il manifesto 21.10.16
Roma VIII
Il municipio grillino sfratta «il cosiddetto Archivio Ingrao»
di Giuliano Santoro
ROMA
La lettera con tanto di protocollo e intestazione ufficiale è partita
dagli uffici del municipio Roma VIII alla fine del mese scorso, proprio
mentre cadeva l’anniversario della scomparsa di Pietro Ingrao. Recita:
«Al fine di reperire spazi per il personale municipale si rende
necessario riacquisire la piena completa disponibilità del locale in cui
è ospitata in via temporanea la raccolta di testi e documenti del
cosiddetto ‘Archivio Ingrao’» .
In calce c’è la firma del
direttore del municipio, che invita codesta Fondazione a prendere
accordi con la scrivente Direzione, entro e non oltre 15 giorni dal
ricevimento della presente, per il ritiro del materiale ci cui
trattasi». La Fondazione cui si fa riferimento è il Centro per la
Riforma dello Stato, struttura che Ingrao ha presieduto e che in
occasione dei novant’anni dell’ex presidente della Camera e storico
dirigente comunista aveva acquisito le sue carte, poi sistemate nei
locali del municipio attualmente governato dal Movimento 5 Stelle.
La
vicenda dice molto delle pericolose derive della via romana al
grillismo. Da una parte c’è la fredda lingua degli automatismi
burocratici con la quale si esorta a sgomberare faldoni e volumi di un
pezzo di storia di questo paese. Dall’altra un pezzo di Roma.
In
questo municipio, tra l’Appia e l’Ostiense abitano 130 mila persone e
vivono diverse storie della sinistra diffusa. Dopo lo sconvolgimento
elettorale dello scorso giugno la giunta è presieduta dal grillino e
funzionario Eni Paolo Pace. Sempre in questo municipio, tra i lotti di
Garbatella, nel mezzo di un parchetto intitolato a Cavallo Pazzo, si
trova Casetta Rossa, trattoria popolare e laboratorio di partecipazione.
Occupata nel 2002, tre anni fa Casetta Rossa ha vinto un bando per la
gestione del verde e degli spazi comuni. Adesso il municipio chiede che
vengano eseguiti lavori e che siano ultimate opere entro dieci giorni,
condizioni che gli attivisti considerano pretestuose e che per molti
sono una sorta di rappresaglia. Dalle parti del nuovo governo
municipale, non avrebbero apprezzato che a Casetta, convenzione col
municipio o meno, si sentano liberi di esprimersi sull’amministrazione e
sul suo operato.
Il fatto è che il presidente Pace è a corto di
fondi come molti suoi colleghi. Ha chiuso il Centro antiviolenza e
sfrattato il locale gruppo di protezione civile. Pace ha pensato bene di
dichiarare guerra a determinate forme di vita e insistere sui temi a
costo zero del «decoro», lanciando campagne contro i rovistatori di
cassonetti, flirtando coi Retake, i gruppi di «volontari» armati di
spugnette che hanno giurato guerra a writers e artisti metropolitani.
Quella di Pace è un’idea di «bene comune» da preservare igienicamente
che si scontra con chi gli spazi pubblici vuole usarli per davvero. La
scorsa settimana, ad esempio, il murale che ritrae la faccia di Carlo
Giuliani e stato cancellato: una mano di bianco sulla storia.
Prontamente, le reti del quartiere hanno convocato un appuntamento
pubblico e provveduto a ripristinare la memoria dei movimenti.
Virginia
Raggi non si esprime: sarebbe in procinto di scegliere il capo di
gabinetto. Ieri si faceva il nome di Luca Uguccioni, già segretario
generale del Comune di Bologna a guida Pd.
Ieri pomeriggio un
corteo è partito dal Colosseo alla volta del Campidoglio per protestare
contro il sequestro del centro sociale Corto Circuito, avvenuto ormai
una settimana fa. Gli occupanti hanno ottenuto un incontro col
presidente del consiglio comunale Marcello De Vito e con l’assessore al
bilancio Andrea Mazzillo. Prima di ieri le uniche parole
dell’amministrazione definivano il padiglione costruito in bioedilizia
un «abuso» e le vasche della permacoltura «laghetti malsani».
Dietro la retorica del decoro e della tolleranza zero, molto spesso, si nasconde una mera questione linguistica.