lunedì 3 ottobre 2016

Internazionale 30.9.2016
I sensi della matematica
Adrienne Lafrance
The Atlantic, Stati Uniti Le persone cieche dalla nascita elaborano i numeri sfruttando una regione cerebrale che nei vedenti è riservata alla vista, una scoperta che conferma la grande lessibilità del cervello G li esseri umani hanno un talento innato per la matematica: lo dimostra la loro infrastruttura cerebrale, che comprende anche un gruppo di neuroni specializzati nell’elaborazione dei numeri. Malgrado la presenza di questi neuroni, i concetti matematici vengono spesso insegnati sfruttando l’apparato visivo. Ai bambini si chiede per esempio di contare le mele di una igura o di immaginare due treni che si allontanano a velocità diverse. Ma quanto influisce davvero l’esperienza visiva sul pensiero matematico? Per scoprirlo, un’équipe di ricercatori della Johns Hopkins university ha confrontato l’attività cerebrale di un gruppo di persone cieche dalla nascita con quella di un gruppo di vedenti chiedendo a tutti di ri solvere una serie di problemi matematici e di esercizi di comprensione linguistica. “Tutti gli esseri umani elaborano i numeri più o meno nelle stesse aree cerebrali”, spiega Shipra Kanjlia, dottoranda in scienze psicologiche e del cervello della Johns Hopkins e principale autrice dell’articolo che ha descritto l’esperimento. “Ma questo vale anche per chi ha un’esperienza percettiva profondamente diversa perché è cieco dalla nascita? Qualcuno che non ha mai visto il numero di invitati a una festa o quello dei iori in un prato?”. In entrambi i gruppi di volontari che hanno partecipato allo studio, durante i test numerici si sono attivate le stesse aree cerebrali, un dato signiicativo poiché indica che gli esseri umani elaborano i concetti matematici nello stesso modo a prescindere dall’esperienza visiva. Durante i calcoli, però, nel cervello dei non vedenti è successa una cosa sorprendente: si attivava una zona del cervello che i vedenti usano per la vista. Inoltre, più il quesito era complesso e più la zona diventava attiva (invece nei vedenti non lo era). “I risultati indicano che l’esperienza può cambiare radicalmente la neurobiologia dell’elaborazione numerica”, hanno concluso i ricercatori nell’articolo pubblicato dai Proceedings of the National Academy of Sciences. In altri termini, alcune aree del cervello sono predisposte al pensiero matematico, mentre altre si sviluppano in base all’esperienza. I risultati mettono in discussione l’idea secondo cui la matematica è necessariamente un “processo molto visivo”, dice Kanjlia. In realtà, per alcuni lo è, mentre per altri non lo è afatto. Albert Einstein, per esempio, definiva il suo pensiero in parte “visivo” e in parte “muscolare”. In uno dei suoi celebri esperimenti mentali immaginava come fosse inseguire un fotone che si sposta alla velocità della luce. Ma un esercizio simile non richiede per forza un’immagine mentale. Quello che per i vedenti è un pensiero visivo può essere deinito “spaziale” dai non vedenti. “Io interagisco con la matematica, come con tutto il resto, in maniera non visiva”, spiega Scott Blanks, responsabile dei corsi dell’associazione californiana LightHouse for the blind and visually impaired. “Essendo cieco in dalla nascita, non ho nessuna esperienza né alcun ricordo visivo” Dal tatto all’udito Il braille, il sistema di scrittura con cui ha imparato molti concetti matematici, è un elemento determinante del suo modo di pensare ai numeri. “A scuola non importava se si trattava di un’equazione algebrica o di un problema sulla velocità dei treni: per capire bene era fondamentale avere le informazioni sotto le dita”, racconta. “La matematica del mondo reale è tutt’altra cosa. Se penso alla distanza tra due punti o al numero di persone presenti in una stanza lo faccio al volo: posso basarmi sulle mie esperienze precedenti o valutare alcuni fattori associati alla situazione. Per il problema delle distanze, per esempio, penso a quanto mi ci è voluto a percorrere il tragitto in questione, a quanti isolati ci sono lungo la strada e così via”. “In situazioni simili gli elementi tattili sono rarissimi”, aggiunge. “Nella vita quotidiana il mio primo contatto con un problema matematico passa piuttosto attraverso l’udito”. Anche se è difficilissimo esprimere a parole l’esperienza del pensiero matematico, in fondo è logico che le persone si aidino ai sensi: che siano la vista o l’udito, sono loro a guidare la nostra percezione del mondo. usdf