mercoledì 26 ottobre 2016

Il Sole 26.10.16
Figli, la madre non è prevalente
Nell’esercizio delle responsabilità vale la pari condivisione genitoriale
Tribunale di Milano. La «maternal preference» non è il criterio-guida per la scelta del collocamento dei minori
di Giorgio Vaccaro

No alla prevalenza materna come criterio di individuazione del genitore maggiormente adatto al collocamento dei figli. Il Tribunale di Milano, Sezione IX civile, decreto del 19 ottobre 2016 (giudice Buffone) blocca, con decisione, ogni fondamento di una pur ipotizzata prevalenza del criterio della “maternal preference” come guida al giudice nella scelta del miglior genitore per l’allocamento del figlio minore. A far da guida al Tribunale non può che essere, infatti, lo spirito della norma di riforma dell’articolo 337-ter del Codice civile che, in luogo della preferenza del genere dell’uno o dell’altro genitore pone - al centro del sistema - la «pari condivisione genitoriale» .
Il punto di caduta della competenza genitoriale deve, quindi, confermarsi essere solo quello della «specifica contrarietà» all’interesse del minore, del supporto di «quel genitore», perché non adeguato e non certo l’appartenenza al genere delle madri, in danno al genere dell’esser padri.
Il decreto milanese specifica che «né l’articolo 337-ter del Codice civile, né la Carta costituzionale assegnano rilevanza od utilità giuridica a quello che taluni invocano come principio della “maternal preference” (nella letteratura del settore Maternal Preference in Child Custody Decision): al contrario, come hanno messo bene in evidenza gli studi anche internazionali, il principio di piena bi-genitorialità e quello di parità genitoriale, hanno condotto all’abbandono del criterio della maternal preference, a mezzo del “gender neutral child custody laws” ossia normative incentrate sul criterio della neutralità del genitore affidatario, potendo dunque essere, sia il padre che la madre, in base al solo preminente interesse del minore, il genitore di prevalente collocamento non potendo essere il solo genere a determinare una preferenza per l’uno o l’altro ramo genitoriale». Così come univocamente riconosciuto anche in Italia, con le norme che da ultimo hanno regolato l’intera materia del diritto di famiglia (Dlgs 154 del 2013).
Nel definire con il rigetto l’istanza di una madre a veder modificata in suo favore la regolamentazione della allocazione di una figlia minorenne, il tribunale di Milano ha poi compiuto un interessante richiamo alla non applicabilità al caso de quo, della sentenza della Cassazione n.18087 del 14 settembre 2016 che, pur richiamando il criterio della maternal preference, lo aveva evidenziato solo come criterio «non tempestivamente contestato e quindi passato in giudicato» mentre aveva fondato la sua decisione su altri e diversi spunti richiamati nella parte motiva.
Nel caso in esame, il decreto di rigetto ha poi trovato il suo fondamento sulla analisi della “personalità della madre” per come era emersa nel corso degli accertamenti processuali e sulla diversa e positiva personalità del padre, ricostruendo con molta attenzione, l’inadeguatezza materna dello specifico caso, osservando «dall’esame della dettagliata e tempestiva relazione del Servizio affidatario della minore, emergono elementi univocamente orientati ad escludere un rientro della minore presso la madre» che ha mostrato una tenuta personologica su cui difficilmente il Tribunale potrebbe fondare, oggi, il convincimento che la stessa collaborerebbe seriamente e diligentemente con gli enti preposti per tutti gli interventi a favore della minore, nonché per l’accesso alla figura del padre, come genitore non convivente.