il manifesto 5.10.16
Stefano Cucchi, la perizia del tribunale scagiona solo le forze di polizia
Giustizia.
Per il collegio di esperti nominati dal Gip, sconosciute le cause della
morte, forse «epilessia». Nessuna relazione con le fratture. Secondo la
sorella della vittima, Ilaria, il testo è confuso: «Ora processo per
omicidio»
Lo schema redatto dal collegio di periti che analizza le
cause della morte di Stefano Cucchi, avvenuta il 22 ottobre 2209 nel
reparto detentivo dell'ospedale Sandro Pertini di Roma
di Eleonora Martini
Quale
sia la causa esatta della morte di Stefano Cucchi non sa dirlo nemmeno
il collegio peritale nominato dal Gip dell’inchiesta bis che indaga sui
cinque carabinieri coinvolti nell’arresto del giovane, nella notte del
15 ottobre 2009. Solo due dati risulterebbero oggettivi e conclamati: la
frattura recente delle vertebre lombari e sacrali, considerata dagli
stessi periti una delle due ipotesi più probabili della morte del
geometra romano, e il ruolo “esiziale” del globo vescicale. Su tutto il
resto, nessuna certezza nel corposo documento di 250 pagine redatto dal
gruppo di esperti e consegnato ieri al Gip Elvira Tamburelli.
Eppure
le conclusioni a cui arriva il capo dei periti, il prof. Francesco
Introna, sono nette: la tesi «a nostro avviso» «dotata di maggior forza
ed attendibilità» non è la morte dovuta «a lesione delle radici
posteriori del nervo sacrale» ma quella «improvvisa ed inaspettata per
epilessia in un uomo con patologia epilettica di durata pluriennale, in
trattamento con farmaci anti-epilettici». Più chiaramente: «Le lesioni
riportate da Stefano Cucchi dopo il 15 ottobre 2009 non possono essere
considerate correlabili causalmente o concausalmente, direttamente o
indirettamente anche in modo non esclusivo, con l’evento morte», scrive
il medico legale del Policlinico di Bari seguendo una logica che appare
tutt’altro che stringente.
Immediate le reazioni di giubilo dei
sindacati di polizia e dell’immancabile senatore Carlo Giovanardi.
Eppure Ilaria Cucchi considera il documento una sorta di autogol di
Introna (alla cui nomina si è sempre opposta per via delle
frequentazioni del docente barese con quella destra pregiudizialmente
contraria alla processabilità delle forze dell’ordine): «Con una perizia
così ora sappiamo che finalmente abbiamo ottime possibilità di vedere
processati gli indagati per omicidio preterintenzionale – scrive la
sorella della vittima – Con buona pace dei medici e degli infermieri che
vengono continuamente assolti (quattro i processi conclusi finora,
ndr)».
Scrivono i quattro periti (tutti pugliesi) infatti «che
allo stato attuale non è possibile formulare alcuna causa di morte,
stante la riscontrata carenza documentale». Ma, si legge nella
relazione, «la tossicodipendenza di vecchia data può aver svolto un
ruolo causale favorente per le interferenze con gli stessi farmaci
antiepilettici alterandone l’efficacia e abbassando la soglia
epilettogena. Analogamente concausa favorente può essere considerata la
condizione di severa inanizione sofferta da Cucchi».
Solo che, fa
notare Ilaria Cucchi nel post pubblicato sulla sua pagina Facebook e
intitolato «Avremo un processo per omicidio», gli esperti «non sono
nemmeno d’accordo con loro stessi sull’effettiva assunzione della
terapia anti epilettica da parte di Stefano, che sarebbe l’elemento
centrale per arrivare, a dir loro, a quella causa di morte. Infatti,
mentre a pagina 196 della perizia sostengono che “non è verosimile che
Cucchi abbia assunto una terapia anti epilettica”, a pagina 186 invece
avevano scritto che aveva preso le medicine». In ogni caso la morte
epilettica, scrivono i prof. Introna e Dammacco a pag. 205, a
conclusione della perizia, è ipotesi «non documentabile, priva di
riscontri oggettivi, ma supportata da rilievi clinico scientifici».
Un’altra
possibile morte «improvvisa ed inaspettata», aggiungono, potrebbe
dipendere dell’«abnorme dilatazione» della vescica che ha fermato il
cuore e che è stata causata dalla «frattura traversa di S4». Eppure i
medici legali escludono categoricamente ogni nesso tra la morte e le
violenze subite dalla vittima e scaricano invece ogni responsabilità
sugli infermieri. Scrivono infatti: «Se il soggetto fosse stato
adeguatamente sorvegliato e sottoposto a monitoraggio infermieristico,
con controllo della diuresi, la dilatazione vescicale, del tutto
attendibilmente, non si sarebbe verificata».
Ma questa «frattura
di S4», ormai conclamata dallo stesso collegio, come è stata indotta,
secondo il parere dei medici legali nominati dal Gip? Due le ipotesi che
vengono formulate: quella «post traumatica diretta o indiretta,
realizzatasi durante una colluttazione» o quella «post traumatica in
seguito a caduta accidentale». E le parole non sono neutre.
«Il
perito Introna tenta di scrivere la sentenza finale del processo per i
responsabili del violentissimo pestaggio a mio fratello», è il commento
amaro di Ilaria.
Mentre il senatore Luigi Manconi giudica la
perizia «come minimo contraddittoria e approssimativa fino alla
confusione». Ora, conclude Manconi, «spetta alla Procura (il 18 ottobre
periti e consulenti si confronteranno in udienza davanti al Gip, ndr) e,
mi auguro, a un tribunale, decidere la dinamica della morte», «non
certo, a maldestri e spericolati difensori dei carabinieri che finiscono
come sempre col danneggiarne l’immagine e l’operato».