Il Sole 29.10.16
Una coalizione di alleati apparenti
L’inviato di Obama McGurk a Roma: «Gli Usa sono con chi combatte l’Isis»
di Alberto Negri
Inviato
speciale di Obama per la coalizione anti-Isis, Brett McGurk sembra
l’uomo giusto cui chiedere la posizione americana e occidentale in Siria
e in Iraq. È questa una delle controverse eredità di Obama, una
politica mediorientale a volte decisa, anche troppo, come l’intervento
del 2011 contro la Libia di Gheddafi, e a volte così ambigua da apparire
inestricabile. Nell’aula di Montecitorio che ospita il seminario
dell’assemblea parlamentare della Nato su Medio Oriente e Mediterraneo
esplodono tutte le contraddizioni di una situazione complessa in cui
alleati apparenti sono in realtà avversari e i nemici cambiano a seconda
degli interessi nazionali, etnici o settari.
Salta così, nel
dibattito, il filtro della diplomazia che a volte fa da cortina fumogena
ai problemi veri. Il vicepresidente del Parlamento iracheno chiede a
McGurk quando i turchi ritireranno le loro truppe intorno a Mosul:
«Questa – dice – è una violazione della nostra sovranità». Il
rappresentante turco avanza agli Stati Uniti la richiesta di togliere
ogni supporto ai curdi siriani, «perché –afferma – sono alleati del
terroristi del Pkk». Gli iracheni di Baghdad, con le milizie sciite,
sono contro i turchi, i turchi sono schierati contro i curdi siriani ma
alleati dei peshmerga di Barzani.
È questa la coalizione che fa la
guerra al Califfato? McGurk è percepito dalla Turchia come l’uomo che
ha sostenuto i curdi siriani e molto si è scritto delle sue missioni nel
Rojava dove sono arrivati elicotteri e truppe speciali Usa. Allo stesso
tempo i turchi bombardano quando possono i curdi schierati contro il
Califfato: la Turchia teme che nella disgregazione siriana possano
costituire l’embrione di uno stato, il vero incubo strategico di Ankara
che con il presidente Erdogan rivendica una sfera di influenza su Aleppo
e Mosul considerate due asset strategici amputati alla Turchia negli
anni Venti. Ognuno fa la sua guerra, al punto che dopo la
riappacificazione tra Putin ed Erdogan il presidente russo ha ritirato
il sostegno ai curdi.
Ma quali sono gli alleati degli americani e
dell’Occidente? L’inviato di Obama tenta di aggirare la domanda. «Noi
siamo orgogliosi della collaborazione con un Paese Nato come la Turchia.
E siamo anche grati ad Ankara di averci concesso la possibilità di
compiere raid aerei contro i jihadisti che sono una minaccia anche per
la Turchia, visto gli attentati che hanno compiuto nel Paese. È vero che
abbiamo anche aiutato con l’aviazione i curdi di Kobane: è stata una
decisione presa dal presidente Obama nella situation room. Noi, alla
fine, stiamo con tutti coloro che combattono l’Isis».
Risposta
ambiguamente diplomatica. Nel 1918 la sorte di Mosul fu risolta in due
frasi tra il capo del governo britannico Lloyd George e quello francese
Clémenceau. Il francese chiese al suo interlocutore di cosa volesse
parlare e Lloyd George rispose prontamente: «Della Mesopotamia e della
Palestina». «Mi dica che cosa vuole», chiese Clémenceau. «Voglio Mosul»,
disse Lloyd George. «L’avrà», rispose Clémenceau. «E poi cosa vuole?»,
«Gerusalemme». «L’avrà». Un dialogo che racchiude un secolo di guai
mediorientali.
McGurk rivendica comunque un successo: di essere
riuscito a far collaborare a Mosul il premier del governo di Baghdad,
Haider al Abadi, e il leader del Kurdistan iracheno, Massud Barzani. Ma
quando sarà liberata Mosul? «Non è una partita facile. La campagna per
la riconquista sarà di lungo periodo ma questo lo avevamo previsto. Ci
sono già dei risultati: più del 55% del territorio portato via all’Isis
non è tornato sotto i jihadisti. Alla fine la libereremo, ma dopo
comincerà una fase ancora più difficile. E il dopo sarà più complicato
della liberazione».
Il timore è che si replichi il terrore tra i
sunniti, con una pulizia settaria delle milizie sciite rivali che ha già
colpito a Tikrit e Ramadi. «Dopo la caduta di Mosul sarà indispensabile
evitare pulizie etniche, religiose e settarie: per il controllo del
territorio siano quindi indispensabili le “forze di polizia” che
addestrano i Carabinieri: oggi (ieri, per chi legge) ringrazierò proprio
il ministro Gentiloni per il loro contributo straordinario». «Non
faremo – aggiunge – gli errori che stanno commettendo i russi ad
Aleppo». Quali? «I bombardamenti indiscriminati sui civili che
alimentano la narrativa degli estremisti come Al Nusra (legata ad Al
Qaida n.d.r.) e l’Isis. Per loro questi sono tutti argomenti per
dimostrare che gli interventi esterni colpiscono la popolazione e sono
soltanto a sostegno di Assad: l’azione della Russia non è diretta alla
stabilizzazione, ma è un contributo alla propaganda dei jihadisti in
Siria e in tutta la regione».
Scorrendo il documento
dell’onorevole Andrea Manciulli approvato dall’assemblea parlamentare
Nato si afferma che l’Isis non scomparirà con la sconfitta militare ma
resterà una minaccia internazionale, anche in Europa. Cosa ne pensa
McGurk? «Sono d’accordo. È necessario combatterne la propaganda e
presentare una contro-narrativa volta a mostrare il movimento
terroristico come “la squadra perdente”». E così che Brett McGurk, 43
anni, sfila via nel Transatlantico di Montecitorio, consapevole che con
la Russia in campo, gli interessi occidentali e alleati come turchi,
iracheni, curdi, non si potrà liquidare il Medio Oriente con due battute
come fecero Lloyd George e Clémenceau.