domenica 16 ottobre 2016

Il Sole 16.10.16
La legge di stabilità
Un campo di battaglia del «sì» e del «no»
di Lina Palmerini

Non sarà solo la bandiera di Renzi per il referendum. La manovra sarà il terreno di scontro di entrambi i fronti, del sì e del no. La peculiarità di questa legge sta proprio in questo “tempo unico” tra campagna referendaria e passaggi parlamentari. Con una domanda: davvero le opposizioni contesteranno misure che hanno consensi trasversali? L’abolizione di Equitalia, per esempio. Perché la discussione sulle norme si farà mentre si avvicinerà l’ora X delle urne in cui tutti i partiti guarderanno al voto. L’altra singolarità è che il 5 dicembre, l’iter potrebbe continuare con un Governo sconfitto e con un Parlamento chiamato comunque a portare il Bilancio al traguardo.
Che la battaglia referendaria potesse arricchirsi del capitolo manovra si sapeva già dai giorni scorsi. Tra tutte le opposizioni era partita l’offensiva su come Renzi avrebbe cavalcato il consenso per vincere il referendum ma la sfida del 4 dicembre riguarda anche il fronte del “no”. E dunque se da una parte c’è il premier e la sua rincorsa ai gusti elettorali degli italiani, dall’altra parte c’è una partita identica delle opposizioni. Perché questa legge mette in campo interessi politici trasversali.
Ieri le contestazioni, da Renato Brunetta ai 5 Stelle, attaccavano le misure più sotto il profilo della credibilità che sul merito dove è più complicato affondare il colpo visto che Renzi ha scippato molti argomenti ai suoi avversari. Equitalia, per esempio: ci sarà davvero chi proporrà di non abolirla o di non cancellare – d’un tratto – interessi e sanzioni? Possibile ma difficile. In fondo è una delle grandi bandiere del Movimento di Grillo che ne ha sempre contestato il modello “vessatorio” e troppo aggressivo verso i cittadini e piccoli imprenditori. Così pure il centro-destra che non si è mai tirato indietro a contestarne i metodi. Ci sarà chi parlerà di “condono” - così come sulla voluntary disclosure – ma nei fatti è difficile che qualche partito combatta in Parlamento per ripristinare Equitalia. E così pure sul blocco dell’Iva o sugli incentivi agli investimenti privati.
L’affondo, insomma, più che in direzione delle misure sarà in direzione del premier, dei conti che non tornano, delle promesse che non saranno rispettate. Argomenti che hanno a che fare con la sua persona e la sua attitudine a governare più che sulle norme portanti di questa manovra. Dagli investimenti, alla sanità al pubblico impiego, alle pensioni: si dirà che non è abbastanza ma è difficile che qualcuno si batterà per togliere quei capitoli di spesa a favore di altri. E pure l’Europa, diventa un argomento difficile da girare contro il premier. Questa è una legge fatta prevalentemente in deficit ma sia da destra che da sinistra si è sentito spesso – e si è spesso teorizzato – che è meglio procedere sforando piuttosto che rispettando le regole del fiscal compact che ormai nessuno più nomina con simpatia.
Il viaggio parlamentare sarà quindi un inedito perché quelle “mance” di cui parlano le opposizioni toccano elettorati trasversali. E diventano, quindi, argomenti politici da maneggiare con cura in vista del referendum. La ragione è che questa legge di bilancio ha una doppia peculiarità. Da un lato farà un tratto di viaggio in Parlamento fiancheggiando la campagna referendaria. Dall’altro, l’iter continuerà anche dopo il 4 dicembre quando – forse – il Governo e il premier potrebbero essere sconfitti nelle urne. L’approvazione definitiva della manovra è prevista dopo la metà di dicembre, forse senza Renzi, forse con un altro Esecutivo ma pur sempre con lo stesso Parlamento che si ritroverà quelle “mance” elettorali. A cui – magari - vorrà aggiungere la propria firma dopo quella del premier. In vista di altre elezioni.