Il Sole 11.10.16
Francesco sposta la Chiesa verso Sud e l’Oriente
di Gianfranco Brunelli
Il
baricentro del pontificato si sposta verso Sud e verso Oriente. «Sono
lieto di annunciare che sabato 19 novembre, alla vigilia della chiusura
del Giubileo, terrò un concistoro per la nomina di 13 nuovi cardinali,
da 11 nazioni».
Così papa Francesco ha comunicato domenica all’Angelus il suo terzo concistoro per la creazione di nuovi cardinali.
Con
queste nuove nomine Francesco rinnova per un terzo i cardinali
attualmente votanti (con meno di 80 anni) in un eventuale conclave. Sono
infatti 44 su 120 i cardinali che papa Francesco ha nominato a oggi.
Sul
volo di ritorno da Baku, il papa aveva spiegato ai giornalisti che la
lista delle nomine cardinalizie da fare era lunga e i posti solo 13.
Aggiungendo: «Si deve pensare di fare un equilibrio. A me piace fare
vedere nel Collegio cardinalizio l’universalità della Chiesa: non
soltanto il centro – per dire – europeo; ma dappertutto».
L’elenco
comprende 3 europei, 3 latino americani, 3 statunitensi, 2 africani, 1
asiatico e 1 dall’Oceania. I nuovi cardinali provengono da Italia,
Repubblica Centrafricana, Spagna, Brasile, Usa, Bangladesh, Venezuela,
Belgio, Mauritius, Messico, Papua Nuova Guinea.
Ad
essi si aggiungono – ha detto il papa – anche quattro cardinali
ultraottantenni: un arcivescovo e due vescovi emeriti e un presbitero.
«Essi rappresentano tanti vescovi e sacerdoti che in tutta la Chiesa
edificano il Popolo di Dio, annunciando l’amore misericordioso di Dio
nella cura quotidiana del gregge del Signore e nella confessione della
fede». Si tratta di Anthony Soter Fernandez, arcivescovo emerito di
Kuala Lampur; Renato Corti, vescovo emerito di Novara; Sebastian Koto
Khoarai, vescovo emerito di Mohale’s Hoek in Lesotho; e Ernest Simoni,
presbitero dell’arcidiocesi di Scutari-Pult in Albania.
Rispetto
al conclave che elesse Francesco, l’Europa passa da 60 a 54 (gli
italiani da 28 a 25). L’Africa da 11 a 14. L’Asia e Oceania da 11 a 18.
L’America del Nord rimane a 17. L’America latina da 16 a 17.
Difficile
leggere queste nomi sul continuum “progressisti-conservatori”.
Prendendo assieme i tra concistori, vi è certamente un riequilibrio
complessivo rispetto alle nomine prevalentemente conservatrici (talora
intransigenti) dei pontificati precedenti. Blase J. Cupich, arcivescovo
di Chicago, rappresenta una inversione di tendenza per quel che riguarda
l’episcopato degli Stati Uniti, dove, ancora di recente, alcuni vescovi
hanno fatto un pubblico endorsement per il candidato Donald Trump.
Carlos Osoro Sierra, arcivescovo di Madrid, rappresenta una diversa
concezione del ruolo della chiesa spagnola sia nei rapporti con la
società e la politica in Spagna, sia come proiezione di una politica
ecclesiastica puramente conservatrice su tutto il continente
latino-americano, così com’era stato durante il lungo episcopato di
Rouco Varela e la sua presidenza alla Conferenza episcopale spagnola.
Jozef De Kesel, arcivescovo di Malines-Bruxelles, segna il ritorno a una
visione teologica più conciliare, certamente più prossima alla linea
dell’arcivescovo Danneels, che a quella del vescovo intermedio monsignor
Léonard.
Si tratta soprattutto di nomine
che confermano la visione geo-religiosa ed ecclesiale di papa Francesco.
L’Africa, l’Asia soprattutto, e in parte l’America latina sono i luoghi
verso cui la Chiesa cattolica si muove. Si tratta di aree del mondo di
crescente influsso a livello internazionale, ma anche di aree dove il
cattolicesimo è in espansione. Mentre l’Europa declina.
Sul
piano ecclesiologico, Francesco conferma la sua linea: privilegia
vescovi pastori, spiritualmente formati, disposti a segni e a gesti
anche radicali di testimonianza. Vanno su questa linea sia la nomina del
nunzio italiano Zenari, attualmente in Siria e che – ha detto il papa –
rimane lì, sia il gesto simbolico verso monsignor Corti, vescovo
emerito di Novara, uomo di profonda spiritualità, cui Francesco aveva
chiesto le meditazioni per la via crucis del 2015; o quello verso un
semplice sacerdote che ha speso la sua vita accanto ai poveri come
l’albanese Ernest Simoni.
Il modo con cui
papa Francesco legge gli avvenimenti è quello del discernimento
spirituale derivato dal Vangelo. Il primato è quello del Vangelo, della
Parola di Dio. Per questo, nella sua visione della Chiesa, egli supera
la dimensione dello spazio interno ecclesiale e si apre alla compagnia
degli uomini, chiunque essi siano. La concezione del magisterium nella
Chiesa di papa Francesco è quella di chi insegna e di chi ascolta. Ma
soprattutto di chi accompagna.