Il Sole 28.10.16
A Hillary il voto dei «Millennials»
La popolarità di Clinton tra gli under-30 è più che doppia rispetto a Trump
di Marco Valsania
È
una generazione che non ha mai amato Hillary Clinton. Eppure questa
volta appare pronta a sostenere in massa il candidato democratico alla
Casa Bianca il prossimo 8 novembre. I Millennials, l’ex generazione Y
cresciuta agli albori del nuovo secolo, favoriscono Clinton al 49%
contro il 21% di Donald Trump, che tra i giovani viene più che doppiato
dalla rivale. Un vantaggio che neppure Barack Obama, eroe di questa
generazione, aveva ottenuto tanto. E che se mantenuto potrebbe rivelarsi
determinante per una vittoria con i sondaggi nazionali che mostrano
ancora un insolito grado di volatilità.
Il responso sui
Millennials arriva da uno studio dell’Institute of Politics
dell’università di Harvard tra i probabili elettori di età compresa tra i
18 e i 29 anni. Un’analisi che trova i candidati minori, abitualmente
amati dai giovani, fuori corsa: il libertario Gary Johnson vanta un
rispettabile 14% – ma ben il 17% di questo 14% dice che potrebbe
cambiare opinione – e la verde Jill Stein deve accontentarsi di un 5 per
cento. E a chi andrebbero le preferenze dei sostenitori dei candidati
“altri” è altrettanto chiaro. In uno scontro limitato ai due principali
sfidanti il successo di Clinton diventa ancora più netto: vince con il
59% contro il 25% dell’avversario.
Chi pensasse che questo
elettorato conta poco sbaglia. I Millennials sono ormai la generazione
più numerosa in assoluto, avendo superato i baby boomers, i nati
all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, nei calcoli del censimento: i
18-34enni nel 2015, definizione formale di questa generazione, erano
75,4 milioni negli Stati Uniti rispetto ai 74,9 milioni di baby boomers
tra i 51 e i 69 anni di età. Una crescita rafforzata da una fascia
particolarmente ostile a Trump, i giovani immigrati. Il loro peso
nell’elettorato è ormai superiore al 31 per cento.
La grande
incognita, per l’esito delle elezioni, resta la loro partecipazione al
voto, tradizionalmente inferiore a quella degli elettori più anziani. Il
picco lo raggiunsero nel 2008, la prima elezione di Obama, quando ben
metà dei Millennials si recò alle urne. Comunque anche allora meno del
61% dei loro immediati predecessori, la Generazione X dei 36-51 anni di
oggi. Risultato: otto anni or sono erano il 18% dell’elettorato
potenziale e furono solo il 14% dei reali votanti. Quattro anni dopo,
alla rielezione di Obama, risentirono di un calo di partecipazione, con
il 46% che si recò ai seggi.
La loro rapida crescita demografica
fece tuttavia sì che in quell’occasione, il 2012, rappresentassero il
19% dell’elettorato. A novembre, se andranno a votare, la loro influenza
potrebbe farsi sentire ancora di più: secondo i sondaggi dichiarano una
propensione al voto del 49 per cento, vicina a quella effettiva del
2008.
Un loro affollamento delle urne andrebbe a vantaggio di
Clinton. A un esame più approfondito, la portabandiera democratica si
dimostra irraggiungibile per Trump in questo elettorato. Tra le giovani
donne e tra i giovani bianchi ha un appoggio nettamente superiore a
quello di Obama nel 2012. Tra le ragazze Clinton fa meglio di 14 punti,
tra i bianchi di 2 punti e tra chi è senza una laurea – teoricamente un
bacino di voti più sensibile a Trump – di ben 10 punti. Trump, al
contempo, fa peggio del suo predecessore Mitt Romney persino in una
constituency fedele quale quella dei giovani repubblicani, dove soffre
di una voragine di 17 punti, oltre a indurli a una maggior probabilità
(salita del 9%) di astensione.
Simili esiti appaiono ormai in una
buona parte cementati: solo il 6% dei sostenitori di Hillary e il 5% dei
seguaci di Trump afferma che potrebbe cambiare idea entro l’8 novembre.
Per Hillary un ruolo cruciale lo ha svolto il supporto che le ha
garantito nelle ultime settimane l’ex rivale alle primarie, il
“socialdemocratico” senatore del Vermont Bernie Sanders, che era stato
capace di mobilitare le platee giovani e raccogliere la maggioranza dei
loro consensi con proposte di college gratuito, aumenti del salario
minimo e trasparenza.
«Dopo otto anni di una complicata relazione
con i Millennials, negli ultimi giorni della campagna elettorale Hillary
Clinton se li sta aggiudicando in modo convincente», ha commentato John
Della Volpe, responsabile dei sondaggi dell’Istituto di Harvard. «Il
suo tasso di popolarità nella fascia dei probabili elettori tra i 18 e i
29 anni è aumentato significativamente dall’estate e la combinazione
delle sue performance solide nei dibattiti presidenziali e
dell’incapacità, sia di Trump che degli altri rivali, di espandere la
loro base le da’ un vantaggio di 28 punti».
I Millennials vedono
oggi Clinton e non Trump, nonostante il suo populismo ribelle, come il
candidato meglio attrezzato per rispondere alle loro inquietudini. E
inquieti lo sono, eccome, davanti a un’economia in lenta ripresa che
fatica a creare opportunità per le nuove generazioni. Un dato esemplare
su tutti: la creazione di startup, fucina di innovazione e nuovo lavoro
nel Paese, oggi gira ai ritmi più deboli della storia recente. Le
imprese con meno di un anno di età sono scivolate all’8% rispetto al 12%
degli anni 80. Nello stesso periodo gli impieghi nelle startup sono
diminuiti dal 4% al 2% del totale. La frenata investe anche l’hi-tech:
su oltre mille nuove società tecnologiche che hanno ricevuto fondi nel
2009 e 2010, ha rilevato CB Insight, solo nove, neppure l’1%, hanno
raggiunto il miliardo di valore, simbolo di successo consolidato. Se gli
Stati Uniti creassero nuove imprese al ritmo di 40 anni fa, ogni anno
comparirebbero altre 200mila aziende e quasi due milioni di posti di
lavoro.
Non sorprende così che il 51% della Generazione Y guardi
con “apprensione” al futuro nello studio di Harvard e che soltanto il
20% mostri speranza e ottimismo. Le ragazze bianche hanno espresso la
maggior ansia, condivisa dal 60% delle interpellate. In discussione, per
tutti, è anzitutto la possibilità di realizzare il “Sogno americano”,
con soltanto il 33% delle giovani bianche che crede di poter fare meglio
dei genitori sotto il profilo finanziario e un numero di poco
superiore, il 36%, di ragazzi convinti di essere in grado di raggiungere
un tale traguardo. Un sogno incrinato che i Millennials vorrebbero
affidare alle cure del primo presidente donna nella storia del Paese.