Il Sole 5.10.16
Nuovi populismi
Usa e Russia, ecco perché c’è un’altra Guerra fredda
di Ugo Tramballi
Immaginatevi
uno scontro titanico per la conquista del mondo, nel quale in Russia il
neo-imperialismo di Putin ha un consenso popolare quasi assoluto, e
negli Stati Uniti il candidato repubblicano alla presidenza elogia il
russo come esempio da imitare. Lo sconto è impari. Anche se nella realtà
oltre le ambizioni dichiarate, la crisi economica non può sostenere le
ambizioni di Putin e i suoi patriottici sostenitori ne pagheranno un
prezzo sociale; e la crescita americana consentirà agli Usa di mantenere
il primato ancora per decenni, nonostante la riluttanza dei suoi capi.
In
un certo senso è questo il punto più alto del populismo che sta
crescendo in ogni parte del mondo: ciò che conta è la semplicità del
messaggio, non quanto sia complesso realizzarlo. È in questo contesto
che russi e americani hanno ricominciato a giocare la loro vecchia
partita interrotta con la fine della Guerra fredda. Il conflitto in
Siria ha provocato il gelo assoluto dei rapporti, che da tempo maturava.
Gli americani non vi sono meno coinvolti dei russi: bombardano, hanno
reparti speciali sul terreno e sostengono le opposizioni che vogliono
far cadere il regime di Assad. Ma a differenza dei russi bombardano solo
l’Isis, non combattono direttamente il regime e hanno molti dubbi sulle
qualità dei ribelli che sostengono. Diversamente da Barack Obama che
dalla Siria ha sempre mantenuto una certa distanza, Vladimir Putin vi è
immerso fino al collo.
Ma la Siria, ormai, è solo uno dei teatri
della battaglia: lo scontro è globale, come ai vecchi tempi.
«L’Occidente deve capire che non è semplicemente il risultato di una
Russia diventata autoritaria e nazionalista», spiega Dmitri Trenin del
Carnegie Moscow Center, grande esperto dei rapporti fra i due Paesi. «La
storia europea suggerisce che alla fine di un grande conflitto
l’incapacità di creare un ordine internazionale accettabile per lo
sconfitto, porta a un nuovo ciclo di competizione. La Guerra fredda era
stata un grande conflitto e l’Unione Sovietica la grande sconfitta».
La Guerra fredda era stata un grande conflitto e l'Unione Sovietica la grande sconfitta”.
Era
già accaduto con la Germania umiliata nel 1918 e ritornata molto più
pericolosa di prima nel 1939. La storia non si ripete mai metodicamente,
ma quasi: nel caso di Putin l'ideologia marxista è stata sostituita dal
populismo autoritario. Per il resto, la stessa determinazione nel
volere essere l'alternativa all'America ovunque sia possibile. La parte
più preoccupante di questo scontro così totale e senza apparenti canali
di comunicazione rimasti aperti come non accadeva dall'inizio degli anni
'80, è il nucleare. Come sempre. Forse non è credibile la minaccia di
Putin, lunedì, di cancellare gli accordi sul taglio alla produzione del
plutonio: un ingrediente fondamentale per costruire le bombe. Ma dalla
crisi ucraina, non è la prima volta che il presidente russo minaccia di
modificare gli equilibri nucleari in un modo o nell'altro.
Farlo
nello strano mondo dell'Armageddon potenziale, che ha creato l'arma di
distruzione assoluta per non doverla mai usare, è come violare un codice
sacro e intoccabile, come superare una linea oltre la quale nessuno sa
cosa ci sia. Solo l'uso effettivo della bomba è più pericoloso di
questo. A dispetto del crescente livello di confronto, Usa e Russia non
hanno intenzione di aumentare i loro arsenali, fermi a circa 1550
testate operative ciascuno. Ma hanno già iniziato la corsa al loro
adeguamento tecnologico: meno care, più precise, più letali. Gli
americani spederanno 348 miliardi di dollari l'anno fino al 2024, i
russi prosciugheranno le loro risorse. Senza contare la ricerca di
entrambi attorno al missile balistico ipersonico che non è un'arma
nucleare - ha una testata convenzionale - ma è ideata per distruggere
gli arsenali avversari: dunque parte del complesso sistema di equilibrio
nucleare.
Le minacce potenziali sono quelle di sempre: è solo la
consapevolezza di non poter distruggere l'altro senza essere a propria
volta distrutti, che impedisce il disastro. Con qualche serio
peggioramento: dal 2014, con la fine della partnership Nato-Russia,
manca un canale di collegamento che impedisca malintesi e incidenti. I
cieli e il mar Baltico non sono mai stati così affollati di aerei e navi
da guerra. Ancora più pericolosa è la Siria, dove russi e americani
sono fisicamente sul campo di battaglia. Sarebbe devastante se il
messaggio populista cercasse di semplificare anche questa pericolosa
stagione politica.