il manifesto 26.10.16
Profughi come merce di scambio
Bruxelles chiede chiarimenti, Renzi rilancia sui migranti
di Tommaso Di Francesco
Nell’arrivo
della lettera della Commissione Ue, tutti in preda ad collettivo
«Bartleby lo scrivano», fa rabbrividire che Renzi si vanti della
diversità perché «noi li salviamo» in mare». Ci mancherebbe altro dopo i
cimiteri marini in Egeo e Mediterraneo e di fronte alla tragedia dei
nostri centri di «accoglienza». Ma quanti ancora ne muoiono: perché
insieme ai salvati arrivano le bare dei sommersi. Preoccupa che Renzi
scopra ora il peso antidemocratico dei Paesi dell’Est, pronto a porre il
veto al bilancio Ue se non prenderanno la ripartizione dei migranti. E
minacciando che «l’Italia potrebbe non sopportare il flusso» dei
disperati? Ecco che i migranti diventano merce di scambio, paravento per
giustificare gli sforamenti dello zerovirgola dei bilanci nazionali
tagliati dall’austerità e sotto il vincolo del fiscal compact ormai
costituzionale.
Se la realtà delle leadership europee è questa,
immaginate quale può essere la dimensione sociale. A Goro, nel Delta
padano ferrarese – povero Bassani – fanno le barricate per impedire che
12 donne africane con otto bambini possano essere ospitati in un ostello
in disuso; nelle contee britanniche rifiutano, come da governo della
Brexit, i pochi minori in arrivo da Calais; fanno lo stesso nei
distretti francesi dove giungono i deportati dalla «giungla». È una
vergogna che il ministro degli interni Alfano per i fatti di Goro abbia
permesso al prefetto di fare marcia indietro, mentre non esita a far
intervenire la polizia ogni giorno contro le proteste sociali, come ieri
alla mensa universitaria di Bologna.
Il fatto è che la politica
dell’Unione europea sui migranti, o innalza i muri come fanno non solo a
Est ormai, o è alla disperata ricerca dei «posti sicuri» dove
esternalizzare l’accoglienza. Con la «riscoperta» dell’Africa – come
fanno Italia, Germania e Francia -, con rapporti diretti con Paesi che
violanoi diritti fondamentali degli esseri umani, come la dittatura
eritrea, il governo sudanese, egiziano, etiope, oppure la «serena»
Turchia del Sultano Erdogan. Fuggono dalla miseria prodotta dal nostro
modello di sfruttamento delle loro risorse e dalle nostre guerre che
hanno distrutto il Medio Oriente. E lì inesorabilmente vogliamo
ricacciarli.