Scuole
Classi fuori di classe
di
Tullio De Mauro
Sorpresa
per molti. Theresa May, dal 13 luglio capo del governo del Regno
Unito, ha dedicato il primo intervento pubblico non alle più note
questioni politiche, immigrazione, brexit, terrorismo. Invece ha
parlato di scuola. Molte volte in queste note è stato rilevato che
le politiche scolastiche investono profondamente la vita dei paesi. E
la loro definizione è compito non di ministri di settore, ma di capi
di stato e governo. Il caso May non dovrebbe stupire. E giustamente
se ne è occupato un acuto saggista e studioso angloindiano di etica
pubblica e politica economica, Kenan Malik, con un editoriale
ospitato dal New York Times (30 settembre). May ha annunziato un
progetto di potenziamento ed estensione della grammar school, la
scuola media superiore di taglio liceale. Nel complicato arcipelago
scolastico britannico le grammar sono il canale culturalmente e
socialmente privilegiato, grosso modo paragonabili al nostro liceo
classico, mentre le scuole tecniche e le modern schools sono canali
di serie B. L’idea di May è che favorire la licealizzazione riduca
la distanza tra classi sociali. È un’idea di molta parte delle
sinistre. Con non banali dati alla mano, Malik obietta: chi
appartiene alle classi svantaggiate, resta di serie B e non guadagna
mobilità e ascesa sociale attraverso la scuola, salvo rari casi
individuali. Non basta una scuola decente: l’intera società
dovrebbe muoversi nella direzione dell’uguaglianza sociale, se la
vuole davvero ottenere.