il manifesto 4.10.16
«Tutti gli Orbán d’Europa non cambiano idea»
Il
sociologo Attila Melegh: «Il premier cambierà la Costituzione, come
vuole l'estrema destra. Manca un'opposizione di apertura, le classi
popolari abbandonate ai populisti»
intervista di Anna Maria Merlo
Solo
il 39,9% degli ungheresi ha votato al referendum sul “ricollocamento
coercitivo di cittadini non ungheresi”, ma il 98,3%, pari a 3,2 milioni
di votanti, ha dato ragione a Viktor Orbán e al rifiuto di accoglienza e
solidarietà nella Ue, che chiede a Budapest di accettare 1296 candidati
all’asilo politico, presenti in Italia o in Grecia. Il referendum non è
valido, ma Orbán ha fatto il pieno di voti, e contro i profughi ha
raccolto una cifra superiore a quella che si espressa nel 2003 a favore
dell’entrata nella Ue (3,05 milioni). Il sociologo Attila Melegh,
professore all’Università Corvinus di Budapest, ricolloca la questione
nell’ambito della crisi globale delle migrazioni verso l’Europa.
Questo referendum cambia qualcosa?
Parliamoci
chiaro: c’è una guerra in Medioriente, che se continua avrà un impatto
drammatico in Europa. Ci sono milioni di persone attorno all’Europa in
difficoltà. È una crisi di scala globale. Ma non viene fatto nulla per
trovare soluzioni. Questo lascia spazio a Orbán e a tutti gli altri
Orbán europei.
Orbán continuerà la sua politica?
Orbán vuole
cambiare la Costituzione (lo ha annunciato ieri in aula, ndr), come
richiede l’estrema destra, per evitare che le decisioni vengano prese a
Bruxelles. In Europa, Orbán pretende la costruzione di nuovi muri per
blindare le frontiere, non lo ha mai nascosto, ritiene che in Europa
debbano essere fatti più figli e che venga sbarrata la strada ai
migranti. Il gruppo di Visegrad lo sostiene. Nel futuro, molto dipenderà
dall’evoluzione politica in altri paesi, a cominciare dalla Germania,
dove l’Afd e la Csu bavarese sono amici di Orbán. Orbán continuerà la
sua lotta per cambiare l’Europa in questo senso. Nella campagna è stato
usato un linguaggio spaventoso, il governo ha diffuso il panico tra la
popolazione. La paura è infondata, ma il panico è nondimeno reale.
In
Europa occidentale molti sottolineano che gli ungheresi sono stati
accolti quando fuggivano, nel ’56 per esempio e poi dopo l’89. Il
rifiuto dei profughi non è un paradosso?
Bisogna tener presente
che in Ungheria l’immigrazione non è forte, c’è una presenza dall’Asia,
ma molto poco dall’Africa. La principale esperienza riguarda i rumeni
immigrati, ma molti di loro sono in realtà di origine ungherese. Invece,
molti ungheresi sono emigrati in Europa occidentale, in Germania, Gran
Bretagna, Austria soprattutto. Risentono una grande insicurezza e
vorrebbero per cosi’ dire mantenere questo privilegio: Orbán si è
mostrato come il paladino che lotta perché l’Europa resti agli europei e
non sia per gli altri, una libertà di movimento dei migranti
extra-europei viene vista come un disturbo per la libertà di movimento
degli ungheresi. C’è cosi’ timore che la Brexit sia seguita da altri
paesi, che si chiuda Schengen, ma Orbán insiste sul fatto che questo
deve essere riservato agli europei e chiuso agli altri.
C’è un’opposizione più aperta che ha la possibilità di pesare politicamente?
Questa
opposizione è molto debole, ha incassato una serie di sconfitte, ed è
per di più anche divisa sull’immigrazione. C’è una parte più aperta sui
rifugiati, ma il discorso è debole, manca una riflessione globale su una
soluzione a livello europeo. Questa opposizione non cerca di capire
cosa pensa la classe operaia. In effetti, difende una posizione più filo
mercato, a favore di un’economia aperta, ma per il momento non è capace
di andare al di là di questo. È del resto la ragione per cui la
popolazione va verso l’estrema destra. È drammatico. In Ungheria non
esiste una sinistra della sinistra, è molto diverso dalla Grecia, per
esempio.