il manifesto 1.10.16
Palestinesi stanchi delle promesse non mantenute da Obama
Intervista.
Parla Ghassan al Khatib, analista della Bir Zeit Università: Abu Mazen è
andato ai funerali di Peres per aiutare la causa palestinese. Le
critiche del presidente americano a Netanyahu non hanno gambe, non
portano mai a nulla
di Michele Giorgio
GERUSALEMME
La foto ha subito fatto il giro della rete: il presidente palestinese
Abu Mazen e il premier israeliano Netanyahu che si stringono la mano. Un
gesto che non si vedeva da anni e che ha fatto parlare di disgelo e di
ripresa delle trattative tra le due parti. Le cose sono ben diverse. Lo
scontro tra il leader dell’Anp e il primo ministro israeliano non è
terminato, anzi, e le due parti continueranno a scambiarsi accuse
durissime. Di ciò e del significato dell’eulogia di Peres fatta ieri da
Barack Obama al Monte Herzl di Gerusalemme abbiamo parlato con
l’analista Ghassan al Khatib, docente di scienze politiche
all’università cisgiordana di Bir Zeit.
Abu Mazen è stato l’unico
leader arabo a partecipare ai funerali di Shimon Peres. Una scelta che
tanti palestinesi hanno accolto con disappunto
Abu Mazen non era
in una posizione facile, era preso tra due fuochi. Sapeva che i leader
occidentali si aspettavano di vederlo oggi (ieri) a Gerusalemme.
Probabilmente deve aver pensato che essere ai funerali di Peres avrebbe
migliorato la sua immagine e quella della causa palestinese sulla scena
internazionale.
E ha ottenuto questo risultato
Credo di sì.
Certo il passo mosso da Abu Mazen non porterà ad alcun progresso
effettivo per il rilancio delle trattative. Tuttavia se mettiamo la sua
decisione in relazione ai rapporti che l’Autorità nazionale palestinese
mantiene con gli Stati Uniti e l’Europa allora la scelta è stata quella
giusta, sebbene alla popolazione (palestinese) o a gran parte di essa
non sia piaciuto vederlo onorare un leader israeliano associato alla
catastrofe nazionale palestinese. In queste situazioni è sempre un
dilemma compiere passi che possono avere dei risultati positivi
all’esterno e tradire allo stesso tempo le aspettative della propria
opinione pubblica.
Come si interpreta sul lato palestinese
l’elogio funebre di Peres pronunciato da Barack Obama. I palestinesi
pensano che sia stato una critica indiretta alla politica oltranzista
del premier israeliano Netanyahu come sostengono alcuni
Senza
alcun dubbio è stata una critica indiretta della politica di Netanyahu e
del suo governo nei confronti dei palestinesi. Però siamo nella
situazione abituale. Le critiche di Obama sono sempre generiche, in
questi otto anni non si sono mai tradotte in azioni sul terreno. E
soprattutto non hanno mai fermato l’appoggio degli Stati Uniti a Israele
e a Netanyahu. Le parole di Obama non significano nulla per Israele
perchè non rappresentano una forma di pressione concreta.
Quindi le frasi pronunciate da Obama non hanno lasciato alcun segno positivo tra i palestinesi
Per
forza, perchè queste critiche non hanno braccia, non hanno gambe, non
hanno mani, non hanno conseguenze pratiche di alcun tipo. E il popolo
palestinese, anche le persone che non seguono abitualmente la
diplomazia, pensa che siano discorsi vuoti che non porteranno ad alcun
cambiamento. Obama è stato una delusione cocente per i palestinesi. Il
presidente aveva affermato nel suo famoso discorso (al Cairo) del 2009
di avvertire la pena del popolo (i palestinesi) senza uno Stato e la
libertà. Ma quelle parole non hanno messo in moto i cambiamenti che i
palestinesi si aspettavano nella politica Usa in Medio Oriente. Dopo
otto anni la nostra popolazione ha compreso la sostanza delle promesse e
delle dichiarazioni di Obama. Le ascolta e le alza le spalle,
semplicemente perché sa che non cambierà nulla. E questo non vale solo
per gli Stati Uniti, anche in Europa. Ogni volta che il governo
Netanyahu espande le sue colonie nelle nostre terre i governi
occidentali non fanno nulla di concreto per fermarlo. Israele sa che
sono soltanto parole e continua la sua politica senza temere alcun tipo
di sanzione.
Parole simili alle promesse di pace fatte da Peres per una quarantina di anni
Appunto.
In Occidente l’ex presidente israeliano era considerato un alfiere
della pace, uno statista che aveva dedicato una porzione significativa
della sua vita alla ricerca di una soluzione di pace. Per i palestinesi è
ben diverso. Peres è stato un protagonista del progetto del movimento
sionista che è la causa dell’ingiustizia storica subita dai palestinesi.
Sia nel 1948 che nel 1967, anno in cui la parte restante della
Palestina fu occupata ed è nota la simpatia che Peres ebbe per il
movimento dei coloni. Il suo partito, il laburista, è stato responsabile
dell’avvio della colonizzazione, considerata oggi uno dei principali
ostacoli ad una soluzione negoziata del conflitto israelo-palestinese. E
non dimentichiamo che gli Accordi di Oslo sono falliti perché Peres,
Yitzhak Rabin e altri leader israeliani non hanno rispettato le
scandenze previste. Peres e i suoi colleghi volevano mangiare la torta
senza pagare il suo prezzo.