al test nazionale del
2015 sui rudimenti di tecnologia e ingegneria destinato agli studenti
del primo anno delle superiori, le ragazze hanno surclassato i
ragazzi. Inoltre, la mancanza di una varietà di punti di vista può
essere controproducente, in quanto incide sull’accuratezza degli
esperimenti. Le ingegnere civili, per esempio, concepiscono in modo
diverso il design dei trasporti perché spesso sono le donne a
occuparsi dell’attività di cura e sono più consapevoli dei
problemi di mobilità di giovani, anziani e disabili. “Le disparità
cominciano a ridursi”, dice Mitchneck. “Ma i problemi di fondo,
che hanno una matrice culturale, persistono. Non si tratta di formare
donne che somiglino di più agli uomini, ma di cambiare i luoghi di
lavoro perché anche le donne possano realizzarsi”.