il manifesto 22.10.16
Stipendi, la tagliola 5 Stelle alla camera
Indennità. Chiamata «alle armi» dei grillini a Montecitorio dopo il boomerang sui compensi
di Giuliano Santoro
ROMA
Tre anni sono tanti nella giovane eppur turbolenta storia del Movimento
5 Stelle. Non capitava più da tanto, e precisamente dalla mobilitazione
in verità smantellata di corsa nei caldi giorni della rielezione di
Napolitano dell’aprile del 2013, che i grillini convocassero una piazza
che non fosse un comizio elettorale. Lo hanno fatto ieri per bocca del
senatore Nicola Morra, anche lui balzato alle cronache nelle polemiche
sui rimborsi e le spese allegre alle quali i deputati del M5S
ricorrerebbero per compensare l’annunciata riduzione degli stipendi. «Da
lunedì si discuterà la nostra proposta per tagliare i compensi dei
parlamentari – scrive Morra su Facebook – Come voterà il Pd? In pochi
potranno entrare a Montecitorio per assistere alla votazione, ma lì
fuori dobbiamo essere in tanti a farci sentire!».
L’appuntamento
si inscrive nelle vicende tormentate di questi giorni, fatte di
divisioni interne e fratture che hanno prodotto il ritorno di Beppe
Grillo alla testa del Movimento 5 Stelle. Il suo protagonismo passa per
il tema forte dei costi della politica. Alla Casaleggio Associati sanno
bene che questo è uno dei canovacci che ha colpito di più l’immaginario
degli elettori e che ha causato l’istantanea crescita della sua creatura
politica. Ecco quindi che sul blog, da mesi in calo di contatti e
sempre meno al centro delle strategie comunicative pentastellate, la
questione dei quattrini torna in primo piano. Da ieri appare in un
banner: segna il conto alla rovescia che indica quanti giorni, ore e
minuti mancano «alla legge per il dimezzamento degli stipendi in
Parlamento».
«Il Pd pone il tema del taglio ai costi della
politica, tanto da farne punto prioritario della propaganda
referendaria, siamo sicuri, per un minimo di logica, ma proprio poca
poca logica, che il Pd voterà a favore di questo provvedimento» aveva
spiegato Grillo nei giorni scorsi, lanciando l’iniziativa. Oggetto del
contendere, la proposta di legge, prima firmataria Roberta Lombardi, che
conta di realizzare un taglio netto di 61 milioni di euro all’anno
sugli stipendi e di 26 milioni di euro di spese telefoniche e di
viaggio. Grillo usa il tema in diretta polemica con la riforma
Renzi-Boschi, visto che, dice, con una legge ordinaria si porterebbe a
casa «un risparmio molto più alto di quello presunto derivante dalla
riforma (58 milioni), ma ottenuto senza stravolgere l’asse
costituzionale dello Stato».
Il co-fondatore del M5S sa bene che
in politica come nella comunicazione la miglior difesa è l’attacco,
conta così anche di rispondere alle polemiche esplose in questa
settimana da dentro il M5S sui rimborsi-spese di Luigi Di Maio, da cui è
scaturito una specie di effetto domino sui conti degli altri
parlamentari grillini che ha lasciato pochi incolumi. Il Pd però ci
casca con tutte le scarpe ed invoca la tecnica parlamentare,
sottolineando come il testo Lombardi arriverà in aula senza che ci sia
stato neanche un voto in commissione e senza il mandato al relatore. Dal
M5S accusano la maggioranza di voler sabotare la proposta e chiedono
che venga separata dalle altre cinque presentate sullo stesso tema.
Lunedì
in ogni caso si svolgerà la discussione generale e tra martedì e
giovedì si voterà il provvedimento. «Tenteranno di rimandare il testo in
commissione e di rinviare il tutto alle calende greche» prevedono i 5
Stelle. Danilo Toninelli intravede un esito già scritto: «Martedì sarà
il giorno del delitto».
La tensione sale proprio all’ultimo round
del voto online sulle modifiche al «non-statuto» del M5S necessitate
dalle beghe legali causate dagli espulsi, per approvare le quali è stato
fissato una specie di quorum simbolico del 75 per cento degli iscritti
al blog, soglia astronomica se si considera la bassa propensione a
partecipare dei seguaci di Grillo.
Così, nonostante ci sia stato
un mese di tempo per cliccare e malgrado gli inviti all’affluenza
virtuale ad opera dei big del Movimento, si va verso un nulla di fatto.
Che lascia inalterati i problemi di dissenso interno. Proprio ieri Paolo
Putti, ex candidato sindaco a Genova e attuale capogruppo in comune, ha
annunciato il suo addio in dissenso con la linea dettata da Grillo.