mercoledì 26 ottobre 2016

Corriere 26.10.16
Il premier e lo scudo immigrazione contro le critiche Ue
di Massimo Franco

Ci sono due trincee dietro le quali Matteo Renzi ha scelto di resistere. La prima è quella di una legge di bilancio a dir poco controversa, sulla quale sembra pronto a sfidare la Commissione Ue. La seconda è l’immigrazione; e il premier si dice pronto a mettere un veto sul bilancio europeo del 2017 per protesta contro i Paesi che non accettano le quote di migranti assegnate da Bruxelles. Nelle ultime ore, è la questione che sta diventando prioritaria. La lettera di richiamo dell’Ue sulla manovra finanziaria italiana è appena arrivata. Ma sull’atteggiamento da assumere verso il governo Renzi si è preferito rinviare tutto al 5 dicembre: il giorno dopo il referendum.
Lo slittamento del confronto con i vincoli di spesa europei consente al capo del governo di non doversi preoccupare troppo almeno sul fronte dei conti. E l’annuncio della sua partecipazione al vertice del presidente Usa, Barack Obama a Berlino, il 18 novembre, con Germania, Francia e Gran Bretagna, attenua le frustrazioni dei mesi recenti; e gli restituisce visibilità continentale appena due settimane prima del referendum. Soprattutto, permette a Renzi di avvicinarsi alla consultazione ribadendo le sue previsioni ottimistiche sull’andamento dell’economia, a dispetto di tutte le voci contrarie; e di difendersi dall’accusa di violare le regole dell’Ue.
«Nel primo semestre abbiamo fatto lo 0,7 per cento. Sono ottimista che nel 2016 si arrivi all’1 per cento», ha detto. E rivendicato «il record di recupero della lotta all’evasione fiscale». Ancora, ha sostenuto di avere rispettato le regole, perché «non c’è aumento delle tasse». Ha aggiunto che «di violazioni nell’Ue ce ne sono tante», citando Francia e Spagna. «Io non vado avanti per conto mio ma per conto dell’Italia..». Sono affermazioni sulle quali molti avranno da ridire. Ma per Palazzo Chigi quello della crescita è un tema delicato e strategico. Non a caso ieri il governo ha schierato in tv anche il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan.
È toccato a lui il compito di arginare le polemiche sul ritardo della legge di bilancio, non ancora presentata in dettaglio al Parlamento. «Ragioni tecniche», ha detto Padoan. Accreditare un inizio di ripresa significa legittimare quanto è stato fatto finora: anche se i numeri sono avari. Le tensioni sociali contro i migranti nascono sullo sfondo della stagnazione economica. Le barricate a Gorno, in Emilia Romagna, per impedire a una ventina di donne e bambini profughi di essere ospitati, sono un segnale che esaspera un’emergenza latente: problema aggravato dall’egoismo delle nazioni che non assorbono i migranti, e dall’incapacità dell’Ue di imporsi.
Le minacce di Renzi sul bilancio europeo del 2017 sono figlie di una situazione che non accenna a cambiare; e che espone il governo a un rafforzamento dei partiti xenofobi.
La reazione del premier alla lettera arrivata ieri da Bruxelles va inserita in questo contesto. «Il richiamo dell’Unione Europea? Se l’Europa vuole abbassare le spese dell’Italia sui migranti, basta che li accolgano anche loro. Non si limitino ad aprire le bocche ma aprano le porte». È un appello obbligato, davanti a un’offensiva delle opposizioni che accusano il governo addirittura di preferire gli stranieri agli italiani.