il manifesto 8.10.16
Il riscatto del marziano
di Norma Rangeri
A
parte la figuraccia di un premier che evita il confronto pubblico con
un blasonato politologo del No e di un servizio pubblico che lascia al
potere politico decidere dove, come e quando regalarci le sue
apparizioni, l’episodio del professor Pasquino, prima invitato e poi
gentilmente liberato dall’impegno, è segno di un crescente nervosismo
del premier. Uno stato d’animo che ieri certo non avrà tratto giovamento
dalla notizia dell’assoluzione di Ignazio Marino da ogni accusa. Una
bella botta per il presidente-segretario, che fino a sera non aveva
commentato il riscatto dell’ex sindaco.
Tra pochi giorni sarà
giusto passato un anno dalla defenestrazione dell’ex primo cittadino
della Capitale. Da quando, alla fine dell’ottobre 2015, accadde che un
partito, il Pd romano, con poche migliaia di iscritti, mandò a casa,
raccattando 26 firme da un notaio, un sindaco scelto da seicentomila
elettori.
Quel modo di cacciare Marino dal Campidoglio era già un
bell’esempio del modus operandi renziano, dell’escalation dirigistica e
centralistica che colpisce il paese fin nelle sue fondamenta
costituzionali.
Con un vistoso e inedito strappo alle regole
basilari della democrazia, Marino fu dimissionato dai due Matteo (Renzi e
Orfini) senza neppure l’ombra di una discussione pubblica nell’aula
solenne dell’assemblea capitolina. Bersaglio di una durissima campagna
dei grandi gruppi editoriali della Capitale, Marino diventò la pecora
nera del Pd che ne chiedeva le irrevocabili dimissioni con una sguaiata
rincorsa a chi sferrava l’accusa più affilata contro l’impresentabile
marziano, seguita da una indecorosa gara a chi applaudiva più forte alla
sua cacciata.
Ieri il giudice ha assolto l’ex sindaco dalle
gravissime accuse di falso, peculato e truffa perché il fatto (gli
scontrini) non sussiste e perché (le consulenze della Onlus) non
costituisce reato. Una soddisfazione postuma e un riscatto amaro per il
cittadino Ignazio, per gli elettori che lo avevano votato.
Come è
andata a finire è cronaca di oggi, con le difficoltà della giunta
pentastellata, obiettivo prediletto del Pd (quello stesso Pd di Renzi e
Orfini), e dei giornali (quegli stessi giornali dell’attacco a Marino).
Una volta abbattuto il marziano adesso il partito del presidente spara
cannonate contro la sindaca Raggi. Senza neppure rendersi conto di
quanto l’accanimento propagandistico contro i passi falsi della giunta e
le difficoltà oggettive che governare Roma comporta, possa rivelarsi un
boomerang contro la credibilità di chi lo lancia. Perché Renzi che ieri
ha tolto di mezzo Marino e oggi vuol farsi imprenditore della rabbia
contro la “casta”, non sembra ottenere grandi risultati visti i consensi
assegnati ai 5Stelle dai sondaggi.
Gli italiani sono ancora
indecisi sul che fare il 4 dicembre. Se nel paese dovesse prevalere
l’idea che Renzi vuole far fuori chi si oppone non per governare ma per
comandare, allora la notte dello scrutinio referendario potrebbe
riservargli qualche brutta sorpresa.