il manifesto 9.10.16
Un No che vale per tre
Referendum.
Il governo ha voluto fare della riforma la sua carta di identità ed ha
voluto anticipare una riforma elettorale che è addirittura valida solo
per la Camera dando per scontato che il Senato elettivo non esisterà
più, con la conseguenza, se vincerà il no, che si dovrà rifare la legge
elettorale
di Aldo Carra
Tutti dicono che sarebbe
preferibile un confronto di merito sui singoli aspetti della riforma
costituzionale, ma sia nei confronti tra partiti che nelle motivazioni
di voto dei singoli elettori, prevalgono valutazioni politiche di
carattere generale. Come mai?
La verità è che il voto del 4 Dicembre è un voto «politico», politico nel senso nobile di questa parola oggi tanto disprezzata.
Certo
sarebbe stato più facile se la riforma fosse stata suddivisa in più
provvedimenti separati in modo che il singolo elettore avrebbe potuto
dire dei si e dei no secondo le sue specifiche valutazioni. Così come
sarebbe stato preferibile discutere della riforma costituzionale in
presenza di una legge elettorale «neutra» cioè che non interferisse con
la riforma.
Ma così non è stato. Il governo ha voluto fare della
riforma la sua carta di identità ed ha voluto anticipare una riforma
elettorale che è addirittura valida solo per la Camera dando per
scontato che il Senato elettivo non esisterà più (con la conseguenza, se
vincerà il no, che si dovrà rifare la legge elettorale). Quindi la
scelta iniziale del governo di fare di queste due leggi un unicum e di
legare le sorti di Renzi al loro esito è stata una scelta consapevole e
chiara.
Ha fatto male? Ed i tentativi di aggiustare il tiro
dicendo che non si vota per Renzi e che la legge elettorale si potrà
anche cambiare sono sinceri?
Vedremo come evolverà la situazione.
Personalmente penso che dovremo saper distinguere tra scelte tattiche e
scelte strategiche e che, una volta per tutte, dobbiamo riconoscere al
progetto renziano una sua coerenza ed una sua vision senza ridurlo ad un
berlusconismo d’accatto. Berlusconi aveva una sua visione, ma essa era
fortemente intrecciata con interessi personali che la rendevano
permeabile e disponibile a compromessi.
Renzi a mio parere si
colloca su quella traccia ideale, ma è un animale politico, contaminato
certo anche da interessi locali ed amical-familiari, ma che esprime una
visione di fondo della democrazia e del potere. Una visione coltivata
dalle sue parti già prima dell’avvento di Berlusconi, ma che, come si
sta vedendo nel suo sapersi muovere a livello internazionale, è nuova ed
è funzionale alle attuali esigenze del capitalismo globalizzato e
finanziarizzato. In questa fase terminale del capitalismo, infatti, i
livelli decisionali si sono spostati sempre più in alto verso organismi
sovranazionali ed in questo contesto assetti istituzionali che danno
voce ai popoli ed alle loro rappresentanze istituzionali sono
considerati lussi che non ci possiamo più permettere. L’ideologia
renziana, la rottamazione ed il cambiamento, la velocità ed il
decisionismo, la relazione diretta premier-popolo facilitata dai nuovi
media, non sono elementi di colore del «ragazzotto di Rignano», ma
pilastri fondanti di una ideologia precisa. Ed i disegni collegati di
una costituzione velocizzata, di poteri del premier rafforzati con una
sola Camera composta da candidati da lui scelti ed un partito super
premiato, sono i pilastri di un nuovo edificio. Un edificio tenuto
insieme, nelle intenzioni, da un nuovo partito ricostruito dal basso con
i comitati per il sì che nascono a sua immagine e somiglianza. Quindi
un unicum ben preciso: nuova costituzione, nuova legge elettorale, nuovo
partito.
Questo è il disegno! Ambizioso e sul quale oggi gran parte dei vertici del partito sembra ritrovarsi.
Che
fare da sinistra per contrastarlo? Certamente far cogliere la grande
portata dello scontro in atto: se con un solo Sì si portano a casa tre
risultati – nuova costituzione, nuova legge elettorale, nuovo partito –
questo vale anche per il No. Un No che vale tre potrebbe essere il
nostro slogan.
Ma nei pochi giorni che abbiamo davanti dobbiamo
guardare anche al dopo e cercare di dare alla politica una nuova
dignità. Certo che dovremo saper argomentare il nostro no alla riforma
costituzionale, criticando il tipo di Senato che viene proposto,
contestando la strumentalizzazione sulla riduzione dei costi… Penso che
in questo contesto dobbiamo pure riconoscere la validità di certe scelte
(Cnel, limiti ai rimborsi dei consiglierei regionali…) e la necessità
comunque di accelerare l’iter legislativo, anche se in modo diverso
manifestando la nostra disponibilità ad un altro Senato… Ma attenzione
allo stop and go di Renzi, che prima ci propone i referendum su di lui,
poi di separare la riforma costituzionale dalla legge elettorale
portandoci a spasso dietro ai suoi tatticismi.
Prendiamolo sul
serio questo Renzi, riconosciamogli la dignità di una sua visione
politica, avversiamolo nel merito del suo progetto politico. Ed ai suoi
elettori che tendono a votare Sì per senso di appartenenza, rendiamo
chiaro che non siamo i conservatori dell’esistente, ma quelli che nel
passato hanno saputo difendere valori e diritti, ma anche cambiare e
conquistare. E che l’abbiamo fatto insieme a tanti di loro. Che non è
vero che dal ’44 ad oggi nulla è cambiato e che aspettavamo il
venticello renziano per poter respirare. E che, passato il referendum
con la vittoria del No che auspichiamo, sappiamo che dobbiamo affrontare
problemi enormi: la crisi economica e sociale dalla quale non si esce
ancora, i rischi di populismo ed i pericoli del riaffacciarsi delle
vecchie destre. Problemi tutti che richiedono una capacità di
riaggregazione del fronte democratico e di messa al centro dei problemi
del paese. Tutto il contrario delle politiche di annunci e divisioni che
hanno caratterizzato questi ultimi anni.