il manifesto 25.10.16
Il sostegno a Rajoy spacca il Psoe. Socialisti catalani e delle Baleari contrari
Dieci mesi senza governo. Il leader dei popolari verso l’investitura, tra sabato e domenica
di Luca Tancredi Barone
BARCELLONA
Si chiude oggi il quinto giro di consultazioni di Felipe VI in dieci
mesi. Suo padre Juan Carlos ne aveva fatti 10 in 36 anni. Stavolta però
la crisi politica spagnola si sta per chiudere. Gli ultimi a parlare con
il monarca oggi, per ordine inverso di grandezza, saranno i quattro
leader dei partiti principali. Dopodiché, entro domenica, Mariano Rajoy
si dovrà presentare in parlamento due volte: alla prima verrà di nuovo
bocciato, ma in seconda votazione, probabilmente fra sabato e domenica, a
poche ore dal termine ultimo prima del secondo scioglimento anticipato,
acquisirà i pieni poteri di capo del governo. La Spagna è senza governo
dal dicembre scorso.
La situazione è cambiata grazie al terremoto
socialista che ha spazzato via il segretario del «No è no», Pedro
Sànchez, e ha consegnato transitoriamente il potere ai rappresentati
dell’ala più legata al «sistema».
Domenica scorsa, in un Comitato
federale storico, il Partito socialista operaio spagnolo ha deciso per
la prima volta di consegnare il potere al Partito Popolare. Senza
chiedere nulla in cambio. La posizione, approvata da meno del 60% del
partito e senza consultare le basi, sarà quella di votare No in prima
votazione e di astenersi nella seconda, quella che con la maggioranza
semplice dei voti darà a Mariano Rajoy le chiavi dell’esecutivo. Ma la
spaccatura del partito socialista rimane: c’è chi si arrampica sugli
specchi per spiegare che è la migliore soluzione per la Spagna – nuove
elezioni restituirebbero la maggioranza assoluta al Pp, spiegano – e chi
invece, nonostante le velate minacce, ha già detto che in nessun caso
voterà l’astensione a Rajoy. Tra cui i socialisti catalani e quelli
delle Baleari, nonché altri parlamentari di spicco. La commissione di
gestione del partito, che non ha ancora fissato un congresso, non si è
ancora sbilanciata sulle conseguenze per chi «disubbidirà» agli ordini
di scuderia, ma i dissidenti già chiedono «generosità» e «comprensione».
Comunque,
al Pp bastano solo 11 astensioni. Rajoy, che vede la sua strategia
attendista e passiva premiata dai fatti, definisce quella socialista una
«decisione ragionevole», mentre Unidos Podemos si considera la «vera
opposizione» al Pp. Il leader di Izquerda Unida e portavoce aggiunto di
Unidos Podemos, Alberto Garzón, che ha visto il re ieri, ha definito
l’astensione come «tradimento storico» e, in riferimento al dibattito
che sta dividendo Podemos, ha assicurato che l’opposizione sarà sia
nelle piazze che nelle istituzioni. Infatti, ha spiegato Garzón, è ovvio
che l’appoggio del Psoe al Pp comporterà anche altri «accordi
programmatici», come il sostegno alla legge di bilancio lacrime e sangue
fra pochi giorni. Nel frattempo la direzione di Podemos ha fatto sapere
che, benché le federazioni locali siano sovrane, sosterrà l’eventuale
loro decisione di ritirare l’appoggio ai presidenti regionali
socialisti.
Inizia una legislatura che sarà certamente movimentata.
Ma il Pp, nonostante la perdita di più di 4 milioni di voti e della
maggioranza assoluta, tornerà a occupare la stanza dei bottoni. Vedremo
se e come Rajoy saprà navigare in questo nuovo panorama politico.