Il Sole 26.10.16
Non è questione solo di decimali
di Dino Pesole
Quantificazione
delle spese per migranti e terremoto, mancato impegno a ridurre il
debito, ma anche una sorta di check sull’utilizzo della flessibilità già
concessa negli ultimi due anni. Se queste sono le «richieste di
chiarimenti» di Bruxelles, la linea del Governo è che l’Italia «rispetta
le regole».
Non è questione di un solo decimale di differenza tra
il deficit 2017 fissato dal Governo (2,3%) e il 2,2% di Bruxelles. Il
confronto è tecnico e politico. Toni aspri, come già accadde a inizio
anno nel duro botta e risposta tra Matteo Renzi e Jean Claude Juncker,
poi ricomposto nell’incontro a palazzo Chigi del 26 febbraio. Da un
lato, i rilievi «tecnico-formali» sulle modalità di copertura
individuate dal Governo nella legge di Bilancio (peraltro ancora non
pervenuta in Parlamento), sulla qualificazione delle spese “eccezionali”
e sul mancato rispetto degli impegni assunti in primavera dal Governo
relativamente alla riduzione del deficit strutturale e del debito.
Dall’altro lato, le valutazioni politiche, che chiamano in causa la
gestione europea dei migranti (ma su questo punto la responsabilità è
più dei governi che della Commissione), e la conseguente interpretazione
(più o meno flessibile) dei relativi costi in capo ai paesi esposti in
prima linea nell’accoglienza dei rifugiati. Sullo sfondo, la particolare
congiuntura politica che vede diversi paesi chiave in Europa (Italia,
Francia, Germania, Olanda) alle prese con importanti scadenze elettorali
da qui al prossimo autunno. Il compito della Commissione in questo
frangente è particolarmente arduo, non dispone di strumenti cogenti per
imporre ai governi linee di azioni condivise. Il richiamo è sul rispetto
degli impegni assunti, e dunque a quanto il governo italiano aveva
assicurato in maggio a proposito della riduzione del deficit strutturale
e del debito pubblico a partire da quest’anno. Per il deficit
strutturale, a fronte della richiesta di Bruxelles di operare un taglio
nel 2017 dello 0,6%, si registra al contrario un incremento dello 0,4
per cento. Per il debito, le nuove stime governative fissano il livello
del 2016 a quota 132,8% del Pil, mentre era stata annunciata una
riduzione al 132,4 per cento. Impegno non mantenuto sul debito - ribatte
il Governo – a causa della bassa crescita e dell’inflazione vicina allo
zero. Componente fondamentale, quest’ultima, se si considera che il
valore del debito in rapporto al Pil viene espresso in termini nominali.
Nel
coacervo di debolezze politiche in cui si dibattono le istituzioni
europee e i governi (rese plasticamente evidenti dallo stop al trattato
commerciale con il Canada decretato dalla Vallonia), emerge a Bruxelles
il timore che il braccio di ferro con Roma finisca nel tritacarne della
campagna elettorale in corso. Ecco allora emergere l’opzione di riserva:
giudizio in più tappe, e comunque non prima dell’Eurogruppo fissato per
il 5 dicembre. Vi è dunque da attendersi nelle prossime settimane un
intensificarsi del confronto/scontro tra Roma e Bruxelles. La manovra –
ribadisce Padoan – manterrà il suo impianto generale anche dopo il
confronto con la Commissione europea. Prossima tappa, la risposta del
Tesoro ai rilievi e alle richieste di chiarimenti di Bruxelles.