il manifesto 26.10.16
Un comune su 4 rifiuta i piccoli rifugiati di Calais
di Leonardo Clausi
LONDRA
Prosegue in una calma relativa lo sgombero «elettorale» del campo
profughi di Calais, voluto in extremis da François Hollande per
puntellare la sua corsa alla rielezione all’Eliseo. Tirandosi dietro in
questa corsa improvvisa una Londra che fa la propria parte in ritardo,
poco e controvoglia, vista soprattutto la posizione assunta da Theresa
May per non scontentare a nessun costo il blocco «anglonazionalistico»
che ha determinato l’uscita del paese dall’Ue.
E mentre questo
sgombero/deportazione evoca incubi novecenteschi, dopo che la ferita
sociale e nazionale rappresentata dalla tendopoli è stata lasciata
suppurare, la Gran Bretagna prosegue la sua accoglienza un po’ come se
la premier Theresa May e la sua ministra dell’interno, Amber Rudd,
avessero una pistola puntata alla tempia.
Solo la settimana scorsa
la poco edificante sceneggiata sui controlli alla dentatura per
accertare l’età di minori che agli occhi dei tabloid tanto minori non
parevano, proposta da un oscuro deputato tory ma immediatamente
contraddetta dall’associazione nazionale di categoria dei dentisti,
mentre ieri Rudd ha annunciato che finora è stata controllata la
parentela di circa 800 minori; quelli arrivati finora su suolo
britannico sono già circa duecento, di cui sessanta bambine. Ma si è
premurata di aggiungere che non saranno accettate le domande pervenute
oltre la data di ieri e che i controlli saranno stringenti.
Intanto
prosegue il vaglio da parte delle autorità britanniche a Calais dei
legami con altri membri della famiglia che garantirebbe ai minorenni
asilo in base all’emendamento Dubs (dal nome dell’estensore di origine
ebraica cecoslovacca, il senatore laburista Lord Dubs, accolto orfano da
bambino in Gran Bretagna nel 1939) alla legislazione europea sui
rifugiati stabilita dagli accordi di Dublino, emendamento che consente
l’accesso anche a un numero imprecisato di minori non accompagnati da
parenti. Ma finora trentotto council su 156 in Inghilterra, una media di
uno su quattro, compreso quello di Theresa May, hanno rifiutato
l’accoglienza.
Questa infelice gestione di un problema troppo a
lungo ignorato evidenzia il deterioramento post-Brexit dei rapporti fra
Francia e Gran Bretagna. L’accordo di Le Toquet, il bilaterale che nel
2003 ha portato lo spostamento del confine meridionale britannico in
Normandia e grazie al quale funzionari britannici controllano i
passaporti a Calais e Dunkerque, è a rischio. Alain Juppé, il candidato
centrista favorito a succedere a Hollande, ha già annunciato che,
installatosi all’Eliseo, il confine britannico tornerà in Kent, come da
tempo vuole la destra francese, in primis la sindaca di Calais, Natacha
Bouchart.