Il Sole 3.10.16
Così cambia l’interesse cinese per l’Italia
di Marco Nicolini
L’interesse
dei potenziali investitori cinesi in Italia si è focalizzato nell’arco
degli ultimi dieci anni principalmente su società o asset le cui
caratteristiche consentissero una successiva esportazione e impiego in
Cina. L’investitore cinese si poneva tipicamente come potenziale partner
sinergico dell’impresa italiana. Lo scenario che si poteva trovare
evidenziava da una parte l’esistenza di premium assets il cui sviluppo
era talvolta ostacolato da temi dimensionali tipici del sistema delle
imprese in Italia e da una certa difficoltà di accesso alla liquidità
per perseguire ambiziosi programmi di espansione, in aggiunta alla
spesso inevitabile assenza dei contatti necessari. Allo stesso tempo,
però, si assisteva a un potenziale nuovo mercato in crescita di enormi
dimensioni, interessato allo sviluppo e alla distribuzione di tali
asset, unito a una generale disponibilità di capitali per investimenti.
Negli
ultimi anni si è assistito a un cambio di trend di investimento, più
focalizzato verso le effettive qualità e caratteristiche peculiari dei
target. Dal punto di vista dei settori, a quelli più tradizionali come
il mondo del lusso e delle tecnologie industriali si è aggiunto nel
corso degli anni un progressivo focus verso settori come quello
alimentare e delle tecnologie in materia ambientale, probabilmente anche
in conseguenza del mutato contesto e da nuove esigenze interne.
Un
trend ancora più recente, che sembra cominciare a delinearsi negli
interessi di investimento sembra poter essere quello volto
all’acquisizione di assets non solo finalizzati al successivo impiego in
Cina, ma che invece consentano un’effettiva diversificazione,
geografica e qualitativa, dei propri investimenti all’estero. Questo si
concretizza in un crescente interesse verso il settore finanziario
(anche assicurativo) nonché nel settore immobiliare (quest’ultimo un
caratteristico settore di preferenza per gli investimenti domestici di
investitori cinesi).
Dal punto di vista delle principali criticità
che vengono affrontate nell’ambito delle operazioni di investimento in
Italia da parte di players cinesi permane anche oggi, spesso, una certa
“distanza da colmare” tra investitore cinese e potenziale target o
partner italiano, frutto probabilmente delle inevitabili differenze
culturali e linguistiche tra le parti. Ciò è spesso più evidente, ma non
si tratta naturalmente di una regola senza eccezioni, in occasione di
operazioni che coinvolgano da un lato società medio/piccole italiane di
impronta strettamente familiare e dall’altra investitori cinesi di
stampo industriale, anche di notevoli dimensioni su base domestica ma
non avvezzi ad attività di investimento all’estero e in Europa in
particolare. Anche la differenza delle rispettive regole e procedure,
legislative e di prassi negoziale è a volte, come è naturale
nell’interazione tra parti provenienti da differenti backgrounds, un
elemento di difficoltà. Sistemi giuridici come quelli europei,
fortemente protettivi e regolamentati, sono talvolta percepiti come
possibili barriere alla facilità di investimento, anche se da questo
punto di vista le riforme strutturali degli ultimi anni e la progressiva
maggiore familiarità da parte degli investitori cinesi con il sistema
giuridico e d’affari europeo sembrano contribuire nel rendere via via
meno problematico tale tema. Dall’altro lato, il sistema autorizzatorio
cinese, soprattutto con riferimento all’ottenimento delle necessarie
autorizzazioni governative per investimenti esteri, rappresenta tutt’ora
agli occhi del partner italiano un sistema non del tutto familiare, con
le inevitabili tematiche anche negoziali nel corso di trattative già di
per sé complesse come tipicamente sono quelle di natura
transfrontaliera.