Il Sole 11.10.16
I Nobel per l’economia
Gli studiosi dei contratti che non temono l’impopolarità
di Luigi Zingales
Tradizionalmente
gli economisti da Smith a Marshall, da Ricardo a Pareto si sono
occupati di mercati, come funzionano e quando producono risultati
efficienti. Ma anche nelle economie cosiddette “di mercato”, la maggior
parte delle transazioni economiche non avviene in un mercato, ma è
regolata da un contratto: il contratto di impiego, quello di locazione,
quello di assicurazione, ecc. In genere, al momento della firma questi
contratti sono inseriti in un mercato, ma poi vivono di vita propria.
Quando
studiai all’università in Italia più di trent’anni fa, la parola
“contratto” non compariva mai nelle mie classi di economia, ma solo in
quelle di diritto. Proprio in quegli anni Oliver Hart e Bengt Holmström –
i premi Nobel per l’Economia di quest’anno – stavano sviluppando quella
che ora è conosciuta come la «teoria dei contratti» rivoluzionando non
solo l’economia, ma anche il diritto.
Bengt
Holmström è stato il pioniere nell’economia dei contratti tra un datore
di lavoro e un dipendente (sia esso un manager o impiegato). Grazie a
lui sappiamo che i manager dovrebbero essere compensati sulla base della
performance relativa rispetto alla propria industria, e non per quella
assoluta. Questo concetto sta lentamente penetrando nei comitati
remunerazione, nonostante l’enorme resistenza dei manager, che
vorrebbero essere compensati anche per la fortuna (per esempio
variazioni favorevoli nel prezzo di mercato del petrolio), ma scusati
per la sfortuna.
Holmström ha anche studiato
la dinamica dei contratti: come i bonus futuri influenzino l’efficacia
dei bonus odierni e come gli incentivi non siano solo monetari, ma anche
reputazionali, per cui un giovane manager lavora più sodo per farsi
conoscere, mentre uno più anziano può permettersi di prendersela più
comoda perché non ha più molti anni di lavoro davanti a sé. Holmström ci
ha anche messo in guardia contro l’uso eccessivo dei bonus in
situazioni in cui un manager svolge vari compiti, diversamente
misurabili. Il rischio è che un manager si focalizzi troppo sul compito
che è più facile da misurare, che non necessariamente è il più
importante.
Nonostante anche Oliver Hart
abbia inizialmente lavorato nella teoria dei contratti, il suo
contributo più importante è stato spiegare cosa succede quando i
contratti non possono essere scritti (o i tempi per farli rispettare
sono biblici come nel caso italiano). Hart dimostra che in queste
situazioni è fondamentale il controllo sulle attività essenziali. Ad
esempio la differenza tra un impiegato di General Motor (Gm) e un
fornitore di Gm è data da chi controlla le macchine per produrre le
parti fornite a Gm. Gm può licenziare un impiegato e privarlo
dell’accesso alla fabbrica, ma non può privare un fornitore di accedere
alla sua fabbrica e di produrre. Può solo smettere di acquistare da lui.
Questa differenza di opzioni nel caso in cui ci sia una disputa tra
acquirente e fornitore cambia gli incentivi del fornitore e quelli
dell’acquirente. Grazie a quest’idea Hart e coautori sono stati in grado
di spiegare perché alcune imprese sono verticalmente integrate e altre
no. Sono anche stati in grado di spiegare perché il finanziamento di
un’impresa con debito è fondamentalmente diverso da quello con equity:
non è solo una questione di flussi di cassa, è una questione di chi
detiene il controllo dell’impresa nelle varie possibili situazioni.
Come
studente, co-autore ed amico, non posso omettere di menzionare la
straordinaria onestà intellettuale di Oliver Hart. È indefesso nella
ricerca della verità, pronto a difendere senza timore i risultati della
sua analisi, anche quando questi risultati non sono popolari. Non ha
paura di sfidare il senso comune, se la logica economica glielo
suggerisce, ma è anche pronto a rivedere le sue opinioni sulla base dei
contributi degli altri.
Nonostante i
successi della sua teoria dei contratti incompleti, a seguito delle
critiche ricevute da Maskin e Tirole (due economisti che hanno vinto il
premio Nobel negli anni scorsi), ha ammesso la debolezza delle
fondamenta economiche della sua teoria e ne ha create di nuove. Fa
particolarmente piacere vedere il premio Nobel assegnato a persone che
lo meritano così tanto non solo dal punto di vista scientifico, ma anche
umano.