il manifesto 22.10.16
Gerusalemme, l’invasione degli ultracristiani
I
cristiani sionisti, in prevalenza evangelici, sono sempre di più
decisivi per negare i diritti dei palestinesi e per sostenere il governo
Netanyahu e il movimento dei coloni
di Michele Giorgio
GERUSALEMME
«E ora salutiamo con un applauso il Paese che amiamo e ammiriamo:
Israele». Esplode la gioia dei cinquemila stipati nella Pais Arena, il
palazzo dello sport di Gerusalemme, accompagnata da musica sparata a
tutto volume. Sulle tribune è un tripudio di colori, di bandiere
diverse. Chi le sventola è giunto dalla Cina, dal Perù, dal Brasile,
dalle isole Fiji, da Taiwan, dall’Africa, dall’Europa, dagli Stati
Uniti. In lontananza si scorgono anche un paio di bandiere italiane.
Tanti alzano le braccia al cielo tenendo gli occhi chiusi. Altri
danzano, sorridono, si abbracciano catturati dall’estasi. Poi scende il
silenzio quando sull’ampio paloscenico prende la parola Jurgen Buhler.
Tedesco, scienziato prestato alla fede e da alcuni anni direttore
esecutivo dell’Ambasciata Cristiana Internazionale a Gerusalemme (Acig),
Buhler per una trentina di minuti rivolge ai presenti un discorso,
quasi un appello, a sostegno di Israele, della coppia «che è fatta di un
uomo e di una donna» ripete più volte, della centralità della famiglia e
di una copiosa procreazione e della fede in Dio e in Gesù Cristo «che
possono salvarci dalle malattie e donarci la vita eterna». A questo
punto sul palcoscenico salgono altri predicatori. Insieme a Buhler
invitano gli ammalati gravi ad avvicinarsi. Inizia una processione di
decine di persone con la disperazione dipinta in volto, in lacrime,
alcuni giovani, che avanzano lentamente verso i predicatori che a turno
afferrano il microfono e scandiscono urlando «Credi in Dio, credi in
Cristo, ti stanno già guarendo, tu stai già meglio grazie alla tua
fede».
Anche quest’anno è stata un successo la settimana di
iniziative, dibattiti, tour, preghiere collettive, organizzata a
Gerusalemme dall’Ambasciata Cristiana Internazionale, in occasione della
festa ebraica dei Tabernacoli. Le presenze aumentano di anno in anno
grazie al lavoro delle 18 sedi aperte dall’Acig in altrettante parti del
mondo (una anche in Italia). E se prima a mobilitarsi in questa
occasione erano esclusivamente gli evangelici, ora a questa folta
schiera si uniscono anche tanti cattolici e qualche ortodosso. Tutti
insieme giovedì hanno sfilato per le strade di Gerusalemme sventolando
le loro bandiere e quelle di Israele, per sollecitare i vertici delle
Chiese e i leader politici cristiani a rinunciare alla diplomazia per
abbracciare senza esitazioni le posizioni Israele, così da respingere
«la minaccia islamica» e negare le rivendicazioni territoriali dei
palestinesi. In questo quadro Gerusalemme è solo di Israele e la recente
risoluzione dell’Unesco sulla Spianata delle Moschee è vista come una
«vergognosa negazione» dei diritti degli ebrei sul Monte del Tempio,
distrutto duemila anni fa e che dovrà essere ricostruito.
Un tempo
si sarebbe parlato un fenomeno riconducibile soltanto a correnti
all’interno delle chiese evangeliche. In particolare negli Stati Uniti,
alla Christian Coalition of America, l’organizzazione che include
esponenti del mondo cristiano fondamentalista e neo-evangelicale,
fondata da Pat Robertson. Oppure si sarebbe fatto riferimento al pastore
americano John Hagee, notissimo, che da anni annuncia la seconda venuta
di Cristo a difesa di Israele e la distruzione dell’Anticristo
(l’Islam) che in un suo video propagandistico è raffigurato come un
cavallo di colore verde che sta per travolgere l’umanità. E non si può
dimenticare il reverendo Tim LaHaye, morto qualche mese fa, coautore con
Jerry Jenkins della serie di bestseller apocalittici “Left Behind”: 16
romanzi, scritti tra 1995 e 2007, basati sui libri di Isaia, Ezechiele e
dell’Apocalisse che hanno venduto 65 milioni di copie nella cosiddetta
“cintura della Bibbia” spodestando autori del calibro di John Grisham.
Oggi però è più giusto parlare di cristiani sionisti, una galassia di
persone ed organizzazioni in tutto il mondo, spesso in contrasto con le
Chiese protestanti tradizionali, che ha un bacino di militanti e
simpatizzanti intorno ai 30 o 40 milioni solo negli Usa, che abbina ad
obiettivi politici molto concreti, come il sostegno allo Stato di
Israele e al suo controllo territoriale tra il Mediterraneo e il fiume
Giordano, al messianesimo che vede nel ritorno degli ebrei nella Terra
Promessa il segno del progressivo compimento delle profezie bibliche e
del nuovo avvento di Cristo.
