il manifesto 22.10.16
Manovra, Renzi contro Bruxelles ma Boeri lo attacca
Legge
di bilancio. Il premier: «Non abbiamo chiesto flessibilità». Il
presidente Inps: «Non investe sui giovani». Dietro front sulla «legge
Corona» sui contanti. Dietro i toni duri c’è però la disponibilità a
trattare alcune modifiche, purché la Commissione non chieda cambiamenti
che stravolgano la natura della manovra
di Andrea Colombo
ROMA
Renzi non si difende ma attacca. Non aspetta il verdetto della
Commissione europea sulla sua manovra, neppure si incontra con Juncker,
come previsto sino alla vigilia, ma cerca di mettere subito un punto
fermo: «La manovra non cambia. Non abbiamo chiesto che la Ue ci conceda
flessibilità ma le clausole eccezionali previste dal trattato per
migranti e terremoto». Nella conferenza stampa da Bruxelles il premier
italiani va giù a ruota libera: «L’Italia non viene in Europa a farsi
dire cosa deve e cosa non deve fare. Non può venire qua a ratificare
altrui decisioni, anche perché ogni anno mettiamo 20 miliardi sul tavolo
e ne riprendiamo 12. Io non sono Gianburrasca: difendo l’interesse
nazionale». Intanto però in serata sembra sia arrivato un primo dietro
front: sulla voluntary disclosure per il contante, il condono fiscale
che molti avevano definito «legge Corona».
Poi, chi è senza
peccato scagli la prima pietra. Procedura d’infrazione? «Che ipotesi
suggestiva. Me la aspetto nei confronti dei paesi che violano i patti
sui migranti». Mancato rispetto delle regole? «Il bilancio della
Germania ha molti problemi a cominciare da un surplus commerciale che
non rispetta le regole. Spero che i nostri amici possano provvedere al
riequilibrio». Sforamento del tetto nel rapporto deficit/Pil? «La
Francia è al 3%, noi al 2,3%. Siamo nella situazione migliore rispetto a
tutti gli ultimi governi italiani del passato». Il tutto condito con il
dovuto di toni sprezzanti, soprattutto a proposito del vero e proprio
odg del Consiglio, l’immigrazione: «Un consiglio di routine. Qualche
parola buona ma le parole non bastano. Ci aspettiamo i fatti».
Sembra
uno scontro frontale ma a leggere tra le righe si capisce che non è
così. Dopo aver tuonato il suo «Ma la manovra non cambia. Punto», Renzi
specifica: «La sostanza delle misure non cambia. Non cambiano quelle
sulla sanità e i farmaci oncologici restano priorità assoluta». La palla
passa quindi alla Commissione: «Sta a loro dirci cosa c’è che non va
secondo loro». È un messaggio doppio e nemmeno troppo cifrato. Renzi
avverte l’Europa che non potrebbe accettare una richiesta di revisione
radicale della manovra nella sua struttura. Sa che proprio quello è il
punto più dolente per i tecnici della Ue, la natura per nulla strategica
della manovra, il suo essere basata su introiti volatili impossibile da
prevedere con certezza, come i proventi della volontary disclosure, e
comunque non replicabili in futuro. Su quel fronte però Renzi, col
referendum di mezzo, proprio non può cedere e Juncker dovrà farsene una
ragione, magari in nome dell’«interesse superiore».
Sul resto, in
particolare su quel miliardo e 600mila euro eccedente il tetto fissato
da Juncker, su tutto quel che non è «la sostanza delle misure» si potrà
trattare, ma a suo tempo e con la dovuta delicatezza.
Il capo del
fronte del Sì dedica al referendum uno spazio specifico nella sua
prolusione. Conferma di aver chiesto agli eurodeputati di impegnarsi.
Ricorda che il voto non è tra lui e D’Alema. Segnala che tanti ex
premier sono per il No. Come dire che qui in ballo c’è una sfida tra il
passato e il futuro. Ma in realtà tutta la conferenza stampa è campagna
referendaria, e il gioco diventa sfacciato quando, a proposito delle
misure che non cambieranno, il premier adotta un puro stile Salvini.
Citando la necessità di «superare il modello vampiresco di Equitalia».
Non che abbia torto quando ricorda che una trattativa come quella che è
in corso si ripete a ogni legge di bilancio, ma la scelta di adoperare
toni da scazzottata dipende dalla necessità di portare sulle sponde del
Sì gli elettori del centrodestra, quelli che proprio parole e accenti
del genere vogliono sentire.
Propaganda a parte, però, la
situazione della manovra non è affatto facile. Non è arrivata alla
Camera neppure ieri, pur essendo scaduti i termini regolamentari già
giovedì. Arriverà probabilmente venerdì, ma il ritardo segnala un lavoro
di correzione e limature frenetico. M5S e Forza Italia, con Brunetta,
denunciano la sfrontata violazione della legge e il forzista chiede
l’intervento del capo dello Stato: «Mattarella non ha nulla da dire?».
In effetti è una buona domanda.
Il presidente dell’Inps Tito Boeri
lancia una granata pesante: la manovra penalizza i giovani e in più il
grosso delle quattordicesime va a persone che non sono povere». La
replica, balbettante, è del ministro Poletti: «Servono anche
provvedimenti con cui rendere più accogliente la società». Davvero
imbarazzante.