domenica 16 ottobre 2016

internazionale 14.10.2016
Nobel senza donne

Tra il 1901 e il 2015 solo 49 premi Nobel su 870 sono stati conferiti a donne. La maggior parte per la pace, la medicina o la letteratura. Pochissimi per la isica o la chimica di Zhai Yun Tan, The Christian Science Monitor, Stati Uniti Quando sono stati annunciati i vincitori del Nobel 2016 per la isica, su Twitter ha cominciato a circolare l’hashtag #NobelforVeraRubin. L’iniziativa partiva da alcuni scienziati che si chiedevano perché Vera Rubin, l’astronoma statunitense che ha avuto un ruolo cruciale nella scoperta della materia oscura, non avesse ricevuto il premio nonostante l’importanza della sua ricerca e il fatto che l’ultimo Nobel per la fisica a una donna risale a 53 anni fa. Tra il 2005 e il 2015 abbiamo fatto qualche progresso: le donne che hanno ricevuto il Nobel sono state quindici, mentre nei decenni precedenti non avevano mai superato la decina. Però, quasi tutte sono state premiate per la pace, la medicina o la letteratura. Tra il 1901 e il 2015 le donne hanno ricevuto solo 49 premi Nobel su 870. Come dimostrano i dati dell’ufficio del censimento statunitense, uno dei motivi è la loro scarsa presenza nelle cosiddette discipline stem: scienza, tecnologia, ingegneria e matematica. Ma perché in questi campi le donne sono così poche? Secondo alcuni esperti, dipende in parte dall’ambiente lavorativo e dai pregiudizi di genere, che scoraggiano le donne a far carriera nei settori scientifici e a volte perfino a entrarci. “L’avanzamento è ancora molto lento e gli attriti sono tanti”, dice Beth Mitchneck, docente di geografia all’università dell’Arizona. “Le donne abbandonano gli studi o il lavoro a un livello più alto rispetto agli uomini e non ottengono cariche accademiche né ruoli di responsabilità”. Da uno studio del 2012 emerge che spesso isici, chimici e biologi tendono a preferire i giovani scienziati alle colleghe con le stesse qualifiche, il che può tradursi anche in più offerte di lavoro e stipendi più alti. Un altro studio del 2014 rileva che i responsabili degli istituti e dei laboratori più importanti sono meno disposti a formare o assumere laureate, riferisce Science. Le molestie sessuali sono un altro problema per le donne che vogliono fare carriera nelle stem, perché per laurearsi o trovare lavoro serve il sostegno dei superiori (per lo più uomini). Uno studio pubblicato all’inizio dell’anno rivela che, perfino quando ce la fanno, le donne sono relegate a mansioni di routine, tipo pipettaggio e sequenziamento, mentre gli uomini si prendono il merito di aver analizzato i dati e scritto gli articoli. “L’attività che spesso le ricercatrici fanno con gli studenti sono poco apprezzate: vengono considerate accessorie”, aggiunge Mitchneck. “Il mio lavoro minuzioso con i laureandi frutterà incarichi importanti ai colleghi uomini. La formazione, che è molto onerosa, spesso ricade sulle donne”. Sarà per via di tutte queste difficoltà che in poche resistono: negli Stati Uniti la presenza delle donne nelle discipline stem si riduce progressivamente nel passaggio dagli studi al lavoro. In base all’ultimo rapporto dell’uicio del censimento del 2013, gli uomini assunti in ambito stem sono il doppio delle donne, e quasi una laureata in scienze e ingegneria su cinque abbandona, rispetto all’uno su dieci dei laureati. Cambiare i luoghi di lavoro La ricerca più recente però segnala qualche passo avanti. Da uno studio del 2015 pubblicato su Pnas emerge che, malgrado gli scienziati siano ancora pagati di più e abbiano lavori più prestigiosi, il corpo docente comincia a preferire le donne per le posizioni che avviano alla carriera universitaria (tenure-track). Come scrive Nature, forse la scienza “si avvia lentamente verso la parità dei sessi”. Il problema non è che le donne non hanno abbastanza talento per affermarsi nel settore. Al test nazionale del 2015 sui rudimenti di tecnologia e ingegneria destinato agli studenti del primo anno delle superiori, le ragazze hanno surclassato i ragazzi. Inoltre, la mancanza di una varietà di punti di vista può essere controproducente, in quanto incide sull’accuratezza degli esperimenti. Le ingegnere civili, per esempio, concepiscono in modo diverso il design dei trasporti perché spesso sono le donne a occuparsi dell’attività di cura e sono più consapevoli dei problemi di mobilità di giovani, anziani e disabili. “Le disparità cominciano a ridursi”, dice Mitchneck. “Ma i problemi di fondo, che hanno una matrice culturale, persistono. Non si tratta di formare donne che somiglino di più agli uomini, ma di cambiare i luoghi di lavoro perché anche le donne possano realizzarsi”.