Il Sole 9.10.16
Guerra ibrida e alleanze variabili
Stati Uniti e Russia ai ferri corti nel nuovo magmatico arco della crisi Est-Ovest
di Alberto Negri
Quando
Washington e Mosca si capiscono poco e male il mondo trema. Questa non è
una guerra fredda - 300mila i morti in Siria - ma si tratta piuttosto
di un confronto ibrido dove i duellanti si fronteggiano, in maniera
differente, dal Baltico, all’Ucraina, al Medio Oriente.
I russi
piazzano i missili balistici nell’enclave di Kaliningrad, gli americani
accusano ufficialmente Mosca di usare gli hacker per alterare la
campagna elettorale e vorrebbero un’indagine sui per crimini di guerra
per i bombardamenti russi degli ospedali in Siria. Mosse da guerra
fredda ma in un contesto ben più pericoloso, come dice anche il ministro
degli Esteri tedesco Steinmeier: il Consiglio di Sicurezza è diventato
un’arena di scambi di infuocati, non un’occasione di dialogo.
Nel
mondo bipolare proliferavano le guerre per procura ma le possibilità che
potessero degenerare in guerra totale erano remote: l’equilibrio della
paura tracciava linee rosse invalicabili. Nel nuovo scenario abbondano
attori incontrollabili, medie potenze ambiziose, stati in disgregazione,
gruppi terroristici radicati nel territorio e i conflitti locali
tendono a trasformarsi in pezzi di guerra mondiale in cui le stesse
grandi potenze vengono manipolate. Un dettagliato rapporto di Jack
Murphy, ex Berretto Verde, racconta come la Cia in contrasto con la
stessa Casa Bianca abbia consentito a Isis e Al Qaida di unirsi al Free
Syrian Army, i cosiddetti “ribelli moderati”.
Questo è il nuovo
magmatico arco della crisi Est-Ovest. Guerra fredda non si può
certamente definire: allora iniziò in modo ben diverso proprio in Medio
Oriente, dove l’Armata Rossa nel ‘46 rifiutava di ritirarsi dalla
provincia iraniana dell’Azerbaijan. Fu il successore di Roosevelt a
reagire ai progetti di espansione sovietica annunciando al mondo la
“Dottrina Truman”. La guerra fredda nasceva dal ritiro di Mosca in
rispetto dei patti della conferenza di Teheran del 1943.
Adesso
siamo all’opposto. La Duma ha appena approvato all’unanimità l’accordo
che certifica la presenza russa in Siria a “tempo indeterminato”. I
russi, che hanno due basi fisse, una aerea e una navale, schierano
batterie anti-missile e anti-aeree di ultima generazione e, se
possibile, non se ne andranno dal Medio Oriente dove si erano ritirati
nel 1989, alla fine dell’invasione dell'Afghanistan, quando persero la
guerra contro la prima generazione di jihadisti sostenuta dagli Usa,
dall’Arabia Saudita e dal Pakistan, proprio mentre in Europa stava per
crollare il Muro di Berlino. Fu allora che il generale Hamid Gul dei
servizi militari pakistani, ricevette in dono dagli Usa un pezzo del
Muro con una dedica significativa: «Questa vittoria generale è anche
merito suo».
La differenza tra la guerra fredda e la guerra ibrida
è anche nelle alleanze, uno dei punti critici della tensione
Mosca-Washington. La guerra fredda definì con chiarezza i due blocchi,
ora le sfere di influenza si sovrappongono. In Medio Oriente fu creato
nel 1959 il Patto Cento, con il Pakistan, l’Iran, l’Iraq, la Turchia,
per arginare l’Unione Sovietica. Di quei quattro Paesi l’Iran oggi è
alleato della Russia con una tempistica interessante: nel luglio 2015
Teheran firmava l’accordo sul nucleare e il 30 settembre Mosca entrava
direttamente nel conflitto siriano. La repubblica islamica aveva trovato
una potenza atomica sostituiva per proteggere l’asse sciita
Teheran-Baghdad-Damasco-Hezbollah libanesi. Il governo di Baghdad
nonostante l’invasione Usa del 2003, è più fedele a Teheran che a
Washington e nell’offensiva di Mosul, in mano al Califfato, gli
americani dovranno affidarsi a milizie sciite.
Per non parlare di
Pakistan e Turchia. La prima è una potenza atomica non dichiarata, come
India e Israele, che teoricamente collabora con l’Occidente ma
intrattiene rapporti ambigui con i Talebani considerati da Islamabad uno
strumento utile per affermare la sua “profondità strategica” in
Afghanistan. Il jihadismo qui è di casa: Bin Laden è stato ucciso ad
Abbottabad.
La Turchia è in questo momento la pedina più scottante
della scacchiera. Il fallito colpo di stato del 15 luglio ha
rappresentato una svolta non solo per le epurazioni di migliaia di
militari, funzionari, magistrati: Erdogan ha fatto bloccare le 23
caserme Nato alcune delle quali custodiscono armi nucleari tattiche. Qui
è imminente la visita di Putin: Russia e Turchia erano andati a un
passo dallo scontro quando i turchi hanno abbattuto un caccia Sukhoi poi
mentre Israele si riappacificava con la Turchia anche Mosca ricuciva
con Ankara. In ballo c’è la definizione della sfera di influenza sulla
Siria del Nord - dove i turchi hanno l’obiettivo primario di far fuori i
curdi appoggiati dagli Usa - ma anche questioni economiche come la
ripresa del gasdotto Turkish Stream.
La Russia cerca di
approfittare degli alleati occidentali meno affidabili come la Turchia e
della presenza militare in Siria per incunearsi in uno spazio
euroasiatico vitale per Mosca, sia dal punto di vista strategico che
economico, con l’estensione a Sud dei gasdotti verso l’Europa, i porti
sul Baltico a Est, il corridoio nord-orientale con la Germania.
L’ossessione del Cremlino è che Washington voglia soffocare la Russia
con l’abbraccio della Nato. Per questo anche Pechino entra nella partita
di Putin.
In sostanza nello scontro tra Russia e Stati Uniti
ognuno pensa che l’altro sia all’offensiva: questa è la ragione per cui
non si capiscono. In questo clima di sfiducia ogni pezzo della
scacchiera, come Aleppo, può produrre tensioni incontrollabili. È così
che le guerre per procura cambiano nome: i demoni sfuggono a chi li
evoca e pensa di usarli.