martedì 18 ottobre 2016

Il Sole 18.10.16
Nodo risorse per il piano lanciato dal Governo
Secondo l’Alleanza contro la povertà, che raccoglie realtà come Caritas, sindacati, Acli, Save the children, Banco alimentare, servirebbero 7 miliardi
il Governo mette a disposizione 750 milioni
di Davide Colombo

I dati sulla povertà in Italia negli anni del “dopo-crisi” diffusi ieri dalla Caritas confermano quelli dell’Istat di metà luglio. Il disagio sociale s’è allargato e ora arriva a colpire fasce di popolazione che prima in qualche modo si salvavano. Ora oltre a un milione di anziani poveri ci sono anche molti più giovani di prima. E ci sono le famiglie con uno o due figli, mentre fino a qualche anno fa cadevano sotto la soglia di povertà quasi solo quelle con tre o più bambini. È anche cambiata la geografia del disagio, oggi in crescita anche al Nord, dove l’incidenza della povertà assoluta (quella che non consente di conseguire uno standard di vita minimamente accettabile) è passata dal 4,2% delle famiglie del 2014 al 5% del 2015 (dal 5,7 al 6,7% se si considerano le persone). L’anno scorso l’incidenza della povertà assoluta, a livello nazionale, è stata del 7,6% (6,8% nel 2014 e 7,3% nel 2013) e ha riguardato 4,6 milioni di persone. E l’Italia - ci ha ricordato ieri Eurostat - è tra i paesi che hanno registrato i maggiori aumenti del rischio di povertà ed esclusione sociale tra il 2008 e il 2015. Con una crescita di 3,2 punti percentuali si è piazzata al quarto posto alle spalle di Grecia (più 7,6), Cipro (più 5,6) e Spagna (più 4,8).
A fronte di queste statistiche che parlano di una povertà diffusa il Governo sta portando avanti un piano per il momento sotto l’acronimo Sia (Sostegno per l’inclusione attiva), un contributo ai nuclei familiari con minori o disabili in condizioni disagiate che ha preso il posto della social card. A disposizione ci sono 750 milioni e le domande Isee presentate da settembre ci dicono che i primi pagamenti avverranno nel bimestre novembre-dicembre (tramite una carta prepagata su cui si versano 80 euro al mese per ogni componente del nucleo familiare; in media 320 euro al mese visto che i nuclei con più elevata frequenza sono con due minori). Cinque sesti di quella dote verrà spesa nel corso del 2017, anno per il quale il Fondo contro la povertà prevede una sua dote strutturale di un miliardo. L’obiettivo dichiarato è coprire in questa prima fase circa 200mila famiglie, tra 800mila e un milione di residenti. Stando alle slides illustrate sabato sera dal premier, Matteo Renzi, sul Fondo povertà arriverà un addendum di 500 milioni solo dal 2018, anno il cui il Fondo salirebbe a 1,5 miliardi e anno in cui dovrebbe scattare il riordino sulle altre misure già in vigore (come la vecchia social card che vale 250 milioni e l’Asdi, che ne vale 200). Dire dunque su quante risorse effettive si disporrà veramente nel 2018-2019 non è ancora possibile con precisione. Si sa che una volta approvata la delega che giace in Senato si passerà dal Sia al «Reddito di inclusione sociale». Questo «Reis» non dovrà essere solo un sostegno economico per garantire ai nuclei la differenza tra il reddito familiare e la soglia Istat di povertà assoluta ma anche proporre un insieme essenziale di prestazioni da garantire uniformemente in tutto il territorio nazionale. Ma la domanda resta: con quante risorse? Secondo l’Alleanza contro la povertà, che raccoglie realtà come Caritas, sindacati, Acli, Save the children, Banco alimentare, servirebbero 7 miliardi per rendere strutturale il Reis, perché con quella cifra si copre l’intera platea dei super-poveri. Dal loro punto di vista, dunque, mezzo miliardo in più solo dal 2018 non basta. La lotta contro la povertà va avanti ma va avanti piano.