Il Sole 22.10.16
Hunan, lo specchio della Cina che cambia
Nella provincia dove nacque Mao, tra cittadini in pellegrinaggio e tante aziende leader nel mondo
di Rita Fatiguso
Ottanta
anni fa, il 22 ottobre del 1936, la Lunga marcia guidata dal Grande
Timoniere Mao Zedong ebbe la meglio sui nazionalisti del Kuomintang.
La
vittoria dell’Armata rossa, dopo tre anni di cammino dallo Jianxi allo
Shaanxi, segnò la fine della guerra civile e aprì la strada alla
fondazione della Repubblica popolare cinese.
Lo spirito del
chairman Mao, figlio dell’Hunan, aleggia ancora su questa provincia
della Cina più interna e profonda, attaccata alle tradizioni, fiera dei
suoi primati e, soprattutto, del suo figlio più amato, l’eroe della
Lunga Marcia di cui oggi ricorre l’anniversario. Dal maiale brasato
color rosso seta di cui era ghiottissimo, ai gadget, ai princìpi che
spuntano nei discorsi dei manager delle aziende statali locali, allo
stesso nome – diffusissimo –, c’è sempre un signor Mao dietro l’angolo a
porgerti la business card.
Qui tutto parla ancora di Lui, a
partire dall’enorme busto che svetta nell’Isola degli aranci sul fiume
Xiangjiang a Changsha, la capitale, le cui autorità hanno speso 60
milioni di dollari per la bonifica delle acque dai metalli pesanti. Mao è
vivo nella memoria collettiva e il pellegrinaggio al mausoleo di
Shaoshan, una modesta casa di campagna affacciata su un incantevole
laghetto, non si è mai fermato.
Un’eredità pesante che trapela
dalla caparbietà con cui questa gente continua a battersi in nome del
futuro glorioso della Cina, perché il rallentamento c’è e non si possono
compromettere trent’anni di successi economici, bisogna sterzare su
lavorazioni più innovative e meno inquinanti.
I festeggiamenti in
corso a Pechino, i discorsi commemorativi, le mostre al Museo della
rivoluzione, sono lontanissimi da qui. Nell’Hunan, i cinesi non hanno
mai smesso di marciare, e questa provincia è il test per capire se la
seconda potenza mondiale è in grado di riprendersi e di far cambiare
pelle al modello economico cinese oppure no.
Non è facile. Lo smog
secca i polmoni già all’arrivo a Changsha, qui si è appena insediato a
capo del partito Du Jiahao, un fedelissimo di Xi Jinping, già
Governatore della provincia, segno che l’Hunan è uno snodo strategico
per chi vuol governare il Paese.
Tutto è grigio, i palazzi,
l’aria, sembra che una patina di polvere si sia posata dappertutto, per i
cinesi è un buon segno, le macchine, le gru, le betoniere sono in piena
attività.
Ma è il ritmo della crescita che deve cambiare perché del successo economico non resti solo polvere grigia.
Zhu
Jin Hui è il numero due del Dipartimento della Propaganda del Comitato
centrale del partito a Changsha: «Trent’anni fa – spiega – questa città
era lunga appena un chilometro e larga tre, adesso non si vede la fine,
stiamo per inaugurare la terza linea della metropolitana, gli abitanti
sono già sette milioni e mezzo, questa è una città di seconda fascia, ma
con aziende che contano e che vogliono contare ancora di più. Siamo lo
snodo geografico della Belt and road initiative voluta dal compagno Xi
Jinping».
Dal 2000 al 2015 l’Hunan ha viaggiato alla velocità
media annua del 9,5%, ma ci sono aziende che stanno vivendo sulla loro
pelle il cambiamento ed è sulle loro spalle che ricade il peso di
aiutare la Cina a trovare un posto in prima fila nel mondo.
Zoomlion,
ad esempio, non è un’azienda qualsiasi, Zoomlion è Changsha, molto più
dell’acerrima rivale Sany. Il suo fondatore, Zhan Chunxin, nel 1992 ha
inventato di sana pianta un gigante delle macchine per il movimento
terra partendo dall’Università per lo studio delle costruzioni di
Changsha e con un prestito di appena 500mila yuan, oggi è quotata a
Shanghai e Hong Kong, dà lavoro a mezza città, nel 2014 ha fatturato 4,2
miliardi di yuan. Poi, la crisi mondiale e il rallentamento interno,
nei primi sei mesi dell’anno 800 milioni di yuan sono andati in fumo,
ora il peggio sembra essere passato e le perdite, in parte, riassorbite.
Zoomilion ha iniettato nelle vene la tecnologia necessaria, come
documenta nel suo Museo delle costruzioni, acquistando l’italiana Cifa,
ora si apre un nuovo capitolo, un nuovo mercato, quello delle
attrezzature usate, molti costruttori hanno chiuso i battenti, il
business delle macchine tornate indietro per insolvenza è consistente.
Ma
per assorbire l’overcapacity c’è la Belt and road initiative, l’Hunan
ha approvato un primo lotto di 66 progetti infrastrutturali e aziende
come Zoomlion stanno lì, pronte a inserirsi nei programmi di sviluppo
delle infrastrutture finanziate dalle banche multilterali, Aiib, Adb,
Banca Mondiale, dal Pakistan alla Malesia. L’impegno a lungo termine è
di ben 342 miliardi di yuan.
«Dopo aver accusato i colpi
dell’instabilità del Brasile o del Nord Africa bisogna pensare anche al
mercato interno. Puntare alle macchine agricole e al settore ambientale,
tanto che abbiamo acquistato un’altra società italiana, la Ladurner,
specializzata nel trattamento dei rifiuti», dice Geoffrey Tao, vice
general manager del trading internazionale di Zoomlion.
Una sfilza
di realtà cruciali per la Cina (e il mondo) ha sede nell’Hunan, e
riflette le ambizioni della Cina che ospita il G20, incassa lo yuan nel
paniere delle valute dell’Fmi e manda nello spazio satelliti
avveniristici. Qui è nato il super computer Tianhe 1, ma anche il riso
ibrido, e un giro tra le aziende avanzate è come andare su una giostra,
da Beidou con la nuovissima tecnologia acchiappa droni all’expertise
ormai consolidato delle locomotive elettriche di Crrc di Zhuzhou, al
bullet train Maglev, agli elicotteri di Sunward a uso civile pronti a
dilagare non appena lo spazio aereo sarà liberalizzato, alle stampanti
3D di Farsoon grazie alle quali i designer Exuberance di Shanghai hanno
vinto due anni fa il premio del Salone Satellite a Milano, ai robot di
Sinolight corporation che interagiscono con l’indotto automotive locale,
nel quale opera lo stabilimento di Fca, arrivata qui anni fa come Fiat,
oggi la joint venture è attiva nella produzione delle Jeep made in
China. E ci sono i pannelli in cemento prefabbricato da spedire in
Africa e Brasile, la logistica pesante di Tidfore che ha appena siglato
un accordo chiave in Nigeria nel Cross River State per un porto da 3
miliardi di dollari.
Chissà cosa direbbe Mao Zedong di questo
Hunan di cui possiamo solo presumere gli esiti futuri. Salirebbe, questo
è certo, anche lui sul ponte di vetro più grande al mondo inaugurato un
mese fa sul Grand canyon di Zhangjiajie, tra le montagne immortalate
dal film Avatar. E come le diecimila persone che lo visitano ogni
giorno, guarderebbe giù nel vuoto, lottando con le vertigini, 300 metri
più sotto. Anche su quel ponte abbiamo visto sventolare una bandiera
rossa.