In questi ultimi anni tra i cristiani
sionisti ha preso sempre più piede “l’ala politica” che proponendo, di
fatto, la sostituzione e applicazione sul terreno del testo biblico al
diritto internazionale, mira ad annullare le rivendicazioni dei
palestinesi sotto occupazione e a cancellare definitivamente la
soluzione dei “Due Stati”, Israele e Palestina. Non a caso si sono fatti
sempre più stretti i rapporti di questi cristiani con la destra
israeliana e il movimento dei coloni ebrei in Cisgiordania. Mercoledì è
stato Naom Arnon, uno dei rappresentanti più noti del movimento dei
coloni, a guidare nelle strade di Hebron una delegazione di 18
parlamentari cristiani giunti da tutto il mondo per «verificare di
persona le bugie che raccontano i media sulla condizione della città».
Lungo le sale della Tomba dei Patriarchi, Arnon, presentato con un
esperto di religioni forte di un dottorato, ha spiegato ai parlamentari e
ai giornalisti presenti che «Abramo comprò il sito di Hebron in modo
che venisse consegnato migliaia di anni dopo allo Stato di Israele e al
popolo ebraico». Nonostante si tratti di un racconto religioso e la
stessa esistenza e la storicità di Abramo (ritenuto il padre del
monoteismo anche da musulmani e cristiani) non siano mai state
confermate da testimonianze indipendenti dalla Genesi, molti dei
presenti hanno annuito ascoltando le parole di Arnon. Una conferma di
quanto stia prevalendo anche in settori del mondo politico occidentale
l’idea di una supremazia del testo biblico sulla storia e il diritto
internazionale.
Il sostegno dei cristiani sionisti alla
colonizzazione si è moltiplicato. «Raccolgono fondi ingenti per gli
insediamenti coloniali – ci dice Liat Schlesinger, una ricercatrice del
Centro per la Democrazia “Molad” di Tel Aviv, che da anni tiene sotto
osservazione queste attività – ci sono Ong cristiane che mettono
centinaia di volontari a disposizione delle attività dei coloni e
finanziano generosamente un numero crescente di progetti nelle colonie».
Negli ultimi dieci anni, spiega Schlesinger, i cristiani sionisti
leader hanno sviluppato stretti legami con importanti politici e
parlamentari in Israele ai quali talvolta offrono favori e vacanza
pagate. Dal 2006 al 2014, una ventina di parlamentari israeliani hanno
goduto di 69 viaggi in varie destinazioni in tutto il mondo per gentile
concessione di organizzazioni cristiane che in cambio otterrebbero
facilitazioni per l’apertura chiese e centri di teologia in Galilea.
«Soprattutto questi cristiani hanno stretto i legami con i coloni con i
quali condividono una agenda sociale conservatrice e una profonda
ostilità verso l’Islam», aggiunge la ricercatrice di Molad «negli ultimi
anni, decine di milioni di dollari, sono affluiti negli insediamenti
per progetti che vanno dalla costruzione di edifici pubblici alla quella
dei serbatoi dell’acqua. Le organizzazioni cristiane sioniste offrono
un gran numero di volontari per gli agricoltori nelle colonie, anche
negli avamposti illegali». All’interno di Israele, conclude Schlesinger,
«queste organizzazioni svolgono campagne contro l’aborto e i gay
assieme alla destra locale. Dicono di essere cristiani che amano gli
ebrei mentre in realtà amano solo la destra e i coloni».
I vertici
della politica israeliana hanno un doppio atteggiamento verso i
cristiani sionisti. Da un lato ricercano e ottengono il loro appoggio,
specie negli Stati Uniti e in Europa, e contano sempre di più sulle loro
attività a sostegno “diplomatico” di Israele. Da qualche tempo esiste
un coordinamento tra le due parti volto a combattere il Bsd, la campagna
di boicottaggio di Israele avviata in molti Paesi occidentali in
reazione alla negazione dei diritti dei palestinesi e dell’occupazione
di Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme est. Gruppi cristiani sionisti hanno
contribuito a mobilitare un po’ ovunque governi e parlamenti contro il
Bds nonchè a bloccare iniziative, anche culturali, di enti locali e
istituzioni pubbliche a sostegno dei palestinesi facendole passare come
attività fiancheggiatrici del terrorismo e antisemite. Dall’altro
l’establishment politico israeliano mantiene all’interno del Paese un
atteggiamento prudente. Sul piano religioso questa corrente cristiana
crea non pochi imbarazzi, poichè vede nel compimento delle profezie il
momento in cui gli ebrei accetteranno Gesù Cristo come il loro messia.
Le
autorità religiose da parte loro guardano con occhi diversi ai
cristiani sionisti. «I rabbini che fanno capo alla destra religiosa e al
movimento dei coloni, pensano che questi gruppi vadano usati
tatticamente a beneficio di Israele» ci spiega l’analista Michael
Warshawski «allo stesso tempo sono diffidenti, sanno che il fine ultimo
di questi cristiani non è il bene degli ebrei. I rabbini della comunità
ultraortodossa invece non hanno alcun contatto con questi sionisti non
ebrei e, a mio avviso, molti di essi neppure conoscono questa corrente,
fuori dai loro interessi e campo di studio».