il manifesto 9.10.16
Nel Pd c’è un «non comitato», spunta Democratici per il No
Referendum
costituzionale. Fra i promotori l’ex portavoce di Bersani. L’ex
segretario aspetta la direzione di domani. Malumori al partito: «Non
hanno chiesto nessun permesso». E Marino annuncia il suo no-tour
di Daniela Preziosi
ROMA
«È in atto da anni un restringimento della base democratica il cui
effetto sui cittadini è la diminuzione del diritto di votare i propri
rappresentanti» ma con la riforma costituzionale non «si ricostruisce un
rapporto positivo tra cittadini e politica». Classici argomenti del
fronte del No al referendum; quindi no news? Invece good news: perché a
sostenerli stavolta è un gruppo di democratici romani riuniti da Stefano
Di Traglia, ex portavoce di Pier Luigi Bersani, dal bersaniano
consigliere regionale del Lazio Riccardo Agostini. Il logo è un No
tricolore, volutamente somigliante al logo ufficiale del Pd. E infatti
l’operazione è tutta interna al partito («Sono sempre di più gli
elettori del Pd e del centrosinistra che stanno manifestando
l’intenzione di votare No», «pensiamo sia giusto rappresentare e
sostenere le loro argomentazioni», dicono i due). E fra le motivazioni
del loro No ce n’è una che solo militante democratico, meglio se della
prima ora, potrebbe argomentare: «Sostenere che la Costituzione va
cambiata perché vista come ostacolo alla capacità di governare» è un
«alibi» e chi propone questa riforma insieme a quella elettorale rischia
«di farci disperdere i principi e i valori che hanno ispirato la
nascita del Pd». Accusa velenosa, quella di voler promuovere la
’mutazione genetica’ del Pd. Il gruppo dei dissenzienti è composto da
una cinquantina di iscritti romani che si sono riuniti il 5 ottobre
scorso ospiti della storica sezione di Testaccio, quella che ha accanto
la Casa della sinistra’ di Sel, corner di militanza ancora verace nella
capitali, attivissimo all’epoca della coalizione Italia bene comune.
Lo
zampino di Bersani viene smentito, naturalmente. L’ex segretario
all’appuntamento non c’era, naturalmente. «Del resto è stata una
riunione di militanti e dirigenti romani», spiega Chiara Geloni, già
direttrice di Youdem e con Di Traglia altra chiave della comunicazione
bersaniana nell’epoca Avanti Renzi. Ma non è per questo che Bersani non
era presente. L’ex segretario, insieme ai suoi, aspetta di ascoltare
quello il presidente del consiglio alla riunione della direzione di
domani. Renzi ha promesso una posizione definitiva sulla fantomatica
modifica dell’Italicum. La pattuglia dei parlamentari bersaniani chiede
gesti concreti sulla legge elettorale, ma è convinta che non ne
arriveranno. E infatti la decisione di votare No al referendum è
praticamente presa, con pochissime eccezioni.
Se Bersani ha
promesso solennemente che non entrerà in un comitato del No, Di Traglia
spiega che i Democratici per il No «non sono un comitato, se si intende
un negozio con una scritta, ma un gruppo, forse una rete di militanti
che promuoveranno il confronto dentro il Pd». Ma anche fuori, visto che
hanno già fissato incontri con il comitato del No dei costituzionalisti,
con la Cgil Roma, Arci, Anpi. E con il combattivo comitato dalemiano
presieduto dall’avvocato Guido Calvi. C’è chi dice anzi che nella loro
iniziativa ci sia anche lo zampino di D’Alema, ormai tornato in ottimi
rapporti con lo sfortunato mancato premier. Di Traglia smentisce. È vero
però che i due big, quelli che Renzi definisce con consumata malizia
«la vecchia guardia» hanno in testa il ’dopo’ referendum. Bersani prova a
ristringere i bulloni con gli ex alleati di Sel (oggi Sinistra
italiana); D’Alema nega scissioni ma predica la nascita «di uno spazio
di militanza in cui ci si possa sentire orgogliosi di essere di
sinistra».
Si vedrà. Per il momento la formalizzazione di un
comitato, o «non comitato», a casa Pd suscita parecchi malumori nel
partito. Va bene il confronto ma «non è permesso né autorizzato
costituire comitati in seno al partito» proprio in seno come una serpe,
scrive in una nota Elisa Simoni, subcommissaria del primo municipio. E
già: perché, fra parentesi, il Pd romano è ancora commissariato e
proprio oggi scade il mandato di Matteo Orfini. Che per il 27 settembre
aveva promesso la data del congresso. Che invece non si vede
all’orizzonte.
Intanto, senza chiedere permesso, sono molti gli
iscritti al Pd che annunciano il No al referendum. Militanti ma anche
dirigenti, intellettuali. Da Alfredo Reichlin, il teorico frainteso del
’partito della nazione’, a Walter Tocci. Ieri il governatore della
Puglia Michele Emiliano ha twittato: «Come ragionare su cosa votare al
referendum con l’aiuto del manifesto», seguito dal link all’articolo del
costituzionalista Massimo Villone in cui il 5 ottobre sul nostro
giornale smontava le «ragioni» del Sì. E poi c’è l’ex iscritto al Pd ed
ex sindaco di Roma Ignazio Marino. Entusiasta dell’assoluzione dalle
accuse di peculato e truffa, e determinato a prendersi una rivincita su
chi lo ha defenestrato dal Campidoglio, annuncia un tour nazionale per
sostenere le ragioni del No.