martedì 4 ottobre 2016

Il Sole 4.10.16
Intervista a Ferenc Gyurcsany,  Ex Premier ungherese
«Le forze democratiche arrestino questo folle viaggio nel passato»
di Luca Veronese

Budapest «Le forze progressiste e democratiche del nostro Paese devono partire da questo referendum per cacciare Viktor Orban. Dobbiamo lavorare assieme e trovare un leader in grado di tenere testa a Orban. Non possiamo più rassegnarci a questo governo antieuropeo e antidemocratico che vuole portare l’Ungheria indietro di secoli». Ferenc Gyurcsany, è l’ultimo capo di governo eletto in Ungheria prima dell’era Orban. Di famiglia povera e formazione economica, si è sposato tre volte e ha quattro figli (uno dei quali studia alla Bocconi di Milano). Negli anni novanta come imprenditore ha sfruttato in pieno la fase di liberalizzazione dell’economia magiara ottenendo una veloce fortuna che molti non gli hanno mai perdonato. Con il Partito socialista ha governato a Budapest dal 2004 al 2009 per poi essere travolto dagli scandali e dal quasi default dell’economia magiara. «Orban è un criminale politico ma da ieri la sua maggioranza è in difficoltà», dice, mentre si accende una sigaretta nel quartier generale di Coalizione democratica, il partito che ha creato dal nulla nel 2011 salutando i socialisti diventando la voce più ascoltata delle opposizioni di sinistra.
Cosa è accaduto domenica con il referendum sui migranti in Ungheria?
Orban ha preso una batosta come non gli era mai capitato negli ultimi dieci anni. Ma il referendum non era sui migranti, non ci sono migranti che vogliono restare in Ungheria. Il referendum era solo il tentativo della destra di ritrovare consenso per continuare il viaggio nel passato, alimentando la paura della gente.
Cosa accadrà ora? Orban sostiene di avere vinto.
Lui sa bene di avere perso ma non può ammetterlo. Di certo la sua posizione sarà più debole in Europa e anche dentro i confini nazionali è evidente a tutti che la sua campagna xenofoba non ha dato risultati. Non potrà più dire di rappresentare in pieno il popolo magiaro. Sarà costretto a cambiare messaggio.
La sinistra è divisa e l’unica alternativa a Orban sembra oggi l’estrema destra xenofoba di Jobbik.
Guardiamo i numeri. Il Fidesz di Orban può contare su due milioni di elettori, Jobbik ne ha circa un milione, il totale dei partiti democratici, noi compresi, arriva poco sopra il milione e mezzo. Possiamo contare di più, ma dobbiamo unirci e dobbiamo trovare un leader credibile e carismatico che possa sfidare Orban. Al momento non vedo personalità capaci di imporsi, anche per questo Orban è ancora lì.
Si sta candidando a guidare la coalizione progressista?
No. Onestamente oggi io non posso battere Orban. In passato ho perso molto credito e devo ancora darmi da fare per recuperare consensi e rispetto. Ma farò tutto quello che posso per la coalizione. E poi, in futuro vedremo.
Cosa deve fare l’Unione europea per superare i nazionalismi?
Credo che alla base del malumore e del nazionalismo che cresce in molti Paesi contro l’Unione europea, ci sia la mancanza di sviluppo economico. Per troppi anni la gente non ha visto miglioramenti negli standard di vita. Il problema dell’Europa è la crisi economica e ancora più di essa la crisi sociale.
E l’Unione europea come può intervenire su questa crisi?
Faccio solo due esempi, che vanno oltre i favori e la demagogia dei provvedimenti del governo Orban per le famiglie. Il primo riguarda la leva fiscale, il lavoro non può essere tassato come accade oggi, si devono liberare le imprese e i lavoratori dalle tasse sul lavoro. Il secondo esempio ha a che fare con il salario minimo: l’Europa non può accettare che le persone vivano sotto certi standard, nelle continue difficoltà. Da Bruxelles vogliamo impegno e indicazioni su questi argomenti, poi ogni governo deciderà quali misure adottare.
Proprio l’economia sembra però dare ragione al governo Orban.
Dobbiamo riconoscere che alcuni risultati macroeconomici sono stati raggiunti: il debito scende, il bilancio pubblico è sotto controllo, come l’inflazione. Ma ci sono anche problemi gravi: l’economia ungherese dipende dagli investimenti esteri e dai fondi europei, non si è mai sviluppata una vera classe imprenditoriale. La disoccupazione è scesa ma i dati sono discutibili e intanto negli ultimi cinque anni più di 500mila giovani, la parte migliore delle nuove generazioni, hanno lasciato il Paese.
Perché sostiene che Orban è un «criminale politico»?
Orban piega la politica ai suoi interessi, maltratta la volontà popolare. Voleva bloccare i migranti e per farlo ha chiesto, con il referendum, il permesso dei cittadini. Ma ora non rispetta il risultato del voto. Noi faremo di tutto per fermare questa deriva antidemocratica.