il manifesto 7.10.16
Studenti medi in 70 città per un «No» costituente
Contro
la "Buona Scuola". In piazza contro i presidi manager e l'alternanza
scuola-lavoro: "é basata sul lavoro gratuito e lo sfruttamento". Primo
appuntamento nell'agenda delle mobilitazioni per il "No" al referendum
costituzionale del 4 dicembre. Nuovo appuntamento il 29 ottobre, giorno
di inizio della campagna referendaria e di una "mobilitazione popolare"
di Roberto Ciccarelli
Studenti
medi oggi in piazza in settanta città contro la «Buona Scuola». Sarà
anche la prima manifestazione di un’agenda che si intreccia con l’evento
clou dell’anno: il referendum del 4 dicembre. La Rete della Conoscenza,
ad esempio, ha aderito alla «mobilitazione popolare» del 29 ottobre,
giorno di apertura ufficiale della campagna elettorale per il «No». «Il
governo ci accusa di essere conservatori – sostiene Francesca Picci,
coordinatrice nazionale dell’Unione degli Studenti – Noi pensiamo che la
Costituzione vada cambiata, ad esempio i Patti Lateranensi che
prevedono l’esclusivo insegnamento nelle scuole della religione
cattolica».
La decisione di manifestare per il «No» alla riforma
costituzionale si lega all’analisi della «Buona Scuola», l’altro
pilastro della politica renziana. All’istituzione del «preside-manager» e
il rafforzamento dell’alternanza scuola-lavoro – «Un’occasione per
avviare al lavoro gratuito e allo sfruttamento, non di vera formazione» –
gli studenti oppongono un’idea collegiale e cooperativa di istruzione
«in linea di continuità tra democrazia, istruzione e Costituzione».
Altro capitolo della mobilitazione è quello delle politiche del governo
per gli studenti.
Nella prossima legge di bilancio spunterà un
nuovo anglismo: lo «Student Act». Dopo una stagione di bonus a pioggia
ispirata alla cabala del numero 500, Palazzo Chigi proseguirà la
politica delle mance e delle discriminazioni. Nel provvedimento
spunteranno 500 «talenti» «superbravi» (non «plusdotati», espressione
usata ma poi ritirata in quanto forse troppo eugenetica). Non si
conoscono ancora i criteri che saranno usati per questa caccia al tesoro
da condurre nelle scuole italiane. I pochi fortunati «supergeni»
saranno dallo Stato con corsi di formazione e master, anche all’estero.
Previsti fondi da 270 milioni di euro contro i 290 già stanziati per
un’altra iniziativa populistica: il bonus dei 500 euro ai
neo-diciottenni. Misura – già rimandata più volte e ancora oggi ai
preliminari – che dovrebbe essere rinnovata anche per il prossimo anno.
In un anno il governo ha dunque erogato misure tanto dispendiose quanto
incerte – nei presupposti quanto nella legittimità costituzionale – pari
a 560 milioni di euro senza cambiare di una virgola il claudicante
sistema del diritto allo studio a cui saranno destinati solo 50 milioni
di euro. Invece di creare un reddito, mance per qualcuno (i 18enni e
basta) e una tutela per pochissimi.
A questi spiccioli si
aggiungono misure parziali come i 96 milioni per una «no-tax area» per
gli studenti meno abbienti (la soglia di reddito dovrebbe aggirarsi
attorno ai 13 mila euro), soglie che non rispondono alle richieste di
studenti e sindacati. «È una “caccia al voto” in vista del referendum,
vogliono comprare i diritti degli studenti in cambio briciole – sostiene
Picci – Il programma annuale per la valorizzazione delle eccellenze
prevede un investimento pari a 2,3 milioni di euro da destinare, in
scuole sia pubbliche che paritarie, agli studenti che nell’anno 2016
hanno conseguito la maturità con 100 e lode. È inaccettabile che si
faccia concepire il percorso di studi come una sfida a chi corre e chi
guadagna di più. Il governo promuove la stratificazione delle categorie
sociali in base a logiche meritocratiche e competitive che accentuano
disuguaglianze e guerra tra poveri».