il manifesto 26.10.16
Taci o ti querelo, i dati inediti del ministero della Giustizia sulla diffamazione a mezzo stampa
di Gianni Montesano
Ingiunzioni,
avvisi di garanzia, avvocati, spese esorbitanti e richieste di
risarcimento abnormi. Poi l’attesa del processo con l’incubo di una
condanna che può arrivare sino al carcere.
Il tunnel che vivono i
giornalisti querelati prende forma per la prima volta con il dossier
elaborato con i dati ufficiali che il Ministero della Giustizia ha
fornito ad Ossigeno informazione, l’Osservatorio sui giornalisti
minacciati in Italia promosso da Fnsi e Ordine dei Giornalisti.
Nell’ultimo
biennio i tribunali si sono espressi su 6.813 procedimenti l’anno,
5.902 procedimenti penali e 911 cause civili. A cui vanno aggiunti 1.300
carichi pendenti.
Il che significa un ritmo di 567 procedimenti al mese, 19 al giorno.
Il
70% dei procedimenti viene archiviato dal Gip. Il 20% finisce in
assoluzione o non luogo a procedere, solo uno su nove produce una
condanna; ma nel frattempo il cronista (e, quando c’è, anche il suo
editore) viene messo sotto pressione.
Ogni anno su 5.902
pronunciamenti penali si registrano 475 condanne, delle quali 320 al
pagamento di multe e 155 a pene detentive. Queste ultime non superano
quasi mai un anno di reclusione ma, complessivamente, assommano a oltre
103 anni di carcere l’anno.
Questi dati illustrano la sproporzione
fra la necessità di difendere l’onorabilità delle persone e l’utilizzo
distorto del reato di diffamazione a mezzo stampa che diventa un vero e
proprio bavaglio.
Molte istituzioni internazionali hanno parlato
di un «effetto raggelante» per i giornalisti che, o nel timore delle
querele, o nel timore di subire altre condanne, si autocensurano, o si
occupano di altro. Se ne è discusso a Roma nel corso della «giornata Onu
per lo stop ai reati contro i giornalisti» svoltasi al Senato e
organizzata da Ossigeno.
Le richieste di risarcimento sono abnormi: una media di 45,6 milioni l’anno. U
na
cifra enorme che ha un effetto pesante per le aziende editoriali.
Mentre i giornalisti italiani querelati spendono ogni anno almeno 54
milioni di euro per sostenere le spese di difesa legale. Una tassa per
dimostrare la propria innocenza che nella maggior parte dei casi si
scarica sulle loro spalle vista la crisi del settore e l’aumento di
freelance e precari non tutelati.
Per Alberto Spampinato,
direttore di Ossigeno, «Bisogna mettere fine a questo e introdurre
modifiche legislative: in primo luogo abolire il carcere e depenalizzare
il reato di diffamazione a mezzo stampa».
Il rapporto completo su www.ossigenoinformazione.it
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L’autore collabora con Ossigeno Informazione – Osservatorio sui
giornalisti minacciati in Italia promosso da Fnsi e Ordine dei
Giornalisti