Il Sole 18.10.16
I giovani al Sud più poveri dei migranti
Il nuovo modello di povertà: gli indigenti non sono più gli anziani, le difficoltà diminuiscono con l’età
Rapporto Caritas. Nel Mezzogiorno il 66% di chi chiede aiuto è italiano
Dopo l’appello del Papa nelle diocesi accolti circa 20mila rifugiati
di Carlo Marroni
La
 crisi economica che perdura ormai da quasi dieci anni ha fatto 
esplodere la povertà in Italia, e ne ha cambiato la “composizione”: 
colpisce soprattutto gli stranieri ma, per la prima volta, nel 2015, al 
Sud la percentuale degli italiani ha largamente superato quella degli 
immigrati. Novità che emerge dal Rapporto 2016 sulla povertà della 
Caritas, braccio operativo della Cei (Conferenza episcopale italiana). 
Il dato è chiaro: se a livello nazionale il peso degli stranieri sulle 
fasce povere – persone che non hanno le risorse economiche necessarie 
per vivere in maniera minimamente accettabile - continua a essere 
maggioritario (57,2%), nel Mezzogiorno gli italiani hanno fatto il 
“sorpasso” e sono al 66,6%. Dati, questi, emersi sul campo, dai centri 
di ascolto della Caritas che sono 1.649 sparsi su 173 diocesi. Quindi, 
si osserva, il vecchio modello italiano di povertà, che vedeva gli 
anziani più indigenti, non è più valido: oggi la povertà assoluta 
risulta inversamente proporzionale all’età, specie in certe aree 
italiane. La lunga crisi occupazionale ha penalizzato e sta ancora 
colpendo soprattutto i giovani e giovanissimi in cerca di primo impiego e
 gli adulti ancora in età lavorativa e rimasti disoccupati. I dati sulla
 crescita della povertà sono drammatici: si è passati, infatti, da 1,8 
milioni di persone povere nel 2007 (il 3,1% del totale) a 4,6 milioni 
del 2015 (il 7,6%).
L’analisi della Caritas va a fondo sui vari 
aspetti del fenomeno. Rispetto al genere, il 2015 marca un significativo
 cambio di tendenza: per la prima volta risulta esserci una sostanziale 
parità di presenze tra uomini (49,9%) e donne (50,1%), a fronte di una 
lunga e consolidata prevalenza del genere femminile, mentre l’età media 
delle persone che si sono rivolte ai centri Caritas è stata di 44 anni. 
Tra i beneficiari dell’ascolto e dell’accompagnamento prevalgono le 
persone coniugate (47,8%), seguite dai celibi o nubili (26,9%). Il 
titolo di studio più diffuso è la licenza media inferiore (41,4%). A 
seguire, la licenza elementare (16,8%) e la licenza di scuola media 
superiore (16,5%). I disoccupati e inoccupati insieme rappresentano il 
60,8% del totale. I bisogni più frequenti che hanno spinto a chiedere 
aiuto sono perlopiù di ordine materiale: spiccano i casi di povertà 
economica (76,9%) e di disagio occupazionale (57,2%), ma non sono 
trascurabili anche i problemi abitativi (25,0%) e familiari (13,0%). E 
sono frequenti le situazioni in cui si cumulano due o più ambiti 
problematici. Per quanto riguarda i profughi e i richiedenti asilo, sono
 stati ben 7.700 le persone che si sono rivolte ai Centri di ascolto 
della Caritas nel corso del 2015. Si tratta in larga parte di uomini 
(92,4%), con un’età compresa tra i 18 e i 34 anni (79,2%), provenienti 
soprattutto da paesi africani e asiatici. Dal punto di vista del 
“bisogno” prevalgono le situazioni di povertà economica (61,2%), ma è 
alto anche il disagio abitativo, sperimentato da oltre la metà dei 
profughi intercettati (55,8%). Tra loro è proprio la “mancanza di casa” 
la necessità più comune. Seguono le situazioni di precarietà o 
inadeguatezza abitativa e di sovraffollamento. A scalare arrivano poi i 
problemi di istruzione, che si traducono per lo più in problemi 
linguistici e di analfabetismo. Il rapporto dedica un ampio capitolo 
all’accoglienza di profughi e richiedenti asilo nelle strutture 
ecclesiali, dopo l’appello di papa Francesco a ospitare i migranti e le 
loro famiglie. Al 9 marzo 2016, le accoglienze attivate in 164 diocesi 
sono circa 20mila, così suddivise: circa 12mila persone accolte in 
strutture convenzionate con le Prefetture (con fondi del ministero 
dell’Interno); quasi 4mila persone accolte in strutture Sprar (ministero
 dell’Interno); oltre 3mila persone accolte nelle parrocchie (con fondi 
diocesani); oltre 400 persone accolte in famiglia o con altre modalità 
di accoglienza (fondi privati o diocesani).
 
