Il Sole 12.10.16
Verso il 4 dicembre. Le istanze a Tar e Tribunale
«Quesito eterogeneo», anche Onida ricorre e chiede la sospensione
di Donatella Stasio
ROMA
È un uno-due pesante quello sferrato ieri dal presidente emerito della
Consulta Valerio Onida contro il quesito referendario del 4 dicembre, e
che potrebbe sfociare in una «sospensione degli atti del procedimento
referendario»(con conseguente rinvio del voto). Con due ricorsi
presentati insieme alla professoressa Barbara Randazzo, e rivolti al
Tribunale civile di Milano e al Tar del Lazio, Onida contesta la
chiarezza e l’omogeneità del quesito che, per la sua «eterogeneità»,
«viola la libertà di voto» dell’elettore mettendolo di fronte a un
«prendere o lasciare l’intero pacchetto senza la possibilità di valutare
le sue diverse componenti». Ma sia al giudice civile che al Tar si
chiede di investire preventivamente la Consulta per verificare la
legittimità costituzionale della legge sul referendum (n.352/1970) là
dove non prevede l’obbligo di scissione del quesito; e la Corte, a sua
volta, dovrà valutare, in via d’urgenza, anche l’eventuale «sospensione»
del procedimento referendario. Poiché, infatti, il referendum è stato
indetto per il 4 dicembre, il suo svolgimento «comprometterebbe
irrimediabilmente» il diritto degli elettori di esprimere un voto
libero, rendendo «inutile» una successiva pronuncia della Consulta. Ci
sono quindi i presupposti, secondo Onida, affinché la Corte eserciti
quei poteri di sospensione previsti in presenza del «rischio di un
pregiudizio grave e irreparabile per i diritti dei cittadini».
I
ricorsi di Onida arrivano dopo quelli presentati solo al Tar del Lazio
da M5S e Sinistra italiana. In quello dell’ex presidente della Consulta
si chiede che il giudice amministrativo «prima sospenda e poi annulli»
il decreto di indizione del referendum, nonché «ogni atto preliminare,
connesso o conseguenziale» ma, anche qui, previa - se necessaria -
rimessione alla Consulta per verificare se gli articoli 4, 12 e 16 della
legge 353/70 siano costituzionalmente legittimi là dove «non prevedono
che, qualora la legge sottoposta a referendum abbia contenuto plurimo ed
eterogeneo, agli elettori debbano essere sottoposti tanti quesiti
distinti - a cui l’elettore possa rispondere affermativamente o
negativamente - quanti sono gli articoli o le parti della legge che
abbiano oggetti omogenei».
Questione identica, appunto, a quella
sottoposta al Tribunale civile, al quale si chiede di «accertare e
dichiarare» il diritto degli elettori a partecipare al referendum «nel
rispetto della libertà di voto, violata dall’eterogeneità del quesito
così come risultante dal decreto di indizione». La tesi sostenuta nel
ricorso è che nella riforma proposta al voto «sono implicati almeno
dieci diversi aspetti, tra loro autonomi»: modifica delle funzioni,
composizione e elezione del Senato; rapporti tra governo, maggioranza e
opposizione; procedimento legislativo e decretazione d’urgenza;
iniziativa legislativa popolare, referendum; elezione e funzioni del
Presidente della Repubblica; principi della Pa; soppressione del Cnel;
abolizione delle province; modifiche dei rapporti tra Stato, regioni ed
enti locali; elezione dei giudici della Consulta. Proporre questo
«variegato complesso di modifiche mediante un unico quesito» significa
mettere l’elettore di fronte all’alternativa secca di «prendere o
lasciare l’intero pacchetto».